LA CUCINA ITALIANA 1938

MARZO 1938-XVI LA CUCINA ITALIANA _ _ _ _ _ 1 Dì CARNEVALE ogni scherzo Il sole era venuto inatteso, quel gior- no, a far più bella la festa. Compene- trando, pian piano, le nebbie, era riu- scito a splendere, sovrano, su quel mondo di natura morta: che nudi era- no i rami degli alberi e dura di gelo la terra. Solo i giunchi, nel bel mezzo dei campi deserti, come enormi can- delabri drizzavano le Atte candele esi- li, pieganti al vento nella vana attesa di qualcuno che le accendesse. E i contadini, invitati da quel sorri- so di sole che pareva una promessa di primavera vicina, decisero di rac- cogl iersi sull'aia e di far lì i primi quattro salti. Al richiamo del l 'organetto a manti- ce, rinforzato, nei bassi, dagli scin- tillanti accordi di due chitarre spa- gnuole, vennero fuori tutti: le belle figliuole dei campi, bionde alcune, e- rette sui fianchi potenti, sgonnellanti nelle sottane brevi, altre esili, brune, superbe dal volto bruciato dal libero sole di ogni stagione, dalle labbra tur- gide di sangue vivo, dischiuse al sor- riso. E venne anche il dottore: — soc- chiusi gli occhi porcini sulla dolcezza recente del desinare gustoso, acceso il volto di fel icità di vivere; — e venne il padrone, vecchio e buono, a godersi là s an a festività di quei figli della sua terra, ch'egli aveva veduto crescere come i fiori selvatici che il sole sol- fi tanto f econda e nutre. Anche Giovanna, venne, la cugina del fattore. Chiusa, come sempre, nel suo abituccio dimesso, nascoste le ma- ni, deformate dal lavoro, sotto il grem- biule a dadi; e, come sempre, si assi- se accanto alle nonne ringalluzzite dnl buon vino bevuto e da quel dono di sole, scoperte le gengive vuote nel in- cile riso che non sa di che si accen- da; accanto alle mamme occupate a discorrere, a proposito od a sproposi- to, di tutto un po'. L' organetto a mantice pareva beves- se a larghi sorsi, l 'aria odorata di ge- lo recente e di vento levantino per re- stituirla, poi, in note garrule e sua- denti inviti, fresche di melodia viva, pura, come l 'aria stessa. * * * Sempre così aveva fatto, Giovan- na: e chi poteva dirne il perchè? Giovane era stata anche lei e non bella, forse; ma se qualcuno l'avesse guardata bene avrebbe trovato, nei suoi occhi, di un azzurro cupo, un'om- bra di mistero; e quella bocca dalle labbra un po' stirate, ora, ma non de- formate, doveva aver saputo un suo •sorriso tutto speciale. Timido, appena accennato, come una gioia che si pro- mette e si darà sol che lo vogl iamo: uno di quei sorrisi che non si avver- tono, quasi, ma si bevono nel bacio come si beve nell 'acqua un sorso ."li cielo. Però questo qualcuno che avrebbe dovuto vedere tutto ciò, non si er:i presentato mai. Forse non aveva sa- puto farsi riconoscere, o forse non era mai esistito e Giovanna, poco a poco, aveva veduto cambiarsi l 'azzurro dei suoi occhi in un grigio opaco, senza riflessi, e il sorriso le era diventato una smorf ia abituale, di quelle che di- cono amarissime cose pur senza do- lere. Camminando fianco a fianco, con giovinette s ik pari, essa l 'aveva ve- duto venire, questo gran bene e que- so gran male dell 'umanità, dai fag- geti canori, dalle giuncaie odora.te di mentastro. L'amore l 'aveva sfiorata passando e si era portato via le sue amiche, così, come il vento si porta le fogl ie di rosa, e lei era rimasta li, sola e smarrita, con una trepida domanda negli occhi, racchiudente in sè le in- numeri domande della vita. Devota fino allo scrupolo a.veva sen- tito, sì, nel suo intimo, qualche volta, svegliarsi una forza capace di rivela- re, da sola, mille misteri di bellezza e di perdizione, ma spaurita e sconvol- ta, l 'aveva ricacciata violentemente nel profondo, e il breve risveglio si era di nuovo sopito, lasciandola igna- ra di ogni