LA CUCINA ITALIANA 1939

LA CUCINA ITALIANA - Pag. 30 ì n n n n n n r ì r ì m r ^^ jo Gennaio 1939-XVII coUabaìazione delle abbon A N N A , S. Cesario. — Diremo sem- pre tanto bene, non dubitare, della « ca- ra amichetta pugliese », così fedele alla « Cucina ». E di tutto quanto hai fatto, fai e potrai fare per la Rivista, ti saremo tanto grati! T i ringraziamo dell'invio del- la ricetta: ma c'è una parola — tre volte ripetuta — che non abbiamo po- tuto leggere; dove dici : — E' giunta la ora di fare. .. — Che cosa? Vuoi avere Ja bontà di spiegarci il significato di quel vocabolo? Senza di che, non possiamo, nonostante la nostra buona volontà, pub- blicare la tua ricetta. Ti ricambiamo i cordiali saluti. Frida Canigliate con miele Dosi : farina gr. 600; zucchero gr. 550; miele gr. 150; 5 uova intere; mandor- le tostate, sbucciate e tritate, gr. 150; carbonato di ammoniaca gr. 10; un piz- zico di cannella; un po' di garofano; cor- teccia di limone grattugiata. Procedimento : Si mette la farina nel- la spianatoia o in un recipiente, assie- me con la cannella, il garofano, la scor- za di limone grattata e il carbonato di ammoniaca. Dopo aver mischiato bene tutto si aggiunge il miele e s'impasta con le mani. Si mettono poi le uova, una al- la volta, e si lavora il tutto per ottenere una pasta di giusta consistenza. Si lascia in riposo per un quarto d'ora, quindi si cosparge la pasta di farina e si spia- na col rullo sopra la spianatoia infarina- ta, all'altezza di un centimetro. Con un bicchiere da vino o da marsala se ne ri- cavano dei tondi (volendo delle mezze- lune), che si dispongono, bene infarina- ti, e un po' discosto uno dall'altro, so- pra una placca. Si cuociono in forno di giusto calore. Tolti dal forno, si puli- scono dalla farina e con un pennellino si spalmano di ghiaccia al cioccolato, preparata in precedenza. Volendo, questi dolci si possono riempire di marmellata. In tal caso si mette un tondo sull'altro con la marmellata in mezzo, comprimen- done bene i bordi con le dita. Dolci al vili cotto Dosi: farina gr. 300; zucchero gr. 150; bicarbonato d'ammoniaca gr. 10. Aromi: cannella, garofano, scorza di limone e di arancio grattugiate. Si dispone a corona la farina, mischia- ta con gli aromi, sulla spianatoia, e, messo nel vuoto un poco di vin cotto, si comincia ad impastarla con le mani. Ottenuta una pasta di giusta consistenza se ne forma una palla, si lascia qualche minuto in riposo, quindi si stende col rullo allo spossore di tre o quattro mil- limetri. Da questa sfoglia si ricavano, con un bicchiere da marsala, tanti di- schi. Sopra una metà dei dischi, si met- te una piccola quantità di marmellata. Con l'altra metà si cuoprono i primi av- vertendo di comprimerne con le dita i bordi sopra una placca alla distanza di cinque o sei centimetri l 'uno dall'altro, si fanno cuocere in forno di calore mo- derato. Per renderli migliori, dopo cotti, si spalmano, con un pennellino, di ghiaccia al cioccolato. Crocerossina 915 Panizza e fainà: alimenti autarchici Desiderando contribuire, sia pure in modesta proporzione, a raggiungere la autarchia, voluta dal Duce, vorrei fare propaganda alla farina di cec-i. E' saputo da tutti che con i ceci si possono fare delle buone minestre, delle ottime zuppe, ma ben pochi, io credo, conoscono la farina, meno i liguri che ne fanno grande consumo. Due anni or sono la « Cucina » pubblicò un mio ar- ticolo che aveva questo titolo : « Elogio del cece ». In esso spiegavo come si ado- pera questa farina, davo la ricetta della della farinata — in dialetto: fainà — cioè fatta uso polenta: e due abbonate di Ge- nova risposero gentilmente alla mia ri- chiesta inviando alla Rivista la ricetta della farina —- in dialetto: fainà — Cioè fatta uso torta. Ma io penso che ben po- che massaie abbiano provato l'una e la altra. D'altra parte bisogna riconoscere che la panizza — se piace — volendo molta cottura è adatta per le famiglie numerose che ne possono cuocere una discreta quantità e conservarla anche per due o tre giorni: mentre la fainà è molto meglio comprarla