LA CUCINA ITALIANA 1939

1 ° Àp r i l e - 1 9 3 9 - XV II P a g. 9? - L A C U C I NA I T A L I A NA Uova e dolci fiacquali Ogni anno, avanti Pasqua, già a di- stanza di mesi, ferve ima grandissima preparazione di uova e di dolci pasquali. Nei soliti paesi mostruosamente indu- striali, fittissimi di popolazione, la cosa assume proporzioni fantastiche : la ster- minata produzione di dolciumi, per tutti i gusti e per tutte le borse, potrebbe, di- sposta in fila, compiere due volte il giro del mondo; le solite statistiche impres- sionanti: 15.000.000 di uova di ciocco- lato consumati in un giorno, fanno il paio cogli spropositati massacri di agnelli e di galline e colle montagne di gusci d'uova, vere. La 'piccola pasticceria di paese, la minuscola fabbnchetta di uova, modellate tutte sul medesimo stampo, quasi non esiste più, che l'organizzazione commerciale porta i prodotti della gran- de fabbrica nell'ultimo villaggio: la mer- ce viaggia a rischio e pericolo del com- mittente. Forse solo le monache continuano ad impastare da se con le mani di cera la farina di mandorle, a comprimerla nelle forme di stagno, a cavarne stelle, profili di galletti, di conigli. L'incontentabilità del pubblico, anche di quello dei bimbi, richiede una sempre maggiore fantasia di trovate, una com- plicazione crescente, del dolce che è nello stesso tempo giocattolo, una ricchezza di sorprese di foggie, una novità di sapori. All'ingenuo galletto di pan dolce coll'oc- chio di £iicc/iero e l'uovo autentico, di gallina, fermato in mezzo al corpo da una crocina di pasta, al galletto di sapore artigiano, coperto da una ghiacciata di Zucchero, ornata di ricamim e di fiorì rosa e celesti, con piccoli confetti d'ar- gento e l'anima eli marzapane, delizia dei bimbi di un tempo, si sono sostituite le uova a sorpresa, le spettacolose uova in- cartate di cellophan, collocate in casine di cartone, le galline e i pulcini derivati dalla stilizzazione dei cartoni animati, i conigli di panno Lenci, preziosi e costosi. Sopravvivono ancora le pecorine di ¿uc chera, modellate al vero, ma confinate nelle vetrine dei negozi secondari nei quartieri popolari, nei piccoli centri. Anche questa ricerca del nuovo, del mirabolante nel dolce pasquale è una spia della nostra irrequietezza moderna, e va di pari passo con la mania delle figurine premio e colle fantasticherie sognate nel- le speranze delle lotterie. Una sopravvi- venza dunque d'ingenuità? Forse si, ma di un'ingenuità più smaliziata, che ha ormai gli occhi aperti: quella ingenuità tipicamente nostra, moderna, di cui sono prove infinite nelle preferenze e nelle at- titudini di tutti i giorni, nella forma dei giuochi, nell'aspetto dei divertimenti, nel- la preponderanza del cinema e dello spet- tacolo di varietà... Questo discorso ci con- durrebbe troppo lontani dalle uova di Pa- squa e dalla nuova fisonomia assunta dai dolci tradizionali, eppure l'occasione che può essere sembrata a prima vista ecce- zionale, s'era presentata da se! A questo nostro bisogno di novità, di gusto, di straordinarietà corrispondono le trovate dei pasticceri. Si allestiscono le vetrine : la Pasqua ha perso l'aria di povera fe- sta. Fra rami di pesco, rondini di carta, pulcini di cotone, e campane inchiodate nello slancio del « doppio », la vetrina fastosa del negoziante ben fornito, alli- nea tutte le grandezze immaginabili del- l'uovo pasquale: da quello piccolo, come il vero uovo, a quello gigantesco, dal gran fiocco di seta cangiante, presentato su un piedistallo di argento: un uovo che non è fatto per regalarsi ai bimbi. E in ognuno, una sorpresa: dall'anellino di ot- tone alla spilla col pinguino « 900 », al porta cipria, all'automobile, questa ultima racchiusa, sotto forma di « buono » nel segreto delle uova di gran preZZ°! tutto quello che si può desiderare, secondo l'età e il limite delle proprie aspirazioni, sta celato là dentro. Chi compra l'uovo, fa prima la sua scelta, come nelle « fiere » pesca il numero nell'urna, l'accosta al- l'orecchio, l'agita. Anche