brivido e di ogni incanto. Ed oggi, coi capelli canuti e il vol- 'to scolorato, si trovava in uno stato di verginità inaridita, non morta nelle sue molteplici sensibilità, ma annien- tata per non essere mai stata chia- mata alla vita. • * * Le danze, ora, avevano creso un an- damento ritmato di gioia. Ridevano, le belle fanciul le dei campi, a piena gola: non, forse, per la carezza delle rudi mani 'maschili, -ma, forse, per quel sole che cercava loro la nuca, per un piccolo bacio tepido, o anche, per- chè l 'organetto a mantice cantava fa- cili melodie paesane, sottolineate dal sapiente arpeggiare in minore delle chitarre spagnuole. Carlo rideva, in disparte, senza "bal- lare, mostrando la forte dentatura candida e sana, socchiudendo gli oc- chioni neri che erano il sogno e la disperazione di tutte le donne. Se lo mangiavano con gli occhi, le belle danzatrici, e, lui che lo sentiva, che lo sapeva, amav a abbandonarsi ad un suo istinto di raf f inato e non ballare ancora, e lasciare che, ancora, le ragazze anelanti si domandassero: «mi scegl ierà? mi s ceg l i erà? ». * # * Ora, il capoccia del Colombaio —r nadrone dell'aia sulla quale si dan- zava — faceva quello che non si sa- rebbe aspettato da lui. Of friva, cioè, da un capace fiasco ,del vin santo a- sprigno d'uva di pianura. Tutti beve- vano avidamente: gli uomini sciac- quandosi la bocca, prima, col liquido stesso, per iccogl iere nel gusto, tutto vale il sapore, le donne stambuzzando gli occhi, facendo piccole smorfie di sor- presa, ed allora, come se quel bic- chiere fosse stato la scintilla capace di accendere un incendio, Cario si scosse, cessò di ridere, e gridò ai suo- natori preludianti note di assaggio prima di trovare il tono. — Ohe, musica! Ora sono io che vo- glio ballare, e con la donna che più mi piacerà! Via, ragazzi, formate le coppie e... andiamo. E rapido, con un gran salto in a - vanti, si slanciò verso l 'angolo ove se- devano le donne anziane, quindi, af- ferrata per là vita Giovanna — la quale, sbalordita, incapace d' indovi- nare la sua intenzione, non pensava a difendersi — l 'alzò quasi di peso e la portò via, via, nel vertiginoso girare di quel ballabile indiavolato. Ella non trovò la forza di reagire neppure quando Comprese. Per la prima volta sentiva un alito di fiamma sfiorarle il volto, respirarle sulla bocca. Girava girava, i capelli radi disciolti sulle spalle, uno strano tremito nelle gi- nocchia che pareva volessero piegarsi senza poterlo più: ad un tratto, la ver- tigine la investì più a fondo, come in una ventata di follìa. — Bella, bella! — le mormorava lui, sul viso — divertito dal suo giuoco malvagio. E fulmineo, violento, per rendere completo, quel suo giuoco di giovedì grasso, posò le sue labbra carnose sulle labbra esangui della donna smar- rita. Ed ella gli si abbattè, di sfascio, sul bracc io piegato tanto che, per un momento, parve che il giovane dan- zasse con un fantocc io senza vita. La portarono in un angolo dell'aia, e, tanto il medico quanto il padrone le prodigarono le prime cure per far- la rinvenire. Rinvenne, infatti, proprio in tempo per sentire Carlo gridarle, mentre sta- va per ricominciare la danza a brac- cio della più bella contadina del luo- go : — State megl io vero? E allegra dunque: di Carnevale ogni scherzo vale. E sorrise bonario, come quel fan- ciullone che era. Il medico, chiamato in disparte il vecchio conte, gli disse: — Avete vi sto? Questi sono i primi sintomi: arteriosclerosi, non c'è da dire! Comincia sempre così, e quella donna non sa di avere avuto, or ora, la prima rivelazione della morte. Il conte annuì perchè, buono e sem- plice com'era, ignorava che invecc proprio allora, quella donna aveva a- vuto la prima rivelazione deUa vita. Fanny Dini

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