in negozi spe- cializzati ed in questo Genova è davvero il centro dove si fa e si cuoce alla per- fezione. Per avere una prova del consu- mo di questa fainà nella Dominante, ba- sta entrare in una delle tante botteghe del genere e vedere come, in pochi mo- menti, scompaia il contenuto di enormi te- glie del gustoso cibo. Per esperienza pos- so dire che, mentre i ceci sono piutto- sto indigesti, la farina, se ben cotta nei due modi che ho detto, è di facile di- gestione. Ora io vorrei rivolgere una domanda alla dott.ssa Amalia Piscel: credete voi, signora, che la farina di ceci sia sana e nutriente? Ed un'altra domanda alle numerose abbonate meno a quelle ligu> ri : conoscete, care amiche, la farina di ceci? Io credo che i ceci siano di facile coltivazione; sono anche convinta che i nostri terreni si prestino perchè già ne producono in quantità. E se si generalizza l'uso della farina molto di più si potrebbe aumentarne la produzione con vantaggio autarchico per- chè con la panizza e la fainà non si mangia pane od almeno poco. Da gran tempo si conosce e si adopera in Ligu- ria la farina di ceci : la mia mamma mi diceva che a casa dei suoi genitori co- me in molte altre famiglie del paese — la cena di tutti i venerdì di quaresima era così composta : zuppa di verdura, panizza tagliata a fette sottili e fritta cori olio finissimo, broccoli lessi, mar- mellata e frutta. Ho nella mente come un dolce sogno il ricordo dell'ampia sa- la«' da pranzo nella vasta, comoda casa dei nonni materni, distrutta poi da un terremoto. Nel centro, una grande ta- vola apparecchiata, rischiarata da quat- tro lucerne ad olio, con piramidi di a- ranci e mandarini. Vicino alla tavola, sul suo seggiolone, vedo l'esile personcina della mia bisnonna, sorridente alla co- rona dei figli, nipoti e pronipoti seduti attorno alla mensa. Sento ancora nel cuore la gioia grande di tanti purissimi, sinceri affetti che vegliavano sulla mia infanzia felice, insieme con l'angelo cu- stode! Dolcezza di un tempo lontano che i dolori e le sofferenze della vita non hanno cancellato. Di certo anch'io, fino da allora, ho cominciato a conoscere ed a mangiare la nostra buona panizza! E non è da escludersi che la medesima ce- na frugale, di stretto magro, fosse ser- vita nei venerdì di quaresima alla tavo- la di Donna Eleonora Ruffini Curio e dei suoi illustri figli. Orsoletta Rahat Locum Una nostra cortese abbonata fiorentina chiede alle nostre amiche di Tripoli, di Rodi, di Grecia, Romania, Turchia, Egit- to, la ricetta del Rahat'Locum. Non na- scondiamo che la cosa ci interessa anche personalmente: perchè quelle gelatine profumate ai più soavi aromi sono squi- site. Una volta ce n'erano, in vendita, a Milano: erano di fabbricazione italiana, buonissime. Ora non s: trovano più. E già che ci siamo, non potremmo avere anche la ricetta di quel dolce orientale che si chiama Halwa o Halawa ? Grazie a chi esaudirà il desiderio della nostra abbonata fiorentina., e il nostro. Torta di castagne L ' abbonata Antonietta Gazzaniga ci aveva chiesto qualche ricetta per « Torta di castagne ». Ne abbiamo ricevute mol- te, e ringraziamo le nostre corrispondenti cortesi. Ecco quelle che l'abbonata 18.555, di Milano, le invia: 6 rossi d'uovo sbattuti con 240 gr. di zucchero: aggiungere 240 gr. di castagne (fatte prima cuocere, in acqua salata, e accuratamente sbucciate) passate ai setac- cio, un pugno di pane grattugiato, molta vaniglia, e le 6 chiara, sbattute a neve. Far cuocere a fuoco lento, in forno, e cuoprire poi con panna montata. Ecco un'altra ricetta : Far cuocere 1 Kg. di castagne e passarle al setaccio. Far caramellare in un reci- piente di rame un etto e mezzo di zuc- chero, versare il passato di castagne e mescolare (con un mestolo di legno): in- di passare ancora il tutto al setaccio; la- sciavi freddare e formare -con quest'im- pasto, sul vassoio, un tondo, come una ciambella: in mezzo riempire di latte- miele. E ora un budino, sempre di castagne: Sbucciare, lessare e passare al setaccio,

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