LA CUCINA ITALIANA 1939
LA CUC INA I TAL I ANA - Pag. 6 i n r S T n r S T i n f S T ^^ j, G e n l l a ; alo 1939-XVII Il calendario dell'anno nuovo è da tutti guardato con un senso indefinibile di ti- more e di speranza. Se l'incognita del futuro, secondo una moda venuta, dicesi, dall'America, è rac- chiusa in un blocchetto di 365 o 366 fo- gliclini, se ne inizia il distacco con una certa esitazione, come se si togliesse il primo velo al mistero dei giorni avvenire. Gli occhi che vi si fissano non vedono ugualmente: l'età giovanile, che tanto spera ed aspetta, fantastica che quelle pa- ginette di carta velina porteranno sorpre- se meravigliose, l'adempimento di care promesse, il conseguimento della felicità sognata: l'età matura, ormai stanca e spesso disillusa, riassume la sua aspetta- tiva in un anelito solo di benessere e di tranquillità; la vecchiaia guarda alla som- ma dei giorni ignoti, domandandosi se uno di quelli resterà impresso nel cuore degli esseri cari e scolpito ne! marmo, a segnr-r-; la data ultima della vita conclusa. A dissipare il leggero malessere che mólti provano davanti alla incognita del futuro, quando non basti l'abbandono al- la Divina Provvidenza, giungono propizi a rallegrare gli animi gli auguri, le 'riu- nioni di fine d'anno, i doni: manifesta- zioni di affetto, di amicizia, scambio di favori e di cortesie. Ricercando nel passato, non per inutile e curioso perditempo, ma per rivivere e- pcche ed atti che possono servirci di am- maestramento, si trova che l'uso del ca- lendario e quello di festeggiare l'inizio di ogni anno sono remotissimi. I Romani chiamavano « calende » i pri- mi giorni di ogni mese e celebravano ie « calende di gennaio », il rinnovarsi del- l'anno, con particolare solennità. La loro impareggiabile Forza, morale e fìsica, il loro valore di guerrieri, di sta- tisti, di scrittori, che ancora s'impone al- la ammirazione del mondo intero, non li rendeva immuni da qualche umana debo- lezza, come, ad esempio, la superstizione. Così il primo giorno Bell'anno si guar- davano bene, ammettendovi una grande importanza, dal pronunciare qualunque parola che suonasse cattivo augurio. Fa-' tica non lieve perchè usava scambiarsi le visite di circostanza e le matrone s'intrat- tenevano l'una presso l'altra parlando, proprio come oggi, del più e del meno. Con i voti e le visite si ricambiavano i doni detti « strenne »; e anche i più po- veri seguivano questa consuetudine. I doni andavano da pochi fichi secchi, da qualche po' di miele, agli oggetti son- tuosi dei ricchi che. durante l'Impero ar- rivarono agli eccessi del lusso e della ma- gnificenza. In quest'epoca il primo a ri- ceverne era lo stesso imperatore, e i cit- tadini si affollavano al Palatino la matti- na del i° gennaio, e facevano a gara a chi meglio avrebbe soddisfatto il potente monarca. II dono che veniva considerato maggior mente di buon auspicio era una moneta! La divisione del tempo in spazi detti anni, corrispondenti al movimento della terra attorno al sole, e di questi in, mesi, settimane e giorni, divisione che è gui- da necessaria alla vita dell'uomo, fu in- trodotta nell'uso in tempi eccezionalmen- te lontani e conosciuta dai popoli antichi fino dall'inizio delle prime civiltà sulla terra. I cinesi, i caldei, gli egiziani, gli ebrei, Uno dei tipici calendari marmorei dei veneziani: il bassori l ievo qui riprodotto rappresenta i mesi di settembre ed ot- tobre ed è un particolare del l 'arco d' in- gresso della chesa di S. Marco. migliaia di anni prima dell 'avvento del cristianesimo, usavano un calendario si- mile a quello dei nostri giorni, anche se non'aveva il blocchetto di carta, tipo ame- ricano!... Ritornando ai Romani, dai quali sem- pre possiamo attingere esempi di sapien- za e di saggezza, sappiamo che all'epoca di Romolo, il leggendario fondatore di Roma, l 'anno che cominciava col marzo e finiva col decembre, si componeva di 304 giorni divisi in dieci mesi. Il _secondo re di Roma, il sabino Numa Pompilio, che la tradizione narra consi- gliato direttamente dalla ninfa Eg'eria, nel saggio governo e nelle riforme che fece alle istituzioni ed alle leggi dei Romani, aggiunse all'anno due mesi, che denominò gennaio e febbraio e li mise prima del marzo computando in tutto giorni 355, coi capodanno al 1° gennaio, stabilendo inol- tre che ogni biennio venisse intercalato un tredicesimo mese di 22 o 23 giorni. Senonchè, avendo 1 pontefici massimi trascurato talvolta di intercalare qu<?sto tredicesimo mese, avvenne che ai tempi di Giulio Cesare le feste estive cadevano in primavera! Egli dovette aggiungere 67 giorni al- I anno 46; così il grande dittatore legò il suo nome non solo ad azioni di gloria me- morabile ma pure alla revisione del ca- lendario, che restò in vigore per gran nu- mero di secoli, calcolando l 'anno di 365 o 366 giorni; con sette mesi di 31 giorni, quattro di 30 e uno, il febbraio, di 28 per tre anni di seguito e di 29 ad ogni quarto anno. Questo perchè l 'anno solare si calcola- va di giorni 365, 1/4 e le sei ore, in quattro anni formavano un giorno che ve- niva aggiunto al febbraio. Papa Gregorio XIII attuò la riforma de- finitiva del calendario, riforma che porta il suo nome e che vige tutt'oggi, resa necessaria da un errore del calendario giuliano, derivato da minuti u e 1/5 computati di troppo ogni anno poiishè la terra compie il suo giro attorno al sole 11011 in 365 e sei ore precise, ma in giorni 365, cinque ore, e quasi 49 minuti. Con l'andare dei secoli il moltiplicarsi di quella frazione di tempo formò dei giorni, e nel 1582 l 'anno civile rita-dava di die- ci giorni interi in confronto con quello solare. Così gli italiani del 1582, ccricandosi la sera del 4 ottobre si svegliarono il 15 dello, stesso mese!... Tanto luogo sonno fu ordinato da Papa Gregorio XIII: era stata stabilita la soppressione di dieci giorni in seguito agli studi di matema- tici insigni e del medico e astronomo Lui-> gi Lilio, il quale dettò le basi scientifiche del nuovo calendario che doveva necessa- riamente sopprimere un giorno ogni se- colo, il cui numero non fosse divisibile per 400. Tutti i popoli cattolici di allora e per prima la Francia, accettarono la riforma gregoriana; l'Inghilterra fu più restia e l'adottò solo nel 1752; mi anche oggi qualche popolo seguita ad usare il calen- dario giuliano. L'insieme dei mesi e dei giorni dell'an- no' preso il nome di « calendario », dalle « calende » dei Romani. L'umanità si prepara dunque ora a vi- vere il nuovo anno: il 1939; ma per noi italiani .l'anno è veramente incominciato il 29 di ottobre. Attendiamo con fede, con rinnovata gioia e ferma speranza nella vita. II tempo che verrà' possa essere tanto largo e sereno da permetterci di svolgere tutte le attività prefisseci, di goderci, co- me desideriamo, gli esseri amati, di ser- vire comoiutamente Dio e la Patria! Virginia Ott
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