LA CUCINA ITALIANA 1938

20 LA CUCINA ITALIANA MARZO 193S-XVI Unbel dì ira l oglio e il Brenta E fu un bel dì davvero per la mensa di tutti, ma più per quella del conta- dino delle regioni settentrionali ita- liche, che per un più rigoroso clima per inverni più lunghi e con ciò perio- di più brevi di produzione di verdura e legumi freschi, come nei paesi meri- dionali, trova nel granoturco prodotto dai suoi campi, il migliore cibo che so- stituisca pane e pasta. Nell'attuale bat- taglia autarchica il nostro compito di massaie è di diminuire il consumo del pane che vuole frumento e di diminui- re il consumo interno della pasta, fat- ta di buon grano duro, che ha racchiu- so in sè il gran sole del mezzogiorno e lo ridona alla rinomata bontà della insuperabile pasta italiana, che si tra- s forma in oro, potendola esportare. Sento il coro di protesta di tante cuo- che spensigj'atelle, e sopratutto abitu- dinarie. « Con mio marito impossibile, se almeno una volta al giorno non c'è il suo piatto di pasta asciutta! * « Dovrò rinunciare alla comodità di un piatto base, proprio ora che sgemi- nata la teoria ristringitrice della linea, si può gustare la pasta senza avere so- spesa sul capo la spada di Damocle: d' ingrassare! » E via tutta un'orche- stra, dove violoncelli e bassi di voci maschili protestanti, compongono un imnonente pezzo orchestrale. Certo, se la donna dirà così nudo e crudo alla sua gente raccolta intorno alla tavola mentre gusta degli spaghetti con la pomarola: « cari è Anita con la pasta bisogna risparmiare frumento, bisogna servirsene per gli scambi con l 'estero: vedrete, vedrete! » Ben ha ragione i poveri commensali resteranno con l'a- nimo sospeso. Ma però la stessa pa- droncina di casa, esporrebbe così un suo nrogetto che vuol portare in porto per es. di migliorie del salotto: di un nuovo vasellame da prendere; di qual- che capo di vestiario, spese che chie- deranno forse qualche sacrificio di rinuncia, alla famigl ia? Non lo credo; certo Eva non ha fat- to così quando offerse al povero Ada- mo, quella mezza mela che restò in- digesta a tutta l'umanità. E' bene ad ogni donna dalla più ricca alla più povera, che si chiede di essere un piccolo soldato nella bat- taglia autarchica. Questo, non vuol già dire risparmio sinonimo di mi- seria, non è grettezza che chiediamo alla cuoca, ma ingegnosità di sosti- tuire con altri ottimi cibi, quelli che per la loro composizione richiedono elementi che dobbiamo misurare. Dob- biamo misurare il frumento per ar- rivare a coprire il fabbisogno nazio- nale con la nostra sola, produzione. Produzione del 1938, su la quale non ¿0 dati positivi di previsione, ma che per le mie limitate cognizioni agri- cole temo sia minacciata e dalle piog- gie del passato autunno nel periodo della semina, e dagl'inconsueti pro- lungati rigori invernali, continua- ti nella mancanza di neve e di piog- venen la moond al polaent già. Non possiamo paragonarci alla | denigrata cicala, alla quile si va re- stituendo l'onore, nè sorprese posso- no avvenire nella previdente guida del Governo fascista, che non teme la verità di disposizioni se per conse- guirla bisogna impegnare la coscien- te cooperazione della nazione. Sarebbe certamente insincero pro- clamare che il pane, con la miscella del 10 per cento di granoturco, così confezionato dal 15 novembre in poi, sia più saporito, più soffice e lievi- tato di quello di schietto frumento. E' necessario cosi; è un ordine e ba- sta. Ci saranno stati i suoi motivi, an- che se così non sembra, di fare la miscemlla, col granoturco piuttosto che con la segala certo più corri- spondente al frumento nella idrìz- zazione e lievitazione, mentre il gra- no turco dimanderebbe molta più a.c qua e maggior tempo per assorbirla e sfiorire. E dal momento che siamo capitate a parlare del pane, non sarà inutile chiederci come mai la, coltura posi- tiva femminile abbia ancora così grandi lacune, perchè tante f ra noi, non comprenderanno che la loro tro- vata di farsi il pane in casa compe- rando la farina che non è nel com- mercio abburattata (cioè non ha ag- giunto il 10 per cento di granoturco) o consumando quella di propria pro- duzione vengono, in un egoismo indi- viduale, a sottrarsi ad una disposizio- ne presa ed imposta nell'interesse collettivo della nazione? C'è una re- cente disposizione che proibisce ai fornai di cuocere il pane per privati, ma non vi sono disposizioni nei ri- guardi della farina venduta In com- mercio o di propria produzione. Il rispettare le disposizioni sul rispar- mio del frumento è una disciplina co- sciente, alla quale per l'interesse co- mune è giusto volontariamente sot- tostare. Informatevi dal vostro for- naio e sentirete quale diminuzione di vendita pane egli ha, specie se serve delle zone rurali, e di quanto gli è aumentata la vendita del lievito. Però se vi dico che è dovere nazionale di ubbidire, dico anche alla massaia che si preoccupa dei valori nutritivi che nel bilancio giornaliero sa di dare alla sua famiglia, come debba ricor- dare, che l'attuale pane misto è in- feriore all'integro di frumento nelle qualità nutritive ed in quelle digesti- ve. ! Ma noi abbiamo lasciato il neonato f ra l'Olio e il Brenta e sarà diventalo un gigante dal gran faccione giallo, quasi, quasi anche la nostra polenta sarà « del padelon del cielo, frittata ardente », La volta, passata vedemmo il pre- zioso contributo che nella cucina, come cibo accompagnatore dell'albu- mina (carne, pesce, uova, E sia la pa- tata, quando si corregga la sua defi- cienza di grasso. La polenta di grano turco anche se più ricca di grasso sì « marita » specialmente bene con stu- fati, amorsellati, intingoli-vedi la clas- sica polenta ed uccelletti, carni in- saccate e legumi con condimenti di maiale. La sua preparazione è cottu- ra. è tutt'altro di facile. L'uso nella cucina è ritenuto da molti monotono invece anche la polenta, sotto abili mani e testine desiderose di riuscire nell'intento, si presta a svariatissime preparazioni. Quali caratteristiche deve avere il grano turco al quale noi richiediamo la buona farina? Colorito vivo e lu- centezza, dei chicchi sono segni di freschezza del grano, una tinta opa- ca significa invece che il grano è vecchio ma tale colorito può dipen- dere anche da. difettosa conservazio- ne o da imperfetta maturazione. Il contenuto di umidità del mais di re- cènte raccolta secco e stagionato o- scilla f ra il 13 ed il 15 per cento, men- tre nel mais vecchio, essa discende talvolta fino al 10 per cento. L'essere più o meno asciutta la farina che si adopera a fare la polenta ha molta, importanza per la consistenza che ri- sulterà ne "a cottura della stessa. Nel- l'espressione popolare si dice « che la farina tira tanta o poca, acqua » da ciò si sa se è o meno stagionata. La qualità di assorbire mol ta acqua è qualità positiva, perchè il granellino gonfia, gonfia, l'acqua racchiusa in- nalza la temperatura, sboccia il mi- nuscolo involucro e con l'uscita del vapore dei granellini della farina la polenta acquista la sua leggerezza ed il caratteristico buon odore di cotta. Preferite perciò della farina di una bella tinta vivace che vi assicurerà la buona qualità del grano turco e ga- rantisce che contiene poca farinetta. Le farine buone ed asciutte, amano buon odore, hanno sapore dolcino, scorrono versandole, rapide, uniformi coi granini staccati uno dall'altro; so- lo con tali caratteristiche otterrete la pioggia classica, quando farete ca- dere nel paiolo la vostra farina. Se ne aveste quantitativi grossi, bi- sogna stenderli all'altezza di non più di venti centimetri in locale alto del- la casa, asciutto ed areato, su pavi- mento pulito; ogni sette, otto giorni la farina va rivoltata con la pala di legno. Sul tramonto chiudere le im- poste; non tenere lumi accesi, nel lo- cale, per evitare le farfalline delle tignole proprie dei granai, non ab- biano a deporvi le uova e per evitare ogni causa j d'umidità, gran nemica della conservazione del grano turco, il quale anzi della umidità, è avido. Non mettere la nuova farina assie- me ai residui della vecchia. ,

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