LA CUCINA ITALIANA 1940

14 C M MC I D IE MEBICTT già pronta la seguente salsa di legumi: si mettono a soffriggere in una padella con abbondante olio due cipolle e due peperoni verdi, tutto trinciato finissimo, avendo cura di tener sempre la padella coperta; appena cominciano a rosolare si aggiungono 3 o 4 pomodori pelati a pezzetti, due o tre melanzane, oppure tre o quattro zucchine piuttosto grosse, tutto tagliato minutamente. Si sarà ri- mestato bene il tutto, salando a piacere e terminando la cottura a padella co- perta. Tenere pronto un poco di acqua o di brodo, per bagnare il composto, che deve risultare a fine cottura un poco spesso. Questa salsa, una volta preparata, si pone nella casseruola con il baccalà per altri dieci minuti di cottura, dopo di che si serve il tutto. Risotto con gamberelli (Arroz con lagostines) Si mettono tre o quattro dozzine di gamberelli a bollire in una casseruola con acqua e un poco di sale: appena í gamberelli sono cotti si scolano, lascian. do il brodo da parte. Si spogliano e si rimettono al fuoco moderato in una cas- seruola, ove saranno state rosolate due cipolline trinciate finissime con quattro o cinque cucchiaiate di olio. Quando lutto sarà al punto giusto, si aggiungono due o tre pomodori pelati ben trinciati e, dopo pochi minuti, una salsetta pre- parata in un mortaio con uno spicchio di aglio, qualche grano di sale, mezzo cuc- chiaino di zafferano in polvere, discio- gliendo la salsa con mezzo bicchiere di vino bianco generoso. Si lascia cuocere finché si restringa un po' la salsa, dopo di che vi si versa il brodo dei gamberelli con 3 o 4 etti di piselli e una foglia di lauro. A metà cottura dei piselli si unisce il riso e nel versare sul vassoio il riso, si spolvera superficialmente di un poco di prezzemolo trinciato finissimo. Fava alla Catalana (Havas a la Catalana) In una casseruola possibilmente di ter- racotta si fa un soffritto con abbastanza cipolla, olio e pezzetti di guanciale, met- tendo poi nel fondo quattro o cinque foglie di lattuga tagliata in due pezzi ciascuna, e un po' di fave fresche già pronte e pulite che si spolverizzano con un poco di pepe, aggiungendo un cuc- chiaino di conserva di pomodoro. Poi due foglie di lattuga divise a metà e le fave restanti: in ultimo si copre il tutto con altre due foglie di lattuga e qual- che rametto di menta, pepe, sale, e qual- che cucchiaiata di olio. Si copre la cas- seruola mettendo sotto al coperchio qualche foglio di carta piegata in dop- pio, perchè resti aderente, e al di sopra un qualche peso, e si fa cuocere al fuoco moderato. Ogni 30 minuti si può dare una rimestata con una cucchiaiata di legno. A fine cottura queste fave riescono molto bene stufate e saporose. E. BENEDETTI JI praonz die lattaint — Il pranzo dei lattanti?! Oh bella! Ma il latte! Lo dice il nome stesso! — mi sembra di sentir rispondere da tutte voi in coro, lettrici mie. E, a rigor di termini, potreste aver anche ragione. Infatti se un lattante siede a tavola per pranzare, il che vuol dire per nutrirsi di cibi eterogenei, non è più un lattante, ma un vero e proprio omino in minia- tura a cui non rimarrà che chiedere, magari, con sussiego, al termine del pa- sto, anche un buon caffè e un giornale fresco per leggervi sopra le «ul t ime» notizie della guerra... Ma, tralasciando gli scherzi, e parlando invece sul serio d'una cosa così importante e sacra come sono i vostri cari bamboccettì, lettrici mie, è il caso di dire che, anche per i piccoli, i tempi cambiano e, con questi, le abi- dini; e, ancor più, le esigenze vitali. Una volta si riteneva, non solo dai pro- fani, ma anche dai medici, che, dalla nascita sino all'ottavo, nono, decimo me- se