LA CUCINA ITALIANA 1939
LA CUCINA I TAL IANA - Pag. 334 ~ ' Novembre 1939 - XV I II Surrogati al caffè Mi permetto di indicare il surroga- to del caf fè, che come sapore e colore più si avvicina a ciò che vuol sembra- re. L'orzo e la cicoria hanno un sapo- re mol to caratteristico che col vero caf fè ha d,a fare proprio pochino. La soia sa terribilmente di fagioli crudi; invece la favetta dà risultati assai sod- disfacenti. Si tratta di quelle piccol is- sime fave che si usano, credo, per so- vescio nelle coltivazioni. Vanno abbru- stolite come il vero caf fè, fino a f an- - to che non diano un f umo abbondante.^ Si mescolano a un terzo del loro peso con ceei, parimenti bene abbrustoliti e... provare per credere. Io faccio mettere nel macinino due cucchiai di favetta e poi uno di ceei. Il prezzo della favetta è di L. 1,50 il Kg., perciò è un prodotto che non incide molto sul bi lancio domestico. Queste leguminose hanno anche il preg'io di non agire sui nervi. Cono- scevo un veclchio signore mol to mala- to, al quale il caf fè faceva male e che ne consumava moltissimo. Un noto cl inico consigliò alla moglie di lui. di mescolare al prodotto genuino, una metà di ceci perchè erano l'unica cosa che non avrebbe avvertita. Infatti co- sì fu, con vantaggio della salute e del- la pace domestica. E' noto che alme- no un tempo, tanti ottimi caf fè espres- si erano la combinazione di un ter- zo di caf fè, un terzo di lupini, un terzo di ceci. Il prodotto coloniale vi entrava sempre poco o tanto, - invece colla favetta può essere soppresso con esito soddisfacente per il consumato- re e per l 'autarchia. Maria Ferrari 1 dolci dì Casalmaggìore Carissima «Cu c i na », Stamattina mi è arrivato l 'ultimo fascicolo della « Cucina » e, come di solito, non ho saputo resistere al de- siderio di sfogl iarlo subito. A pagi- na '108 nella corrispondenza fra le abbonate, ho letto il pezzo riguardan- te i dolci di Casal maggiore e il di- sastro successo al l 'abbonata E. B. di Trieste. Sono cremonese di nascita e posso assicurarvi che questa specie di fri t- telle è mol to di f fusa in tutta la Lom- bardia. Sono mol to semplici da fare e sopratutto economiche, e non ser- vono solo come frittel le dolci. Gli stampi hanno variatissime forme. Ve tic sono fatti a conchiglia, a cestini, a cono, etc. Le frittelle fatte a con- chiglia, servono benissimo per essere riempite come tutte le altre conchi- glie, vere e false, di pezzetti di uovo sodo, alici, capperi, etc., come antipa- sti. I cestini, servono per la minuta •— per i funghi, etc., i coni, per le creme e simili — ma bisogna avere l 'avver- tenza di riempirli al momento di ser- vire, chè la pasta, bagnandosi, si ¿if- f loscia. Fatti a f orma di rotelline ser- vono di guarnizione a piatti di verdu- ra e il loro croccante fa piacevole con- trasto al morbido della verdura. Poi vi sono le frittelle dolci che l 'abbona- ta ha cercato di fare. Le forme si tro- vano in vendita in tutti i negozi di utensili casalinghi. Ecco le dosi per fare la pastella. Montare a neve, ben sodo, l 'albume di un uovo — unirvi il tuorlo e a poco a poco versare 50 grammi di farina bianca. Indi scio- gliere col latte sino a che la pastella sia ben, f luida e piuttosto liquida. Ag- giungere un pizzico di sale e gli aro- mi adatti all 'uso delle frittelle. Se so- no dolci, vaniglia o scorza di l imone, oppure cannella o altro. Come si cuoc iono: dopo aver messo in padella abbondante ol io e che sia ben bol lente, immergervi lo stampo facendolo riscaldare, ma non eccessi- vamente —• indi intingerlo nella pa- della, senza che questa sorpassi la su- perficie dello stampo. Questo è mol to importante perchè altrimenti l,a fri t- tella dopo la cottura non si stacche- rebbe. Rimetterla nuovamente in pa- della, nel l 'ol io, sollevarlo, dopo pochi secondi la frittella si staccherà da sè. L'operazione deve essere fatta in fret- ta. Si inzuccherano quando sono an- cora calde. Con due uova se ne rica- vano moltissime, perchè aderente alla forma rimane solo un velo di |>asta. Spero che l 'abbonata di Trieste riu- scirà faci lmente ad eseguire le fri ttel- line, 'e vedrà cihe la sua famigl ia di piccini... e grandi, farà festa al l 'al le- gro piatto. Auguro lunga vita fel ice alla nostra cara rivista e doveri e condogl ianze alla gentile « Frida ». Gina Biglia mi ni Padova Grazie per le espressioni di consen- so per la « Cucina » e di amicizia per me. Le tue indicazioni, chiare, pre- cise, minuziose, saranno molto accette all'abbonata di Trieste ed alle altre amiche della Rivista. Ringrazio anche le abbonate : Mitene Miraglio, di Tori- no; Rita Bohm, di Milano; Nella Cane- va, dì Udine; Eugenia Valenpise, di Cit- tanova Calabro; Rosita Tirante, di To- rino; D. R., di Pavia; S. S., abbonata si- ciliana; M. Serra, di Roma; G. C. 201 ; Corinna...., di Maiori; Giuseppina Ma- ranca, di Firenze; E. Ponti Bassi, di Reggio Emilia; una fedele abbonata di Pesicara; L. M., di Fermo, le quali ci hanno inviato, sui dolci di Casalmag- giore, esaurienti indicazioni che la in- sufficienza di spazio non ci permette di pubblicare. F. Dolce Splendor Si prende del Pan di Spagna (300 grammi), si taglia a fettine, che si spruzzano di marsala o di cognac al- lungato con acqua, quindi si spalma ogni fettina di crema, si compongono le fettine in un piatto di portata, ed infine si copre tutto il dolce con la crema rimasta. Per fare la crema occorre: un etto di bur ro; un etto di zucchero, 2 uo- va, un cucchiaio di cacao e un cuc- chiaino di liquore a piacere. La crema si fa cos ì: si prende il burro, si mette in un piatto e si lavo- ra bene, mediante una spatola o la lama di un coltello, con metà del lo zucchero. Si mettono le uova in una tazza mescolando l'altra metà del lo zucchero e si sbattono bene. Si ag- giunge il cacao e il liquore, se l 'ab- biamo, si unisce tutto assieme e la cre- ma è pronta e squisita. Questo dolce va preparato qualche ora prima di essere servito, perchè ri- mane così più morbido. Cesira Poni Spinetta Genova
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