LA CUCINA ITALIANA 1940
I Balcani sono adesso quasi all'ordine del giorno. Si parla di visite di perso- naggi a personaggi, di cessione di terri- tori, di rivendicazioni nazionali, e la massa immagina montagne boscose, ca- prai, e ufficialità in uniformi variopinte come i principi delle operette. Per le massaie, poi, i Balcani sono addirittura la Patagonia: misericordia chissà che specie di intrugli immangiabili da quelle parti, e non si chiede di più. La cosa non è però del tutto esatta. Bisogna ammet- tere che vi sono alcune pietanze assolu- tamente inaccettabili per i nostri stomaci latini — molto meno di quanto non si creda — ma ve ne sono pure delle altre non prive anche per noi di una certa gustosità. Il «Ciorbà» Lasciamo, per il momento, i dolci, ul- trazuccherini, e prendiamo delle pie- tanze pratiche, sostanziose, che servono spesso da primo e da secondo piatto: pie- tanze da tempo di guerra. Il Ciorbà, il Sarnì, il Mussakà e il Turlughivec. Il Ciorbà è quasi la zuppa nazionale bul- gara, tanto è vero che in bulgaro il ca- poccia vien comunemente chiamato cior- badgià: colui, cioè, che amministra e di- stribuisce il ciorbà. Per una dose di sei persone occorrono all'incirca trecento- cinquanta grammi di fagioli secchi che si devono mettere a cuocere in una pen- tola di terracotta senza sale, con molta acqua e due peperoncini rossi. La cottu- ra è lunga : da un'ora a un'ora e mezza. Al termine di questa si aggiunge il sale, del pepe (preferibilmente rosso) e del su- go di pomodoro quanto basta per con- dire. A parte, poi, si soffrigge una testa di cipolla tagliata a pezzettini con olio e paprika e, appena soffritta, si aggiunge ai fagioli. Il tutto si fa cuocere ancora un ¡po', con prezzemolo e menta e, per quanto possano fare impressione questi classici rinforzi di pepe rosso e di cipol- la, il Ciorbà è pronto anche per i nostri palati, saporosissimo. Il «Sarnì» II Sarnì è più pranzo da giorni di grasso. Si mangia in Bulgaria, in Serbia, nella Grecia settentrionale e, con va- rianti, fin nel Caucaso. Sempre per una dose di sei persone occorre un mezzo chilo di carne macinata, un bicchiere da vino pieno di riso (100 grammi all'in- II «Mussakà» Il Mussakà ha come ingredienti della sua composizione la stessa pasta di carne, riso, ecc., del Sarnì e, inoltre, un sei o sette grosse melanzane tagliate a fette, infarinate e fritte (sempre per una dose di sei persone). In un tegame tondo le melanzane formano un primo strato, poi la carne un secondo strato, poi di nuovo le melanzane, poi ancora la carne, poi le melanzane nuovamente a coprire il tutto per ultime. Si aggiunge a questa specie di parmigiana del sugo di pomodoro, un po' di acqua, una spolveratura di farina e si mette a cuocere nel forno. E' un'ot- tima pietanza che riscuote gran successo anche fra gli europei ed è diffusissima in Serbia, Bulgaria, Turchia e Grecia. Il «Turlughivec» Il Turlughivec, piatto anche bulgaro e turco-europeo, richiede per una dose di sei persone un chilo di carne di montone grasso, o di altra carne grassa, con un po' di osso, e quanto basta di cipolla, po- modoro, sale e pepe da mettere ad arro- stire nel forno in un recipiente di terra- cotta. A parte poi si tagliuzzano tre gros- se melanzane, tre o quattro zucchini, dei pomodorini e dei peperoncini verdi, delle patate, trecento grammi circa di fagiolini, si mischia tutto con un cuc- chiaio di farina, sale e pepe e, quando la carne comincia a rosolare, si aggiunge a questa il misto di verdura con acqua, burro e sugo di pomodoro. La pietanza così resta a cuocere lentamente nel f<vr- no per un'ora. Prima di toglierla dal fuoco molti vi aggiungono due uova battute con limone. E anche il Turlughi- vec è pronto. Cibo complesso sembra a noi e un po' troppo sensoso, ma, per ri- farsi alla mentalità dei popoli è bene an- che conoscere i bisogni e i gusti dei loro stomaci. Bisogni e gusti che alla prova, specialmente per queste pietanze, non risultano poi, come si crederebbe, riprovevoli. CLARA FALCONE sarnì di foglie di vite trionfa. A volerlo fare meno classico, e anche a seconda delle stagioni, i balcanici sostituiscono alle foglie di vite le foglie di cavolo o addirittura dei pomodori, dei peperoni o delle melanzane. circa) e tutto il classico accompagnamen- to di sale, pepe, cipolla tritata, spezie, quanto basta. A parte si mettono delle grandi foglie di vite in acqua calda per ammorbidirle. Prima di ogni altra cosa, intanto, la cipolla, a pezzetti, viene sof- fritta con olio e vi viene aggiunto poi il riso — crudo — la carne, gli odori, e il tutto viene impastato nel mentre che si soffrigge. Ultima è l'aggiunta di sugo di pomodoro. La pasta così preparata viene posta nelle foglie di vite, tolte dall'acqua e racchiusa in esse. Questi in- volti si mettono a cuocere a fuoco lento in una casseruola piatta, coperta, piena per due terzi di acqua tiepida. Nel sugo, in ultimo, i più raffinati sogliono anche ag- giungere due uova battute con limone, ma, anche senza di queste, il classico Costume tipico di una massaia dei Balcani 231
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