LA CUCINA ITALIANA 1938
4 XA CUCINA ITALIANA MARZO 1938-XVI PORCELELAN e TERRAEGLI C E R A M EI C H D ' AER T S O C I E T À ' C E R A M I C A R I C H A R D - G I N O R I SEDE CENTRALE • M I L ANO - VIA SIGLI N. 1 N É G Q 2 I HELlC P R i H £ l p i I I CITTÌ Leonardo, la casa, la cucina Questo scrìtto del Dottor 17. G. Món- ti, a parte il valore storico e cultura- le, assume un particolare significato per quegli « gentili homini » che di- sdegnino di occuparsi delle cose di cu- cii|a. Siamo certi che leggendo come Leonardo si occupasse di tanti detta- gli molti lettori diventeranno certo abbonati de « La Cucina Italiana ». Leonardo, Genio universale, rivolse anche l'altissima mente all'architet- tura della casa, e non solo immaginò una sua « città ideale » precorrendo in tal modo i moderni studi di urba- nistica, ma anche non disdegnò di progettare, e illustrare con note espli- cative, magazzini e dispense, bagni, camini e « bucatiere ». Convinto il grandissimo artista che sulla vita dell'individuo ha fondamen- tale importanza la casa, per il benes- sere e la tranquillità della famiglia, aveva anzitutto pensato, per la sua città ideale, a vie larghe e pulite, pie- ne di aria e di luce, a case costruiti con tutte le provvidenze igieniche, quali non solamente si potevano con- cepire a quei tempi, ma anticipando meravigliosamente acquisizioni dei no- stri giorni. Così nella città di Leonardo, i carri e le bestie da soma dovevano avere una strada riservata; ì «gent i li uomi- ni » un'altra. Le due strade dovevano essere sovrapposte; e in America, og- gi, si pensa seriamente a una soluzio- ne simile. Scriveva Leonardo: « Per le strade alte non dee andar carri nè altre simili cose, anzi sien solamente per li gientìli omini; per le basse deono andare i carri e le al- tre some a uso e comodità del popolo. L'una casa deve volgere le schiene all'altra, lasciando la strada bassa :n mezzo; e dalli usci N si mettino le vettovaglie come legnie, vino e simili cose... ». Nello stesso manoscritto che porta gli schemi con le lettere dà riferimen- to (ad esempio N - uscio - M. N strada, ecc.) si legge: «Se tieni fa- miglia (oggi si direbbe servitù) in ca- sa fa le loro abitazioni in modo che non sieno, d1 notte,... signiori dell'usci- ta della casa... serra l'uscio M e ha' serrato tutta la casa ». Questa norma ha ancora oggi tutto il suo valore per una saggia padrona di casa. Leonardo si occupa ancora di una « bucatiera » e scrive: «Mo do di bucatiera - d sarà il pozzo, a sarà il loco dove sta la lisciva, b dove stanno i panni, c dove si bolle acqua e cenere... ». Se- guono poi disegni e norme per una stufa e una cucina con un focolare pratico e di nuovo genere: « c sarà una stufa, che avrà il caldo dal cami- no della cusina, per uno tabernaculo di rame alto due braccia e largo uno, e in quel medesimo loco si sopraporrà una pietra alla state ». Leonardo passa a questo punto, co- me fa spesso, senza altre spiegazio- seguendo ù suo profondo pensiero, a parlare del partito che si deve trar- re da questo camino con «taberna- culo di rame ». Per far si che la car- ne salata ci si affumichi bene: « C sarà un loco da tenere sale e confe- zioni (forse spezie, spaghi, budelline, ecc.), a sarà un ussio da entrare nel camino per appiccare carne (in) sa- lata e simili mose, e nel suo cielo si farà molti condotti di fumo, che ab- bino varie uscite in quattro faccie del debbe essere uno braccio di cenere stacciata, e poi poni di sopTa una pietra piana acciò non ispiri di so- pra... ». Non è altro che la lupa, in uso nel Veneto: non per nulla i pro- sciutti di San Damele riescono per- fetti. Leonardo tentava di rendere ra- zionale l 'essiccamento e l 'aromatizza- zione della carne sala;a. L'afflusso di aria, e cioè d'ossigeno, in virtù dalla sovrapposizione della pietra permetteva di lasciare il fuoco a sè stesso più lungo tempo che non nei focolari normali, completamente aperti e ciò per evitare anche che il tiraggio forzato aspirasse la cenere. In altra occasione il sommo Leonardo non disdegnerà di disegnare il « ba- gnio » (fogl io 104 del Codice Atlanti- co) della « duchessa » Beatrice d'Este moglie di Ludovico il Moro, nel castel- lo di Pavia; « Per scaldare il bagnio della Duchessa » nota Leonardo « oc- corrono 3 parti di acqua calda su quattro di f r edda» e pensa a un ru- binetto ingegnoso fatto in modo che il maschio della vite non giri insie- me con la sua femina » e sia munito di una unica chiave capace di dare a volontà or l 'acqua calda or quella fredda, come le ultime novità oggi adottate nei più recenti palazzi nove- cento. Ri torna con lo stesso artifizio del calore condotto i » adatti tubi al concetto del camino « che sempre arà Je legnie sanza attizare » e questo fa- rà altresì, secondo lui « l'ufizio dello sciugatoio ». Anche grande tecnico fu dunque il nostro universale Leonardo che non dimenticò i più umili bisogni della vita, e che pensò, da par suo, lasciando utili indicazioni, anche alle istallazioni della casa, più comode ed utili, non dimenticando la cucina, cen- tro, come dicevo, su queste stesse co- lonne, centro vegetativo, ma anche af- fettivo della casa di tutti i tempi. Dott. U. C. MONTI Autoritratto, di Leonardo camino, a ciò se il vento settentriona- le ti volessi offendere, e il fumo per molti condotti si viene a spargere e fare buona carne salata; lingue e sal- siccie e simili cose fa perfette... ». E finalmente dà le norme per il famoso camino sanza q,tizare: « Qui su li orli del camino, donde si mette le legne
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