LA CUCINA ITALIANA 1939

I o Ap r i l e - 1 9 3 9 - XV II P a g. 1 27 - L A C U C I NA I T A L I A NA L'attrazione dèi presente, alle volte, e virata dalle suggestive visioni di un re-- cerite passato, specialmente quando que-, ste si riferiscono ad usanze non a tutti note, e che è sempre piacevole attendere che giungano sidle ali della fantasia, la quale ama tuffarsi nella luce del vero. Poi, confesso sinceramente, che oggi un volo nei cieli d'Oriente non mi se- durrebbe troppo, e preferisco risalire ai tempi in cui la pace rifletteva le usanze del quieto vivere senza nubi e rombi. Così, eccomi librata nello spazio. L'aria mi avvolge in una carezza pungente, ed 10 chiudo gli occhi per non desiderare, come Icaro, un'ascesa che potrebbe do- narmi una troppo viva ebrietà solare. Di- mentica del tempo, vado più lieve di una lucciola, ma una voce interiore mi ammonisce che sono giunta. Guardo: ed infatti ecco apparire grandi isole cullate dalle onde del Pacifico; estensioni di ter- ra fertile; giardini in piena fioritura; man- dorli rosei come volti di bimbi, e cilie- gi ammantati dal rosso velo delle gem- me, sotto la cui cupola, che sembra ar- dere ài riflessi del sole, vaghe fanciulle avvolte nei kimono serici, cinguettano co- me uccellini, sfiorate dal velluto dei pe- tali che il venticello lieve libra in alto, per poi deporre con delicata carezza sulle testoline brune. Siamo in Giappone, ed una certa ug- giolina che tormenta lo stomaco, distoglie la nostra attenzione dallo spettacolo in- comparabile che offre la natura, per ri- volgerla e fermarla sulla cucina, Dema eterno ed interessantissimo, sempre. I giapponesi, probabilmente riflettendo che i piaceri della tavola sono offerti dal- le vivande ch'essi preparano con i pro- dotti in gran parte donati dalla terra ed alimentati da invisibili e benefici spiriti, hanno voluto porre la cucina sotto la pro- tezione di una Divinità, perchè se l'ani- ma è serena e l'aria splende di atomi lu- minosi, anche la materialità della vita s'inazzurra, donando letizia perfetta. Così Sau-boo-Kuo-Djm, è il Genio tu- telare della cucina domestica. Vigile coinè una. sentinella egli dissolve le insidie allontanando i demoni incendia- ri che vorrebbero avvampare i fornelli e contaminar le vivande: nell'alone denso edfl aromatico del vapore che esala dalle pentole, l'ingegno acutamente stimolato, alle volte trasmette ai devoti la sua pro- digiosa ispirazione, dalla quale fluisce una. ricca vena che si traduce in feconda fiori- tura di ricette interessanti e gustose. Una lieve .musica,. che or si avvicina or si allontana sulle ali capricciose dello Z e f' fìro, ci guida come una luce amica, ed eccoci in una sala dove alcuni ciechi suo- nano, con le pupille spente levate verso 11 cielo, quasi per seguire una teoria di fantasmi che l'anima crea e lancia in un mondo, il quale vibra solamente per loro. Sulla tavola nessun candore di lini, ma scintillìo di tazze in fine porcellana col- me di nutrientissima e squisita Zuppa di tartaruga; manicaretti di uova e volatili; ricercatissimi filetti di balena, alghe ma- rine, carne lentamente arrostita sulla bra- gia; pesce lesso, ed altri svariati intingo- li aspersi di una delicatissima e profuma- ta salsa di pesce. 'Cucimi d'alhi ftxeü divinità ddia cucina dameòUca in Éiappam Non mancano altre varietà, tanto più che ogni pranzo offre dalle sei alle otto portate, e noi notiamo legumi svariatissi- mi, frutta salse, rossi pesciolini crudi, pic- coli fagiuoli canditi, ed anche... cavallette e lucertoline sciroppate o natanti nel- l'aceto. L'appetito sembra tacere di colpo alla scoperta di queste ultime leccornie, ma Un per f e t to pas t i cc i ere g i apponese che nu l la ha da i nv i d i a re ai suoi col legl li occidentali un piatto solleticante rianima il nostro spirito elevandolo ancora nel regno delle fantasticherie. Insalata di crisantemi: cibo delizioso del quale non posso fare a meno di darvi