LA CUCINA ITALIANA 1940
tate sensibilmente il calore perchè la pasta possa colorire. Quanto ai BECCACCINI ecco due maniere di prepararli un po' complicate, ma entrambe squisite. Per tutt'e due dovrete prima disossare i bec- caccini, lasciando loro solo gli ossetti delle cosce col troncone delle zampine e poi riempirli con della FARCIA ROSOLATA preparata il giorno innanzi nel modo seguente: fate soffriggere in padella con un pezzetto di burro 200 grammi di lar- done tagliato a dadini. Appena il lardo comincia a imbiondirsi, toglietelo con la schiumarola e fate rosolare a fuoco vivo nel grasso liquefatto, rimasto in padella, 300 grammi di carne magra di vitello, tagliata anch'essa a dadini. Mi- schiatevi, quindi, per una repentina e superficiale rosolatura, 250 grammi di fegato di vitella di latte, sempre a da- dini. Ciò fatto, rimettete nella padella i dadini di grasso già rosolati, aggiungete un trito finissimo di cipolla (mezza ci- polla) che avrete prima fatto imbiondire leggermente con un po' di burro in un tegamino. Mescolate bene tutto, poi ag- giungete 10 grammi di sale, pepe in pol- vere, una foglia di alloro, un dito di marsala o un poco di cognac, e fate bollire, piano piano, a padella coperta, per pochi minuti. Rovesciate il contenu. to della padella in un colino, fate sgoc- ciolare il grasso in una scodella, e, tolta la foglia d'alloro, pestate carne, fegato e lardo nel mortaio, bagnando via via con un po' del grasso sgocciolato nella scodella, fino a che non avrete ottenuto una poltiglia soda che passerete da uno staccio adatto. Insieme col resto potrete pestare, se credete, un tartufino nero, che darà alla farcia finezza e profumo. Farciti, dunque, i beccaccini, cuciteli per racchiudere il ripieno, circondateli, uno per uno, con una strisciolina di car- ta bianca, e accomodateli in una teglia, unta di burro, bene accosti l'uno al- l'altro. Stendete su ciascuno di essi una fetta di lardo, salate, e bagnate con un poco di estratto di carne sciolto nel- l'acqua. Dopo averli portati a fuoco diretto al- l'ebollizione, mettete la teglia in forno e tenetecela un quarto d'ora. Ritiratela quindi, togliete le striscioline di carta, fate restringere sul fornello il liquido della cozione: disponete a corona i bec- caccini in una legumiera, o in "in piatto rotondo, concavo, attorno a un muc- chio di finanziera. A voi, cuoca esperta, non starò a de- scrivere la finanziera; quella ricca pie- tanza che riunisce in un succulento in- tingolo tanti elementi diversi. Ma se a qualche abbonata premesse avere ampie indicazioni in proposito, appagherò nel fascicolo prossimo il suo desiderio. Coi beccaccini preparati nell'identico modo, potrete fare una eccellente galan. tina. Ed ecco come. Dopo averli farciti, cercate di ricomporne un poco la forma; poi avvolgeteli, uno ad uno, in un qua- dratino di tela, metteteli in una casse- ruola con del brodo buono e qualche aroma di cucina, e fateli bollire piano piano, per una ventina di minuti. Dopo i quali, ritirate la teglia dal fuoco, e, senza togliere i beccaccini, fatevi scio- gliere tre o quattro fogli di gelatina (col- la di pesce). Aggiungete un bicchierino di marsala e lasciate freddare la prepa- razione. L'indomani togliete i beccac- cini dalla casseruola dove il brodo si sarà rappreso. Fatelo liquefare, passatelo da un colino fitto, lasciatelo freddare di nuovo e mettetelo in ghiaccio perchè torni ad assodarsi. Con questa gelatina, trita o a pezzetti, guarnite i beccaccini, dopo averli dispo- sti sul piatto di servizio! • MASSAIA NELL'IMBARAZZO - Par- ma — Per chi fa uso di pesce conge- lato — e Ormai sono ben pochi quelli che non ammettono alla loro tavola que- to sano ed economico alimento — è Sempre l 'aragosta Il nostro valoroso collaboratore e in- signe Maestro, Cav. Pèttini, ci scrive: « Ho letto nell'ultimo numero della Cucina lo spiritoso articoletto del Di- rettore in difesa di Frida, a proposito dell'aragosta. Consentitemi di dire una parola, anche perchè... non dispiacerà a Frida se dichiaro che anch'io cuocio l'aragosta a quel modo. Mi