LA CUCINA ITALIANA 1938

L A CUC I NA I T A L I ANA - Pag. 10 -vvwvwwvvvwwvvvvvvvvvwvv^^ I o Settembre 1938-XYI preparare dei flans di fagiolini verdi, di spi- naci, di piselli, di cardoni, di bietola, di lat- tuga, ecc. Per il flan di patate, preparate la purée come di solito, aggiungetevi una bescia- mella di cui il 50 % sia sugo di carne ben sa- porito; aggiungete le uova a freddo. Spalmate di burro una forma che abbia il foro nel centro: aspettate che il burro sia raffreddato, versa- tevi il composto e cuocete a bagno maria, senza che l'acqua spicchi il bollore, Grazie per la ricetta che pubblichiamo in altra parte del giornale. E grazie per la pro- paganda che certo ci farete. Tanti cordiali sa- luti. ANGELINA (Villafranca). — La vostra richie- sta non ha avuto fortuna. Ce l'avete mandata un anno fa, ed è andata smarrita. Ce l'avete ripetuta in aprile... e rispondo, o meglio non ri- spóndo, ora. Abbiate pazienza. Ora la Cucina si è organizzata con una sede a sè, un personale a sè, e disguidi o ritardi non ne dovranno più avvenire. Il guaio è che, avendo adoperato uno smacchiatore del genere di quello che avete indicato, e che è corrosivo, avete' definitiva- mente sciupato il vestito di seta. Non so con- sigliarvi che una cosa : lavarlo bene con ac- qua e sapone, per veder di togliere ogni residuo di acido, e far ritingere il vestito. Mi direte che non valeva la pena di aspettare n mesi per sentirsi dir questo... ma perchè adoperare uno s'm'acchiatore di quella forza per una stoffa così delicata com'è la seta? ABB. 10818 (Rorafl). — Eccomi, cara, a dirvi della utilizzazione delle calze vecchie. Non si lavora il filo, ma la strisciolina di calza, alta due centimetri, che si ritaglia a spirale incomin- ciando dall'alto. Se ne fa un gomitolo e si aggiunta via via con un punto. Per lo scendi- letto è più indicato il punto a maglia bassa con l'uncinetto di legno assai grosso. Per arazzi e per centri il lavoro a fejrri va benone, non im- porta che sia sostenuto come per lo scendiletto che dev'essere più resistente. ADALBERTA BRAMBILLA, nostra cara abbo- nata di Milano, ci scrive per ringraziarci di un pacchetto di libri che le abbiamo spedito in dono cordiale e che, dice, l'hanno aiutata a passar lietamente la villeggiatura. Siamo noi the dobbiamo ringraziare la nostra brava amica: essa ci ha procurato, in due mesi, 12 abboni- menti nuovi alla Cucina e io abbonamenti alla Domenica•! Se continua, le spediremo una bi- blioteca intera 1 EUTERPE. — Per bacco, che nome- classico! Quella signora che hai conosciuto a Finalma- rina aveva perfettamente ragione. I fondi di caffè sono un materiale prezioso, che nessuna massaia deve gettar via: servono per ravvi- vare i colori di vecchi tappeti un po' smorti, e per pulire le calze scure. Servono benissimo per ripulire bottiglie, pentole che abbian contenu- to brodo o altri liquidi grassi, bottiglie dove sieno stati petrolio o benzina. Sono deodoranti per eccellenza, 1 specie se usati caldi. Sono poi un eccellente concime per piante da fiori, piante ornamentali, ecc. : più eccellente se si pensi che allontanano i pidocchi dalle piante, le for- miche, ecc. Possono benissimo esser conservati secchi in un barattolo, dopo esser stati asciugati all'aria. E si inumidiscono quando si devono ado- perare, PRUDENTE. — Ma no, cara: è una cosa ac- certata scientificamente. Tutti gli alimenti con- tengono acqua. Un chilo, di burro ne contiene 140 gr.: un chilo di farina 130; un uovo è per 3/4 costituto da acqua; la carne.... Non c'è