LA CUCINA ITALIANA 1938
8 XA CUCINA ITALIANA MARZO 1938-XVI CONSIGLI A ROSETTA Per una massaia inesperta L'Assunta ha portato in casa i pan- ni del bucato che èrano tesi in giar- dino: e Rosetta, da quella massaia ordinata che è, si è messa subito a riguardarli, caco per capo. E intanto, si compiace del loro can- dore, — Son belli, è vero? — mi domanda. — Bellissimi — rispondo con pie- na convinzione. — L'Assunta li lava bene; questa lode bisogna dargliela. Le tovaglie, le lenzuola ed anche gl ' indumenti personali più fini, lavati senza bruschino e coscienziosamente risciacquati, hanno ripreso la consi- stenza del nuovo; cosa che non acca- de quando si fa economia d'acqua o si adopra troppo il bruschino. E poi Rosetta segue un sistema che io le ho insegnato fino dai primi tempi del- la nostra amicizia e che consiste nel tenere in sapone i panni dall'oggi al domani prima di lavarli. Questo, naturalmente, è un sistema buono soltanto per le massaie che, a- vendo una quantità limitata di panni da lavare, possono far loro tutta la servitù che richiedono. Ec co come si procede. Dopo aver tenuto un a mezz'ora la biancheria in molle, si insapona ben bene, si stropiccia sommariamente, quindi si mette,sènza strizzarla trop- po, in una conca o in un altro reci- piente adatto. L' indomani il sudicio (sfregature comprese), ammorbidito dal sapone, casca alla prima stropic- ciata senza che ci sia bisogno di ag- giungere all 'acqua sodina o lisciva- gialla. E con un minimo di fatica la massaia ha il vantaggio di mettere nella varecchina la biancheria quasi pulita. Ho detto nella varecchina, certa co- me sono, che siano ben poche 1 .0 mas- saie che persistino nell'abitudine di fare il bucato con l a cenere. Con buona nace delle Cassandre, ostinate nel predire le più disastrose conse- guenze dall'uso della varecchina, tale uso si è ormai generalizzato. Specie nelle città, dove, per il consumo sem- pre più limitato del carbone vegetale, la cenere comincia a divntare una merce rara, il bucato alla vecchie maniera non si fa più. La varecchina ha relegato in soffit- ta il cenerone, le stecche ,e gli altri ingombranti attrezzi. Oggi il bucato non è più un'azione in tre tempi — uno dei quali — la bollitura — met- teva nelle cucine, caldo, fumo, disor- dine e confusione. Lavare è ormai una faccenda agile, in armonia col ritmo veloce all'epoca moderna e che permette alle massaie di fare veri e propri miracoli di sveltezza e di pu- lizia. Una scolaretta sventata si rove- scia 11 calamaio sul grembiulino bian- co che porta a scuola? Niente paura. In un batter d'occhio la mamma lava l'indumento macchiato, lo risciacqua, lo tende... E l'indomani la oiccola sventata lo indossa di nuovo, bianco come la neve. Un tempo per una macchia d'in- chiostro sopra un grembiulino bianco, succedeva una mezza tragedia. Rim- proveri, minacce ed anche scapaccio- ni. E' che non si sapeva come fare per mandar via l'inchiostro. Il guaio era ancor più serio qua'ndo da un bu- cato fatto con bella cenere casalinga e bollito per ore .e ore — il ranno spesso era così forte che le bucataie ne avevano le mani ed i polsi spel- lati e sanguinanti — si levavano le tovaglie macchiate di vino. Con quan- ta ansietà la mattina si sconconavano i panni bolliti la vigilia, anche fino a tarda ora! Appena tolto il cenerone, si sciorinavano le tovaglie (erano le prime) con fretta nervosa. Le mac- chie di vino eran sparite? Si manda- va un sospiro di sollievo. C'erano an- cora? Sgomento generale. Si ripensa- va con un rammarico giustificato al- l'estenuante e vana fatica