la ricetta certamente ispirata da San-boo- Kuo-djm in una giornata ih cui il cielo splendente come uno Zaffiro versava tor- renti di luce nei giardini olezzanti per la piena fioritura. Prendete freschissimi e grandi crisan- temi; lavateli con molta cura, distaccate- ne delicatamente i petali ed immergeteli in lina finissima pastella di rosso d'uovo e fior di farina. Così dorati, fittateli vi- vamente nell'olio bollente, ritirateli, e fa- teli asciugare per alcuni secondi sopra un foglio di carta assorbente. Un profumato spolverino di Zucchero, e mangiateli caldi. Sono convinta che vi piaceranno, e gu- standoli, forse vi sentirete avvolgere nel- l'onda dell'esotico profumo che esala dal- la terra ardente, la quale nelle notti se- rene, riposa cullata dalle forti braccia del- l'oceano. Vi garantisco che la visione di una ta- vola così deliziosamente preparata è una vera gioia per lo sguardo, che così sti- molato, segue altre immagini di grazia, le quali sembrano sorgere, in quelle isole dove i fiori e le donne fondono la loro essenza in una sola, delicatissima armo- nia. Coltelli, cucchiai, forchette, non si usano, ma bastoncini aguzzi adoperati con elegante disinvoltura. Però, nonostante l'apparato suprema- mente invitante, i commensali mangiano pochissimo, mentre invece vuotano le taZ- Ze senza risparmio. Penso subito che sof- frano di inappetenza, o che una difficile digestione li obblighi ad un sacrifìcio c'ne deve essere certamente eroico. Niente di tutto questo. In Giappone, mangiare po- co è un privilegio aristocratico; in pub- blico, l'eccesso contrario bollerebbe di un marchio indelebile l'educazione degli ospi- ti, ai quali l'etichetta impone di toccare appena le vivande che però sono raccolte in cestini, da uno o due servitori che ogni convitato ha il diritto di condurre seco per assolvere tale mansione. Vi prego; non inarcate le ciglia ne vi scandalizzate, perchè in Giappone tale uso è imposto dalle regole di un fine ga- lateo; e lasciar le portate quasi intatte sa- rebbe una grave mancanza di riguardo verso l'anfitrione il quale, durante gli in- termezzi, gira intorno alla tavola Vuotan- do una tazza di sakè con ognuno dei suoi ospiti. Ci sembra finalmente giunta l'ora di ri- storare lo stomaco, ma i commensali chie- dono il riso che viene subito servito in vassoi di lacca rossa i quali contengono anche il tary, uno dei più pregiati pesci del Giappone. Questo piatto segna la fine del pranzo: i signori, gustandolo, intendono poi le- varsi dalla tavola, e noi ci dobbiamo ras- segnare ad ammirar la disinvoltura con la quale essi seggono incrocicchiando le gam- be e la varietà delle portate che lenta- mente scompaiono nei cesti. Ma... quale cerimoìiia mistica si com- pie? Le bevute di sakè assumono vera- mente l'aspetto di una sacra libagione. Ec- coli tutti inginocchiati l'uno di fronte al- l'altro. Inchino profondo: ambo le mani sollevano le coppe con lenteZZfl ieratica, e il bollente vino di riso viene religiosa- mente sorbito. I ciechi sono scomparsi; in loro vece le " ghscia " graziosamente sedute ai piedi di un paravento, suonano e cantano sor- ridendo alle compagne che, avvolte in smaglianti kimono di raso, snodano danze armoniose apparendo come soavi visioni attraverso l'azzurrino velario del fumo che gli uomini, e specialmente le donne, • lanciano giocondamente nell'aria divenuta un po' densa. Così usciamo dalla sala col nostro desi- derio insoddisfatto, ma un'altra volta as- saliremo coraggiosamente le mense, e per non patir delusioni, porteremo posate e coltelli a costo di far sgranare, per la me- raviglia, gli occhi neri delle graziose giap- ponesine, le quali forse non ci perdone- ranno l'onore troppo ardente che noi fa- remo alla loro squisita Zuppa di tartaruga e all'insalata di crisantemi, nè tanto me- no l'affronto palese avventato contro i bastoncini sottili come steli. Elisa Aimeiii

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