che lo zucchero e il sale, dei nostri alimenti più comuni, che contengano acqua in misura infini- tesimale. Purtroppo, però, quando compri 100 grammi di burro, non è possibile che tu dica: « Ne pago 86 grammi solo, perchè il resto è acqua! ». Il male poi è che i bottegai ci fanno anche pagare come burro la carta, anzi le car- te : e sono cosi pesanti... UN'ALTRA SACRIPANTINA ! — Ero stata buona e facile profeta, quando avevo detto, il altre ricette per fare il dolce Sacripantina . Ec- cone difatti una terza, che mi giunge, questa volta, da Trieste. E' una cara massaia triestina che me la manda, osservando ch'essa ritiene che questo dolce sia d'origine piemontese più che ligure : « Sei uova sode (qui la ricetta è assolutamente diversa dalle altre), un etto e 1/2 di burro, zuc- chero a volontà. Togliere ancora caldi i tuorli e impastarli col burro e lo.- zucchero, lavoran- doli molto bene. Dividere questa crema in due parti: in una di esse mescolare 1/2 etto di cioc- colata in polvere. Bagnare uno stampo di mar- sala o con un. liquore: foderarlo di savoiardi imbevuti dello stesso liquore, metterci dentro la crema diciamo così, pura, poi uno strato di savoiardi imbevuti nell'alchermes, sopra ai sa- voiardi la crema con cioccolata, finire con sa- voiardi i'rnbevuti del liquore stesso con cui si è incominciato Bisogna farlo un giorno per l'al- tro: d'estate si può mettere lo stampo nel ghiac- Quale spettacolo più hel lo? mese scorso, che probabilmente ci sarebbero state ciò e per sformarlo alla svelta, passare sotto allo stampo uno straccio bagnato con acqua calda ». Poi la nostra amica si vendica: essa dice di aver provato a fare il formaggio di patate: « Provai a farlo — scrive — sperando mi riu- scisse sul tipo di certe qualità di parmigiano di « III classe » che lo chiamano di patate, invece mi riuscì molto piccante e malamente si po- teva tagliare perchè si sbriciolava tutto, appena toccato col coltello Ora non so se era questo il formaggio che doveva risultare oppure se io non lo feci esattamente come andava fatto. Voi parlavate di latte coagulato, io non avendolo ci ho messo prima un po' di sale e poi siccome questo non bastava ci ho messo 2-3 gocce di limone. Ho fatto male? Desideravo avere un formaggio casalingo ma dolce, per le. merende della mia bambina. Io posso avere del buirn latte perciò vi prego gentilmente di darmi qual- che istruzione sul da farsi, che mi metterò subito all'opera ». L'abbonata triestina finisce salutando tutte le amiche della « Cucina ». Ringrazio caramente la gentile abbonata, a nome di tutt^ ia grande fa- miglia delle nostre lettrici, e.... passo all'ordine, del giorni. Il latte si coagula facilmente. L'ho già spie- gato. Basta aggiungere un cucchiaio d'aceto al atte, un momento prima che stia per spiccare 1 bollore. Quanto al formaggio, si ottiene fa- ;endo lessare un chilo, 'mettiamo, di belle e mone patate, e poi sbucciandole e passandole il setaccio, o pestandole in un mortaio, o co- munque riducendole in pasta. Vi si uniscono 2O0 grammi di latte coagulato, e si mescola berte, coft pazienza, a lungo, finché tutti si presenti come una crema soffice, quasi butirrosa. Poi si mette questa crema in un recipiente che cuopra bene, e si lascia riposare 5 giorni. Dopo di che si lavora di nuovo la pasta, in modo da darle sem'pre una maggiore omogeneità. Si mette questa pasta in una forma (un tegame) di terra verniciata, e si lascia maturare per 15 giorni. Ogni 5 giorni però si lavora ancora. Al 15 o giorno il formaggio è asciutto, si