delle uova di gallina si fa così, per rendersi conto se sono buone. Ma dentro c'è un portachiavi e l'acquirente non ha chiavi; oppure c'è un, portafortuna per l'automobile : un piccolo « Siati », secco come un chiodo, e l'acquirente non ha automobile. Forse, bisognerebbe, seduta stante, scambiare la nostra « sorpresa » con quella del vicino : un affare per tutti e due. Ma è così dif- ficile, quando si è grandi, fare a baratto con gente che non si conosce. C'è stato solo un periodo, forse, propizio a uno scambio di tal genere: l'età dell'oro del- le figurine, quando le persone superavano convenienze e ritegni, familiarizzavano di colpo, discutevano, facevano guerra e pa- ce in un minuto. Ma óra come ora, non resta che tenersi il portachiavi o il piccolo Stan, secco come un- chiodo. All'angolo della strada — miracolo! — attaccati in lunghe fila su un fondo di carta rosa, i dimenticati galletti di pan dolce. Possibile che in città sussistano an- cora? Possibilissimo, ecco un bimbette che ne porta uno al collo, ciondolante, legato collo spago; lo sorveglia e, a buon conto, lo regge con la manina. Di colpo vi ritorna davanti agli occhi il profilo della Pasqua, quello Vero: il gal- letto uscito dal disegno di una ceramica rustica •— apparteneva alia casa paterna, fra mille cianfrusaglie disperse dal « 900 » — quello della cigolatile banderuola della chiesina di campagna, dove da ragazzi avete festeggiato una Pasqua di tant'anni fa: corse nei frutteti fioriti, rincorsi dal suono delle campane, sapore delle schiac- ciate casalinghe, non ben lievitate, ma genuine e senza l'acuto profumo dell'ac- qua di rose; quello della oleografia della bottega di « Pane e Vino », di un paeset- to dove avete sostato — quando'? — con animo sereno e occhi limpidi, attenti ai miracoli della campagna, il gallo dipinto sopra la botte: « quando questo gallo canterà » credenza si f arà »; il gallo, si- gnore del pollaio, di quando avevate quat- tro anni, che vi intimidiva un poco, col suo passo solenne e una certa aria feroce; quello di ferro, in testa alla croce, ai cui bracci orizzontali erano fermati il mar- tello, le tenaglie, la scala piccola come un simbolo araldico, e sotto, incrociati a V , la lancia e la spugna col fiele. Ave- vate allora dieci anni e seguivate, passo passo, le « stazioni » della Via Crucis, al tremulo lume dei ceri, in una chiesuola, piccola come una stanziti Ma allora non avevate fretta, né tanti desideri come og- gi . , Per un galletto di pane avete riper- corso la vostra vita, avete trovato un punto di ritorno dei vostri pensieri e dei vostri sentimenti. Avete la tentazione di comprarne uno per voi, ma non potrete appendervelo al collo, e, incartato, non avrebbe più senso. Se lo regalaste al vo- stro bambino, vi guarderebbe cogli occhi delusi, e colla voglia di piangere. Per voi andrebbe benissimo, ma per lui, ecco quello che ci vuole: l'uovo sormontato dalla testa di Oliviero Hardy, foderato di carta dipinta a foggia eli vestito, o, me- glio ancora, l'uovo che riproduce, uno dei sette nani di Biancaneve, 0 Paperino col costume alla marinara che trascina il car- retto eli legno giallo, con l'uovo dentro. Perchè i bimbi fan tanta festa all'umo- rismo americano? E fra loro e voi, sentite che qualcosa s'è messo in meZZo, che v'allontana. Neri si sa da che parte sia il torto. Ma la Pasqua si è modernizzata, o, se vi piace eli più, novecentizzata. Forse dovrete lamentarvene? No; ma a voler cogliere il valore umano della fe- sta, non avete potuto fare a meno di tor- nare addietro, nel tempo, per un mo- mento, almeno; tornare addietro : non per rimpiangere ma per sentire la pie- nezza di un giorno che nella sua stessei essenza vi riconduce alle primizie della vita. Non è questo il simbolo dell'uovo, da cui si dischiude la vita nuova? non è questo il simbolo del canto del gallo che sveglia l'umanità dal sonno di una vita precedente al chiarore della luce dealbata? E l e o n o r a ( U h i P u r a

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