LA CUCINA ITALIANA 1938

I o Dicembre 1938-XVII AAAAAAvvwwvwvvvwvvWvVtvwM^^ wv Pag. 3 • L A CUC I NA I T A L I ANA vero e proprio, il Partito, come già per le altre Mostre, s'è preoccupato di dare un carattere " vivente " al- l'esposizione. E', in una parola, il carattere stesso delle nuove Mostre del Partito: attraverso una serie di manifestazioni palpitanti il visitatore deve rendersi conto della vita che alita intorno ai freddi marmi e al nero carbone. La Mostra del Mine- rale è, infatti, resa quanto più pos- sibile vivente a metto di esposizioni funzionanti. Scritte, dischi, altopar- lanti, macchine da proiezione con brevi filmi a passo ridotto illustrano con chiarezza, ai visitatori, il con- tenuto dei singoli reparti, con il mo- tivo e lo scopo per cui sono stati allestiti. La Mostra è una prova palese del- la nostra volontà di azione. Noi ab- biamo voluto sfondare le muraglie di una pretesa povertà di insostitui- bili materie prime, e ci siamo riu- sciti. Molto è stato fatto, altro si farà, perchè puntiamo decisamente, militarmente, verso la completa in- dipendenza, servendoci delle risorse del territorio nazionale, delle Provin- cie libiche e dell'Impero, che costi- tuiscono un complesso inscindibile. Giorni or sono M Ministro Segreta- rio del Partito ha affermato che le Camicie Nere di tutta Italia sono " decisamente impegnate " nella bat- taglia voluta e condotta dal Duce per il raggiungimento della indipen- denza economica. Affiancate alle Camicie Nere stanno le loro madri, le spose, le sorelle e le figlie, cioè le donne di tutta Italia, impegnate an- ch'esse nel delicato, umile e grande settore dell'economia familiare, per rispondere ai grande appello del Capo. Giuliani v w w w w w w w \ vw i u vw r A ì ' i uwMVV v v i v v v i A a u v u v u vwv i uw v v v \ v \ \ \ u umn v u \ \ \\ Riprendiamo il discors e concludiamo Riprendiamo, allora, il nostro discor- so. C'è, dunque, un pane dello spirito, del quale, prima che fuori, ti nutrì nella tua, casa che devi appunto difen- dere da tutte le infiltrazioni. La fami- glia è il nucleo della. Nazione che non può vivere, non può prosperare, non si conquista, e non potrebbe quindi af- fermare la sua potenza nel mondo, se non conservasse intatta la sua razza, così com'è uscita dal travaglio etnico dei secoli, con un'espressione sua, in- confondibile, che la differenziano da tutte le altre. I provvedimenti legislativi ai quali abbiamo accennato in una delle nostre ultime conversazioni, non sono che un aspetto del problema, la cui soluzione s'imponeva come una necessità indero- gabile, se pensate alla vastità dei nostri nuovi domini e alla gente con la quale avremmo potuto confonderci, senza una coscienza razziale ch'è alla base del- l'Impero. Se il fenomeno della emigrazione era già una dispersione di sangue, in quan- to i nati da noi divenivano estranei nel- la nostra stessa casa un poco, anche, per le modificazioni che noi stessi avevamo subito nel nuovo ambiente, c'è da im- maginare quello che sarebbe accaduto in Africa, se non fossero intervenuti i provvedimenti che chiamerei sanitari, intesi ad impedire qualunque mescolan- za. La famiglia si conserva così: la Na- zione, di cui, ripetiamolo, la famiglia è il nucleo, non aveva e non ha che questo mezzo per imperare. I popoli che non difendono la purità della loro razza sono destinati a perire. Lo Stato in talune mie osservazioni, resta ben poco. Non riconoscete voi stessa t del resto, che la nostra cucina, così come si è venuta elaborando, fa parte di no i? Trovo la espressione felice. E penso che a snaturarla rinunzieremmo appunto, come voi dite ancora una volta, egre- giamente, a qualcosa di nostro, anche se il fatto « non potrebbe mai avere », per voi, le conseguenze che io vedo. Ma le avrebbe. Io non dico, signora, che il giorno in cui sulla vostra mensa fumi una minestra all'inglese, la vostra italianità sarà irrimediabilmente perdu- ta; ne ho mai scritto che si debba cono- scere soltanto la propria lingua. Noti mi pare, almeno, di avere detto nulla di simile. Ho detto e dico un'altra cosa: ripeto, cioè, che dobbiamo conservare e difendere le nostre abitudini, stando lontani da tutte le mode e da tutte le lia una sua vita interiore d'unità e di lotta, e una sua vita organica, alla quale non può rinunziare senza perico- lo: quello appunto che deriva da me- scolanza di sangui, che portano fatal- mente alla decadenza politica. La Na- zione è questa unità, ha questa purezza e questa coscienza di tutt'i suoi valori morali che sono i valori dello Stato, senza di che non sarebbe più la Nazio- ne, intesa, come dicevamo in quel no- stro primo discorso, nel senso spiritua- le di società etnica, storica, pol i t ica, con una BAZZA , un territorio, una lin- gua, una rel igione e una sua civi ltà, ma un'accozzaglia di gente. È dunque questo patrimonio che va difeso, se le Nazioni, come dicevamo prima, hanno una loro vita organica che deve trasformarsi in potenza. Ma se la Nazione, ch'è un'anima comune, ha in se germi estranei che contrastano con la sua formazione spirituale, è chiaro che non può raggiungere la sua poten- za o, raggiuntala, non potrebbe man- tenerla. Se oltre al territorio, la storia, Ut, lingua, la religione, l'opera di civiltà, gl'istituti politici, sono gli elementi su cui la razza ha fondato la propria na- zionalità, è naturale ch'essa sola porti i suoi germi a formare lo spirito della nazione, e che ogni altro germe che non abbia la stessa natura spirituale, contrasti con la sua vita. Che se da queste considerazioni di cui non a voi, signora, che siete donna ita- liana, può sfuggire il significato, scen- diamo in cucina, ch'è parte della vo- stra casa, troverete che di paradossale, Nelle linde cucine delle loro nuove case, i coloni fascisti trasferiti in Libia hanno trovato una prima abbondante scorta di viveri predi- sposta, con sollecita cura, dalle Autorità. forme di snobismo che potrebbero crea, re, nelle nostre case, un'altra atmosfera, il che, se non sbaglio, è un poco di- verso. O si resta dunque italiani nella pro- pria' casa, o non si sale a quella spi- rituale unità di cui parlavamo, se è ve- ro, come è sacrosantamente vero, che son le famiglie che compongono la Na- zione. Fermi questi principi, poiché la con- versazione che dovevamo riprendere è qui finita, i nostri figlioli potranno poi imparare il francese, l'inglese, il russo o il guarani, e voi potrete ordinare al- la vostra cuoca, se un giorno vi pren- da l'estro di farlo, una minestra di ta- pioca e cioccolata, non fosse che per la gioia d\ rifarvi la bocca, il giorno dopo, con una zuppa d'erbe alla mon- tanara, di cui questa nostra Cucina Ita- liana deve avervi dato la ricetta. Giacomo Pavoni

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