taglia bene, è ottimo. Se si conserva più a lungo (in una stanza fresca e non umida) diventa più sapo rifo. Ma dopo i 15 giorni della seconda, stagio natura si può mangiare. Tante care cose. ABBONATA 13789 - Sondrio. — Mi pare, cara, che tu anticipi un pochino sul calendario! Ad ogni modo ecco qui. La ricetta è quella dei marroni canditi soliti : vale a dire si prendono dei grossi marroni, si sbucciano e si lessano a fuoco lento. Lr. difficoltà sta nel rendersi conto del momento in cui essi sono « quasi cotti ». E' allora che debbono esser tolti dal fuoco e liberati della secondà buccia. Si immergono nel siroppo di zucchero preparato precedentemente, e tenuto caldo. Si aggiunge un baccello di vani- glia. Coperta la pentola, si aspetta l'indomani. Allora si tolgono le castagne, si mettono da parte, e si fa bollire di nuovo il siroppo, in modo da renderlo un poco più denso. Di nuovo le castagne vanno per 24 ore nel siroppo. L'in- domani, stessa funzione. Ogni volta, il siroppo deve acquistare maggior densità, andando gra- datamente da i<?°, il primo giorno, a 35 o Ü quinto giorno. Ogni volta, le castagne, tolte dal siroppo, nel momento in cui esso viene rimesso sul fuoco, vi devono esser ricollocate quando il liquido ha acquistato una maggior densità. Si capisce che queste operazioni, fatte in casa, senza un densimetro, sono un po' difficili. Molte castagne si sbriciolano. (Si può con esse fare una crema deliziosa). Ma con un po' d'atten- zione e di occhio si riesce a salvarne molte in- tere, e a farle bene permeare di zucchero vani- gliato liquefatto. A questo punto, nel momento di mettere 1 marroni in un vaso di cristallo, col loro scirop- po, si può aggiungere al liquido del rhum, re- golandoci col gusto, per ciò che riguarda la proporzione. È bene che il rhum sia poco. Con- tenta? E. M. U. — Non vi nascondo che liquori alla noce non soltanto non li ho mai fatti, ma non li ho mai bevuti: del resto non sapevo nean- che che esistessero. Ad ogni modo, ecco la ri- cetta che mi son procurata. Si prendono delle noci verdi, acerbe: si spremono, se ne racco- glie il succo. Vi si aggiunge un volume eguale di alcool, 3 grammi di mandorle amare pestate, un grammo di chiodi di garofani e di anaci, e si lascia il tutto in fusione per 10 giorni. Al decimo giorno si aggiunge lo zucchero, nella proporzione di 750 grammi per ogni 1000 grammi di alcool coti le noci spremute. Si filtra con la solita carta da filtri, e si imbottiglia. Vi rac- comando la propaganda alla Cucina, fra le vo* stre amiche, UNA LETTRICE DI BAGNOLI DI NAPOLI. — Abbiamo chiesto al Maestro di noi tutte, il cav. uff. Pettini, capo cuoco di S. M. il Re, la ricetta dei taralli. Il cav. Pettini, con la cor- tesia che gli è caratteristica, ha scritto addirit- tura un articolo, sui taralli o buffetti. Troverai l'articolo in altra parte della rivista. CONTESSA F. Q., La Badia. — Non ci sono molte ricette per fare il caffè. Ci sono alcuni, pochi, metodi. Il più elementare (ma non il più spregievole) è quello della vecchia pentola, o del vecchio bricco. L'acqua portata al bollore, tanti cucchiaini di polvere per quante sono le persone da servire, la sorveglianza assidua e la prontezza a toglier la pentola ,dal fuoco quando il caffè sta per traboccare, e rimetterla sul fuoco finché non « bolla in chiaro » ossia non bolla senza più fare schiuma. Metodo '800. Poi ci sono gli innumerevoli filtri, le macchi- nette elettriche o a benzina, quelle a rovescia-

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