della bolli- tura. E quando i panni erano tesi, Dio, che pena per le massaie vedere quelle turpi macchie rossastre che violavano il candore delle belle to- vaglie damascata! La varecchina cer- te amarezze ce le risparmia. Non più macchie, se Dio vuole. — Ma a che prezzò! — dicono le Cassandre. — La varecchin a corrode la biancheria. — La corrode se è adoperata senza discernimento; se contiene sostanze caustiche estranee alla sua genuina composizione; se i panni vi si lasciano troppo a lungo immersi. Ma, se la va- recchina è buona e viene adoperala nella proporzione di una parte su cin- quanta d'acqua, e se i panni sono ben sciabordati, le massaie nulla hanno da temere. E' un fatto che la biancheria mo- derna in genere leggera e manevole, si presta a questa specie di « candeg- gio ». Quando si adoperavano quei len- zuoloni di tela fatta in casa e quegli indumenti di ghinea, cioè di « panni- cino » che stavano ritti da sè come la gonnella che la Garibalda Niccoli (po- vera, grande, indimenticabile Garibal- da!) portava sulla scena nella «Cuo- ca delle monache», non sarebbe stato davvero il caso d'imbiancarli con la varecchina! Solo il ranno con la sua forza ed il suo calore graduato pote- va penetrare e detergere quei tessuti fitti ed intostiti. Accade talvolta di levare dal fondo di un armadio uno di quei lenzuolì a tre teli, coi sopraggitti a rilievo, che le madri includevano un tempo nel corrèdo : d'elle figlie, e elle più erano saldi più avevano pregio in vista del- la , loro maggior durata.; Si spiega l'antico lenzuolo, si palpa, e subito si ripone,..non-potendo sopportarne il ru- vido contatto. Tra le lettrici più anziane della «Cu- cina» ve n'è forse qualcuna che si ri- corda di averli fatti anche lei, da pic- cola, quei sopraggitti, con un refino resistente che le segava le dita: lavo- ro di pazienza e sempre angustiato dal timore che uno dei teli scorresse os- sia 1 « mangiasse la mano ». Ce ne vo- levan degli anni prima che quella tela resistente si consumasse al punto di poter essere ridotta in filaccia. '— E che cos'era la filaccia?... — si domanderanno le lettrici più giovani. —- Era... il cotone idrofilo di una volta. Per medicare una ferita od una suppurazione si adoperava della tela di lino sfilata, o per dir - meglio, dei batuffoli di fili tolti, uno ad uno, da un pezzo di tela di lino vecchia! Nelle famiglie previdenti, si preparavano fi- lacce la sera a veglia, al fioco lume di un a lucerna ad olio, per averle pronte in caso di bisogno. E quante donne c'erano in casa, dall'ava alla signorina da marito sognante il prin- cipe azzurro, tutte ammucchiavano Ali e fili con gesto ritmico e lento. Umili, lunghe fatiche di una fem- minilità più che trapassata, come ci sembrate monotone, ora che tante pic- cole e grandi risorse alleviano il no- stro quotidiano lavoro di massaie! Passatisti, sì, ma per tutto quello che il passato ha contenuto di buono. Per il resto, avanti, sempre più avan- ti, o massaie, verso le grandi e pic- cole conquiste che ci rendono più fà- cile e più dignitosa la vita. * * • Signora Silvia Arrighi - Firenze. Effettivamente il mio ultimo artico- lino subì... « un infortunio tipografico » Ne mancava un pezzo. Ecco perchè 11 nome d'Ippocrate saltava fuori all'im- provviso senza alcun nesso con quan- to avevo precedentemente scritto. Saluti cordiali. Frida I R J C O:R M R E I ! i t Tutta la corrispondevi- « za dev'essere spedita ;}; | t $ | alla Direzione della i< X ' . i }' « Cucina Italiana » im• j * ! ! personalmente. j
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