LA CUCINA ITALIANA 1939

i" Febbraio i93 ü-xvii m n s T T z n n p a g , 3 5 . l a cucina i tal iana c i n a aH' i tal iana Il desiderio di rinovare integralmente la nostra cucina è già stato sentito; pur tuttavia un'assoluta originalità e un na- zionalismo ad oltranza sono ben lonta- ni dall essere realizzati. Anzitutto meraviglia il fatto che persi- stano modi e voci straniere così nei nfa- nuali come nelle liste dei pranzi, quasi si fosse rifugiato in cucina l'ultimo re- siduo di quella passiva accettazione di ogni trovata forestiera che non ha più ragione di sussisterà nella nostra orgo- gliosa e legittima campagna di autarchia in ogni ramo. Proprio su queste colon- ne, anni fa, f u sostenuta una vivace po- lemica su una cucina prettamente italia- na, polemica che precorse le attuali rea- lizzazioni autarchiche. Molti risero allora sulla « guerra alla pastasciutta » sferrata dal poeta Mari- netti. Costoro non seppero vedere altro àll'infuori dell'eccezionale interesse di un poeta per questioni di cucinai Vi era già invece nella programmatica guerra alle tradizioni cucinarie, che si volle inter- pretare alla lettera, un'aspirazione ben più vasta che rientrava nel quadro del rinnovamento totalitario della vita ita- liana, e delle previdenze razziali. Forti- ficare, dinamizzare, spiritualizzare l'ali- mentazione della nostra razza « con nuo- vissime vivande in cui l'esperienza, l'in- telligenza e la fantasia sostituiscano eco- nomicamente la quantità, la banalità, la ripetizione, e il costo » era il motivo cen- trale, italianissimo e spiritualistico della rivoluzione cucinaria futurista. Suonò stranamente alle orecchie dei borghesi « un'armonia tra il palato degli uomini e la loro vita di oggi e di domani » e invece non c'è cosa più giusta di questo desiderio di raggiungere una'perfetta coe- renza di vita spirituale, politica, pratica, economica, cucinaria. Non c'è soluzione di continuità nella vita e permane sem- pre lo stesso l ' individuo, attraverso le molteplici espressioni e contingenze del- la sua esistenza dalle più alte alle più quotidiane e umili. Si tratta anche qui di rinnovamento, ne a forma e nella sostanza. I problemi della cucina non possono essere trascu- rati: non è religione del ventre, ma è giusta preoccupazione di un tenore di ali- mentazione il più possibile confacente a s id, r P a ? I ' V E l o c i conquistatori. Con- ñuta un a s ^ n T u l ^ T ¿ ^ dro complesso di q u c l I a v i t a ' £ neamente si d.ce quotidiana e quotidiani non e mai perchè non vissuta giorno per giorno, senza responsabilità, ma ¡„tensa- mente e vastamente prolungata e dila tata dal singolo alia collettività, dall 'oeei all 'avvenire. Dovrebbe esser chiaro alla coscienza di ciascuno che è doveroso proprio dal pun- to di vista della nazione abituarsi ad una alimentazione che contribuisca a poten- ziare al massimo le nostre energie fisi- che e spirituali. Ci si deve abituare ad una cucina che non, appesantisti, non abbrutisca, ma agilizzi ed aumenti il ren- dimento di ciascuno. Del resto lo Stato stesso ne dà un e- sempio, nella selezione accurata dei ci- bi occorrenti al soldato, al combattente, a seconda dei climi e delle esigenze di servizio o di combattimento. Certi cibi si impongono per le loro proprietà nu- tritive o per le sostanze minerali o vita- miniche che contengono. E' ormai supe- rata da tempo, dalle direttive militari, l'i- dea che al soldato si possa distribuire un rancio qualsiasi. Vorrei dire quasi che questa previdenza militare dovrebbe di- ventare l'abitudine d'ogni cucina singola al lume di tre essenziali criteri : i) la preferenza accordata alle vivande italiane che richiedano meno sacrificio nel senso che non scarseggino e che non siano, per un consumo troppo largo e ingiustificato, sottratte a vere e concrete necessità. 2) La scelta delle vivande guidata da prin- cipi razziali, nel senso che siano dirette a fortificare e a migliorare sempre più le qualità proprie. 3) Fare opera di idea- lizzazione e spiritualizzazione della cuci- na, finora considerata da un punto di vi- sta troppo gretto e materialistico. Basta a volte cambiare un nome, dare un aspet- to particolari ad una vivanda, in una pa- rola aggiungere un pizzico di fantasia quale condimento noti superfluo agli u- suali condimenti, per trasformare la cu- cina da una brutale necessità ad una gio- conda e vivace funzione ristoratrice del corpo e dello spirito. I medici anch'essi da tempo hanno rilevato l'importanza che ha, proprio in vista del benessere fisi- co, il saper presentare un piatto, il sa- perlo rendere anche esteriormente gradi- to. Ciò non rientra dunque nella ghiot- toneria, ma proprio nell'ambito della esi- stente nutritiva di ciascuna, chè non ba- sta per bene nutrirsi una determinata quantità di sostanze nutrienti: occorrono buon gusto, trovata, fantasia, doti che ci sono proprie in tutte le manifestazioni della vita e che possono orientare anche la tavola modesta senza maggiore spesa e con l'inestimabile vantaggio d'un'atmo- sfera più confortevole e solleticante. In un certo senso evitare la monotonia in cucina si addice compiutamente a un po- polo non abitudinario, anzi proprio tutto il contrario della *tasi e della monoto- nia. Anche in questo campo Marinetti è un precursore in grazia di quella sensi- bilità di poeta che anticipa la storia e che sotto le smaglianti forme della più audace lirica moderna esprime i nuovi contenuti della vita. Anche una cucina tutta e sola italia- na fa parte del « costume ». Non si può capire che l 'uomo completamente trasfor- mato dall'aspetto stesso della civiltà e più di tutto dalla nuova coscienza di ciò che rappresenta nella grande nuova realtà po- litica, viva anche un'ora sola del giorno un mondo di conservatorismo borghes» che è morto per sempre. Eleonora della Pura Colazione moderna: uova, burro, prosciutto, aranciati»

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