dispiace per l'abbonata sensibile che ha protestato : ma tutti i crostacei debbono esser messi a cuocere mentre sono ancor vivi: è l'u- nica garanzia che si può avere della loro freschezza. I crostacei, infatti, pochi istanti dopo la loro moite si svuotano del loro contenuto e, specie se la tem- peratura ambiente è calda (cosa che è frequente nelle cucine, anche se non si è d'estate) imputridiscono e divengono immangiabili. In Inghilterra le aragoste si tagliavano vive in tanti pezzi, sezionandole fra un nodo e l'altro, e quindi si cuocevano con liquori, etc. Era impressionante vedere questi tacchetti di aragosta agitarsi per almeno dieci minuti o un quarto d'ora: se si toccavano con la punta di un col- tello le polpe sezionate si raggrinzavano, si ritiravano come se soffrissero. Una società zoofila inglese prese l'iniziativa di protestare : alla protesta si unirono le altre associazioni similari: e fu de- ciso che prima le aragoste sarebbero state uccise - nell'acqua bollente, e poi si sa- rebbero tagliate a tocchetti. In sostanza, con buona pace dell'abbonata aragosto- fila, la morte suggerita dalla nostra Fri- da, da me, e da tutti i libri di cucinaria, rappresenta, in confronto dei metodi in- glesi antichi, un bel progresso. E sicco- me poi non c'è altro metodo... Cordiali saluti. Amedeo Pettini 1 buona regola comprarlo oggi per do- mani, affinchè al momento di cuocerlo sia ben decongelato. Quando lessate un dentice, fategli pri- ma staccare il bollore nell'acqua sem- plice, poi tiratelo su col piano forato della pesciaiola, buttate via d'acqua e sostituitela con altra salata, lievemente acidulata e bollentissima, che avrete te- nuta pronta per quest'uso, e nella quale avrete fatto bollire qualche odore di cucina. Non sto a dirvi quanto guada- gnerà in sapore il dentice lessato con questo sistema. Un buon fritto di pesce a taglio (con. gelato) potrete prepararlo nel modo se- guente : Dopo aver fatto decongelare il pezzo di pesce acquistato, tagliatelo a fette non troppo alte, mettete le fette in una mari- nata d'olio, sale, pepe, succo di limone, prezzemolo tritato, e tenetecele per un'ora buona. Dopo la quale, asciuga- tele in un panno, infarinatele, indoratele e friggetele a color d'oro in olio abbon- dante e bollente. Se vi aggrada, potrete invece passare le fette, senza indorarle, nel pangrattato e farle rosolare nell'olio, in una teglia. Servite in ambedue i casi con spicchi di limone. Vi confesso francamente che la ricetta di quel budino di pesce a base di pappa col latte non mi fanatizza. Ho l'idea che il composto debba riuscire troppo « mo- scio ».-. Ma può essere che m'inganni. Nessuno v'impedisce di preparare il budino coi resti di un dentice (conge- lato) arrosto. Giacché siete in via d'espe- rienze, mettete in pratica la ricetta di un altro budino che m'ispira maggior fi. ducia di quello da voi descrittomi. Supponiamo che possiate disporre di 250 grammi di polpa di pesce arrosto o lesso, ripulita dalla pelle e dalle li- sche. Con 250 grammi di riso e un bat- tutimi di cipolla crogiolata — non co- lorita -— nel burro; fate un risonino poco cotto o come sul dirsi al dente. Lasciate un po' freddare il risotto, quindi conditelo con abbondante for- maggio grattato, intridetevi due o tre rossi d'uovo e travasatelo in un vassoio. Quando è freddo del tutto, imburrate un,, stampo liscio (o una casseruolina) e fa- tevi una bella camicia di pangrattato. Formate quindi sul fondo uno strato di risotto non troppo spesso, e su quello un altro di polpa di pesce, tagliata a pezzettini. E così, alternando gli strati di risotto e di pesce, riempite lo stampo, regolandovi in modo che l'ultimo strato sia di riso. Copritelo di pangrattato, spargetevi sopra del burro liquefatto, quindi fate cuocere per mezz'ora in for- no a calore non troppo forte. In genere questo budino si serve con una besciamella pittosto scorrevole; ma riuscirà più gustoso se con la bescia- mella si mischierà una manciata di prez- zemolo tritato fine e del succo di li- 112
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