LA CUCINA ITALIANA 1938
L A CUC INA I TAL I ANA • Pag. 14 vvvkAAVkAA/vwvvvvvvvvvvvvvvv^ Dicembre 1938-XVII Se Roma è per gli sposini di tutta Ita- lia la meta agognata, per i romani una delle città che più attira, specialmente nel periodo invernale durante la stagione di opera, è Milano. Non c'è dunque da stupirsi (e può ca- pitare anche a voil) se una tranquilla ca- sa milanese è visitata e rallegrata dalla visita di due amici, nuovi consorti. Natu- ralmente l'ospitalità impone degli obbli- ghi e fra questi la visita della città: il Duomo, il Castello, le Colonne di S. Lo- renzo, S. Satiro, S. Bernardino dei morti, il Palazzo del Ghiaccio; di sera si va al- la Scala e di notte a ceni, in uno dei tanti e lussuosi ristoranti del centro. E poi? E poi se gli sposini amano le gite, ci son tutti i laghi lombardi e piemonte- s i : e quando anche questi si son visti, rimane la ' vita mondana; circoli, ritrovi notturni e pranzi succulenti in tutti i pic- coli ristoranti, tutte le grandi trattorie. Se poi l'ospitalità è tanto cordiale e gli spo- sini insisteranno nel volere rimanere in ca- sa vostra come ospiti e non conoscono il proverbio che dice: « l'ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzz-' », il miglior sistema è quello di prendere la scusa di un viaggio e andarsene. Allora agli amici sposini rimangono due soluzioni: quella di tornare a casa loro o andarsene all'al- bergo e lasciarvi liberi. È così che dopo 15 giorni di perma- nenza in casa di una cugina milanese, Giorgio e Maria un mattino dovettero fa- re le valigie perchè la cuginetta, mostran- do loro un telegramma, fattosi mandare appositamente, disse di dover partire per Torino. Naturalmente questo fu un gros- so dispiacere, perchè ci si stava bene in casa di Lia : e per disobbligarsi in qual- che modo pensarono di scrivere una let- tera di ringraziamento, che. da parte dei piccioncini alla cugina milanese, ci vole- va. E questa la ricevette dopo qualche giorno quando tornò nella sua casa. Ecco il testo della lettela che può ser- vire di spunto a qualche altra coppia in viaggio di nozze : « Carissima Lia, conosco tutte le mie colpe e ti chiedo perdono. Sono sempre in arretrato coi ringraziamenti per l'ospitali- tà avuta a Milano, per quanto hai fatto per me e Maria durante la nostra troppo lunga permanenza in casa tua. Ti ringra- zio per la buona cucina milanese che mi hai fatto gustare e per tutti i divertimenti che ci hai dato. È vero che non bisogna abusare dell'ospitalità e che è stato una fortuna per te il dover partire altrimenti noi ci saremmo soffermati in casa tua. Non dire che ti scrivo cor uno scopo preciso; l'idea è soltanto quella di rin- graziarti, ma Mariolina esige che tu mi dia una ricetta per il minestrone alia mi- lanese! Non posso dire mai di no a mia maglie e quindi ti domando la ricetta. E adesso a questo proposito ti devo raccon- tare un fatto vero che ti potrà sembrare una storiella. La sera stess- in cui parti- sti tu, non andammo a teatro come ti avevamo detto perchè i posti costavano cari e Mariolina dichiarò che se avessi preso i biglietti si sarebbe rivolta alla Pubblica Sicurezza per farmi ritirare in manicomio. Ma la serata passò ugual- mente perchè ci venne in rrente il mi- nestrone, e pensammo di andarlo a gu- M i n e - s í r o ü e 11 § e stare. Molto divertente fu la ricerca di quel tal posto nel quale andammo la pri- ma sera di vita milanese a mangiare il minestrone (che acquolina!). Dopo esser stati in un cinematografo per farci crescere l'appetito — r.on avevamo mangiato con l'idea di andare a teatro e di cenare dopo — ci mettemmo in moto per trovare il locale, ma gira e rigira, non ci fu verso di poterlo ripescare. Così che ci dovemmo accontentare di due panini col prosciutto cotto. Il giorno dopo alle cinque eravamo già in giro. Dopo due ore di sistematiche ri- cerche, visto che non si concludeva nien- te, pensammo di agire con intelligenza; perciò entrati in un locale e data una co- spicua mancia al cameriere, domandam- mo dove si vendeva, di nette, il mine- strone. Per rendere più facile la risposta dissi che si trattava di un locale piccolo ma carino, col bancone a destra, e molte scodelle di minestra sopra. Il cameriere ci fece scrivere una mezza dozzina di in- dirizzi ma ahimè, nessuno era quello! Al- lora io pensai ai vetturini che, di solito, sono pratici. E ne fu preso uno in piazza Cordusio. Costui si mise a nostra disposi- zione e ci dettò un altro elenco. Ci met- temmo in moto pieni di speranza; ma fu un identico fiasco. Presi dallo scoraggia- mento stavamo per rinunciare quando mi venne un'idea luminosa. Qui, mi dissi, occorre agire di astuzia; qui ci vuole un tipo non troppo vecchio (che non va ih giro la notte), nè troppo giovane (che fa altri giri); ci vuole un tipo pancione, buon- gustaio dallo sguardo furbo _ autorevole. 10 e Mariolina ci mettemmo all'apposta- mento. Ma dopo un'ora (erano ormai le undici e mezzo di sera) di agguato con- cludemmo che quel tipo che noi cerca- vamo non doveva essere indigeno di Mi- lano. Se non che improvvisamente ci si para davanti un signore eh; pareva fatto apposta per mangiare a mezzanotte il mi- nestrone; e difatti, postogli con parare ar- denti e supplicanti il problema, alla pa- rola minestrone i suoi occhi mandarono fiamme e ci disse di seguirlo. Egli ci por- tò in vari locali intorno al centro dicen- doci ogni volta prima di entrare: E' que- sto? Allora è questo certo. Ma ahimè ogni volta era una nuova delusione. Ci fece allora entrare in un grande caffè in piazza Duomo dicendoci che lui avrebbe conferito con un barista specializzato, e ci consigliò intanto di esaminare il cata- logo del telefono sotto le voci Bare, Caf- fè, ecc. Mariolina fece questa indagine nel camerino del telefono facendosi cam- biare una lira per prendere un gettone e dare ad intendere che entrava per te- lefonare. Io assistetti alla discussione tra 11 signore grasso, nostro Cicerone, il ba- rista, un altro cameriere e un signore che alla parola minestrone aveva abbandona- to la birra che beveva per venirci a rag- giungere. Fu così tenuto una specie di consiglio di guerra; io esibii la lista dei bars e caffè visitati e tutti furono d'accor- do col ritenere che a Milano non potessero esservene altri. Visto che doveva esserci qualche fato avverso feci oer salutare e ringraziare il signore grasso, dicendo che si era disturbato abbastanza e che avrei abbandonato le ricerche. M i egli mi disse che ormai la cosa lo interessava personal-
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