LA CUCINA ITALIANA 1938

10 LA CUCINA ITALIANA FEBBRAIO 1938-XVI CONSIGLI A ROSETTA Feccfoi vim&dti Rosetta è indisposta. Un po' di tos- se e; di mal di gola. Qualche linea di febbre. Malanni di stagione. Oggi la sua mamma, che è qui da una setti- mana, l'ha fatta rimanere a letto. Ed eccoci tutti attorno alla brava don- nina, con l'ansia di vederla di nuovo in piedi. Chi le tasta il polso, chi la fronte. Chi le mette il termometro Fo l co poi (quel birichino ha preso do- micilio sul letto matrimoniale) cerca di far guarire la mammina a forza di baci. La signora Ro sa entra in camera con una tazza fumante in mano. Mi dice sorridendo: — Non mi canzoni, Signora Frida, se dò alla mia figliuola un rimedio da donnicciole. La « Signora Fr ida » non è affatto disposta a canzonarla. — Che cosa c'è in cotesta tazza? — Un decottino che ha sempre gio- vato ai miei figliuoli quando sono sta- ti raffreddati. Un rimedio da donnic- ciole, gliel 'ho detto. — Cioè? — Senta. Ho fatto bollire con un po' d'acqua, due datteri, due prugne, due fichi secchi, uno spicchio di mela e un pizzico di lichene. Ho passato il li- quido dal colino, vi ho sciolto un po' di miele. Ed ecco uno sciroppino bol- lente ed emolliente ctie Rosetta berrà per far piacere alla sua mamma. — Cara Signora — le dico — que- sto stesso decotto l'ho preparato an- ch' io, qualche volta, per i miei figliuo- li e per me. Anzi, 'tempo fa, il mio medi co stesso mi consigl iò di usarlo contro unra certa tosse stizzosa, ribel- le agli impiastri, alla mucillaggine, al- le pastiglie, ecc. , — Se il mio medico fosse qui — ri- prende la signora Ro sa — arricce- rebbe il naso. Lui è per le specialità che costano un occhio. Per le più brevi indisposizioni ordina preparati dai nomi strambi che non di rado la- sciano il tempo che trovano. Perciò, quando si tratta di malucci senza im- portanza, mi sostituisco al medi co e curo i miei cari cogli stessi rimedi semplicistici che la mamma prepara- va per me e che essa aveva a sua vol- ta imparato dalla mia nonna. — Noialtre massaie anzianotte mol- te cose le abbiamo apprese per tradì zione. — E i giovani si ridono di noi! — E lasciamoli ridere. Il riso fa buon sangue. Io, però, seguo un si- stema che ritengo eccellente. Guardo ,verso il futuro col desiderio di met termi in tutto e per tutto -in armonia eoi .tempi, dolendomi soltanto che l'e- tà. ahimè abbastanza matura! mi li- miti quella, resistenza intellettuale e fisica per la quale una donna giovane può esplicare, a prò della propria fa- miglia un'attività che non conosce soste e non chiede riposo. Ma, pur guardando all 'avvenire, rimango te- nacemente attaccata al passato per quello che esso contiene d, buon 0 e | di bello e che non potrò mai rinne- ' gare. E non solo, mi creda, il passato può esser di aiuto a noialtre massaie, nello stretto ambito delle; mura dome- stiche: ma anche sulla nostra vita, so- ciale, nel fragore del portentosi echi suscitati dal progresso, i suoi ritorni possono avere per noi una beneficai influenza. Guardi che cosa accade alla medicina. Per un lungo periodo di tempo essa non ci ha parlato che di microbi, terrorizzandoci con la descri- zione dei loro misfatti. Il pensiero dei maledetti bacteri ci avvelenava la vi- ta. Ci si sentiva in loro balìa. Da o- gni parte essi ci tendevano l'insidia. Stringere la mano ad un amico, ba- ciare l ' innamorata, erano divenuti ci- menti nei quali uh individuo poteva irreparabilmente compromettere la propria salute. Dio che incubo! E l'in- cubo era tanto più terribile inquanto- chè la medicina, con tutte le sue ri- cerche di gabinetto, le sue ecatombi sperimentali