di vita e anche molto più in là il bambino non dovesse nutrirsi che di solo latte materno, rappresentando questo per lui l'alimento più prezioso e com- pleto sino all'epoca del divezzamento. Che, in generale, coincide va, per - con- suetudine, collo spuntare, nel lattante, dei due primi incisivi inferiori. Allora, quella che noi medici d'oggi chiamiamo col nomaccio astruso di chi- mica biologica, era ancor bambina come i vostri bamboccetti, lettrici; e, del lat- te materno, non si era riusciti che a de- terminare piuttosto grossolanamente la composizione ; e si chiamava un « buon latte», quello che dava affidamento di contenere in giuste proporzioni le al- bumine, lo zucchero (lattosio), i sali mi- nerali e il grasso. Ma le vitamine? Non si conoscevano ancora e si ignorava tut- tavia che senza la loro presenza nel latte, e senza la loro azione indispensabile, se bene ancor oggi un po' misteriosa, anche il buon latte dei nostri antichi non ser- viva affatto ad una completa assimila- zione, non diveniva, cioè, costruttivo, per così dire, come occorre invece per- chè il bambino cresca e si sviluppi sano e robusto, specie per quello che riguar- di la ossificazione del suo piccolo sche- letro. Or bene, quella terribile malat- tia dell'infanzia che fu chiamata « rachi. t ide» e di cui si ignorarono per molto tempo le vere cause, è stata dimostrata, in più recenti studi, come dovuta ad una deficienza di vitamine nel latte, così come è stato parimenti dimostrato che, in genere, il latte, dopo il quinto mese di allevamento materno si impo- verisce, fra l'altro, anche di vitamine e diviene quindi insufficiente alla alimen- tazione del bambino. Le così dette fa- rine lattee di cui si fece e si fa ancora uso, ed abuso, utili da un certo lato ven. gono però condotte ad uno stato di in- sufficienza quasi completa dalla neces- sità di una cottura che distrugge, se non sempre tutte, spesso la maggior parte delle vitamine. Ecco perchè la più mo- derna scienza di curare i bambini e di farli crescere sani e robusti, la pediatria così detta, ha pensato che anche ai lat- tanti, dal quinto all'ottavo mese, biso- gnava somministrare giornalmente un piccolo... pranzetto vegetariano sussidia- rio. Ed ecco dunque il lattante nove- cento seduto bellamente a tavola ! A mangiar che? Non turatevi le orecchie, lettrici mie, dallo spavento, quando ve lo dirò ! Si, a tavola, e a mangiar carote, spinaci e pomodori... crudi! Si, crudi, o quasi, e perciò ancor straricchi di buo- ne vitamine! — Ma è dunque possibile?! — mi chiederete timidamente. Si. Tutto sembra ormai possibile a questi buoni maghi della « pediatria » moderna. Persino di ridurre in una polvere impalpabile, digeribilissima, ve- getali freschi e crudi senza alterarne la freschezza, conservando loro (oltre ai poteri nutritivi, in albumine, ferro, man- ganese, ecc.) inalterate le vitamine indi- spensabili ai bambini : A, Bl, B2, C e D. Ecco dunque un ottimo pranzo per lat- tanti. I quali potranno ancora chiamarsi in certo modo logicamente lattanti per- chè nessuno proibirà loro (anzi saranno invitati a farlo due volte al giorno al- meno) di dissetarsi ancora ampiamente a quella divina tepida polla di Vita che è la mammella materna... E per tutto il resto: spinaci (come il Braccio di Ferro dei cartoni animati) pomodori e carote crude, in... polvere, ossia in farina. Na- turalmente però questa farina non deve essere portata alla ebollizione che per un solo istante, prima di usarla. Altri- menti si tornerebbe daccapo con la di- struzione delle vitamine indispensabili... E allora, addio pranzo! Dott. TIOLI tNOSSIDABIlf € ® i . iJ Hi BI . 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