di conigli e di cavie, i suoi arsenali medicamentosi, le sue portentose irradiazioni, non ci di fen- deva abbastanza dall 'audacia diabolica dei microrganismi. Ed ecco che ora qualcuno ci af ferma che i timori dai quali abbiamo avuto per tanto tempo attanagliata l 'anima, erano eccessivi; che l 'ultima parola sui microbi non è stata ancora detta e cfre quella già detta vacilla (queste precise parole ho lette in un interessante articolo com- parso. di recente, in un giornale to- scano). Mentre posa sul marmo del comodi- no la tazza vuota (Rosetta ha bevuto il decotto fino all 'ultima gocc ia) la si- gnora Rosa mi domanda: — Cfii era Ippocrate? — Era un medico greco: anzi un gran medico che visse, venerato co- me un Dio, el quinto secolo avanti Cristo. — Nientemeno! — Come vede, sarebbe un passato più che remoto quello che rientrerebbe in questo presente tumultuoso a tutto vantaggio delia nostra salute Ma. tor- nando ad Ippocrate, le dirò, senza stare ad enumerargliene i meriti ec- celsi come fanno lo enciclopedie, che non solo era un gran medico, ma' era anchei ur medico coscienzioso che cu- rava gli ammalati con grande pruden za, sempre anguatiato dale t imore di far loro più male che bene. Ippocrate basava il suo metodo terapeutico sul- la natura, alla quale attribuiva il più grande potere medicativo sul corpo umano. Perc iò si studiava d' interpré- taria, di aiutarla senza contrariarla mai, ? rispettando rigorosamente -i desideri istintivi di ciascun individuo. Le sue prescrzioni erano quanto è possibile dire sempl ici: purganti' las- sativi, salassi, stati di traspirazione. La signora Roma approva. — Benissimo! Con questo purgante dato a tempo, una tazza di camo- milla bollente e una. bella sudata, di quanti malucci ho fatto guarire i miei ragazzi! Son contenta di essere an- 1 0 f r a i seguaci d' Ippocrate. Sorrido. — Seguace solo a metà. — Pe r chè? — Perchè Ippocrate era nudista!.,. La signora Rosa mi guarda scan- dalizzata. — Nudista? — Egli riteneva .che l 'uomo, quanto più e libero dal l ' impaccio delle vesti, quanto più è allenato al caldo ed al treddo che manda la natura, tanto meno e soggetto alle malattie. La signora Rosa scuote il capo. Ora non va più d'accordo con Ippocrate. « ! J « e i ? . P r e c ° P e r t a b e " e (ed anche 1 suoi figliuoli quando erano piccoli li ha imbacuccati fino all ' inverosimile. crescere si sono emancipati. Le femmine, tra scollature, gonnelle cor- te, braccia e gambe nude, hanno ri- dotto i eloro indumenti Jl ' indispensa- bile. I maschi eccoli lì, in capelli an- che all ' intemperie. — Ed anche questo innocent ino — soggiunge la buona donna chinandosi su Fo l co ed accarezzandolo tenera- mente me lo mandano fuori d' inverno • a testa nuda. — Non si preoccupi, signora, ormai Fol co ci ha fatto l 'abitudine. Non ve- de come viene su prospero e sano? — Lo vedo, Ma non sono tranquilla. Anche dianzi ha starnutito.j — E chi non starnutisce d' inverno, signora mi a? Anzi più la gente si co- pre e più starnutisce. La signora Rosa, scuote il capo. Gli altri facc iano come credono. Lei se- guiterà a coprirsi megl io che potrà. Ha fatto sempre così e se.ne .è trovata bene, a quell 'età — sono 59! — non sa nemmeno dove stia di casa l'in- freddatura. E, per evitare ulteriori discussioni, la signora - Rosa esce di camera con un'aria spavalda che ancora non le conoscevo. Dì li a un minuto la sentiamo star- nutire in cucina ripetutamente: — Et c ì! Etc ì! Etcì! Rosetta ride ed io le facc io eco: A quanto sembra la signora Rosa ha trovato l'indirizzo dell ' infrer ! Frida

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