LA CUCINA ITALIANA 1940
M entre ogni anima italiana si volge al Dio della musica ottocentesca par- ticolarmente rievocata in questo perio- do, sarà gradito alle lettrici della no- stra Rivista apprendere qualche par- ticolare intimo della vita del Grande, il quale pur navigando in un mare perenne di armonie seppe apprezzare da sovrano le gioie della buona tavola. L'ospitalità in casa di Verdi era profondamente intesa. Giuseppina si incaricava di fare inviti e di accoglie- re gli amici con la fine disinvoltura e signorilità che costituivano la parte più brillante del suo patrimonio spi- rituale. Il Maestro, che conosceva il tatto squisito della sua donna, affidava completamente a lei il compito delica- tissimo, sicuro sempre di ottenere più di quel che avrebbe sperato e desi- derato. La cantina della villa di Sant'Agata era fornitissima: vini spumanti e l'ottimo Chianti non mancavano mai. Durante i suoi pellegrinaggi artistici, il Verdi, so- stando nei luoghi dove si producevano vini speciali e famosi, si faceva sempre spedire qualche cassa di bottiglie. La cucina di Sant'Agata era attrez- zata e fornita alla perfezione. Verdi era un fine intenditore di vivande e non ammetteva negligenza alcuna nel- l'arte cucinaria. Tutto doveva essere con scrupolo scelto ed altrettanto beile eseguito. Giuseppina, la fedele ed amo- rosissima moglie del Maestro, diceva briosamente : « La buona cucina non gli dispiace come la corretta eleganza del servizio » ; perchè il Verdi teneva molto anche alla eleganza della tavo- la. Porcellane fini, posatene pregiate cristalli delicatissimi e signorilità nel- la disposizione. L'artista si rivelava in tutti gli atti della vita; nulla doveva turbare ed offendere la sua natura es- senzialmente armonica. Egli, anche nel la intimità famigliare, non dimentica- va mai di mutare abito per il pranzo ed una volta rimproverò il nipote che si era seduto a tavola indossando la giacchetta bianca. Diceva che un cuoco deve essere pa- drone della sua arte. Non ammetteva mezze misure o lacune in tali mansio- ni delicate, ed una volta così scrisse all'amico Ferrarin : « Sappimi dire se a Reggio si potrà trovare un bravo cuo- co. Bada che io non voglio uno che sappia fare bene solo tre <; <j: ittro piatti casalinghi; ma "••"'ilin iuta- mente un cuoco che sia •.•> vero ciuco. Pagalo quel che vuole, ma ripeti che sia cuoco ». Non solo Verdi apprezzò l'ottima cu- cina, ma delle sue regole divenne pa- drone dando perfino consigli circa la preparazione di alcuni piatti. Se anche il Genio dalle sue sfere di luce sa di- scendere per lasciarsi avvolgere dai caldi ed aromatici vapori che si spri- gionano dalle pentole, vuol dire che l'Arte della cucina, di cui è sovrana la donna, è una tra le più nobili e ricercate. . Leggendo alcune lettere di Verdi, di- rette all'amico Opprandino apprendia- mo com'egli insegna la maniera di cu- • • intimo cinare la « spalletta » e di preparare il torrone con le mandorle. Per quanto Giuseppina Strepponi axesse trascorso i primi anni della sua giovinezza sulle scene e quindi non occupandosi affatto di domestica eco- nomia, una volta divenuta la signora Verdi, le doti essenziali per una mas- saia si rivelarono in lei perfezionan- dosi col volger del tempo. Ella diri- geva con prudente oculatezza' i suoi servitori, ed alla fine di ciascuna set- timana la cameriera doveva render con- to della biancheria, il cuoco delle provviste, e tutti gli altri con il mede- simo rigido controllo venivano pas- sati in rassegna. Verdi era regolaris- simo e non transigeva in fatto di am- ministrazione; la sua sposa, seguendo quell'esempio, divenne un raro esem- plare di saggezza. La signora Verdi non aveva certo un debole spiccato per i cuochi : ella preferiva una cuciniera perchè trova- va le donne meno sciupone, pigre ed esigenti degli uomini; ma nonostante questa sua ripugnanza dovette invece servirsi di cuochi. Ella spesso si diver- tiva a raccontare particolari piccanti, ed a proposito di un cuoco 1 destò la più spontanea ilarità tratteggiandone il ritratto vivo ed argutissimo. Questo ti t jo originale ed orgoglioso quando era ingolfato nell'esercizio delle sue fun- zioni non vedeva alcuno e non tolle- rava osservazioni assumendo atteggia- menti addirittura grandiosi. La signo- ra Verdi in una delle sue quotidiane visite in cucina una volta non fu sa- La nostra gentile abbonata, signorina Tilde Baraschi, di Castelletto di Reno, ha sposato il 18 settembre l'egregio sig. dott. Giuseppe Cavagnis di Sarezzo. Alla coppia felice tutti gli auguri. lutata dall'importante uomo in berret- ta bianca. Ripreso immediatamente e con energia egli disse convinto e con comica serietà che « un ufficiale in ser- vizio non è obbligato al saluto ». Le sagge donnine alle quali sta a cuore soprattutto la pace del focolare domestico, sanno benissimo come mol- ti crucci del loro sposo si plachino e dissolvano di fronte ad un pranzetto gustoso. Anche la signora Verdi cono- sceva tale segreto, ed infatti all'epoca del loro viaggio in Russia, prevedendo i periodi di pessimo umore in cui si sarebbe tormentato il suo Verdi per i disagi ed il rigore del clima diceva: « Ci vorranno tagliatelle o maccheroni ben perfetti per renderlo di buon umo- re in mezzo al ghiaccio ». . Per quanto la semplicità predomini ormai nell'epoca nostra ed ogni donna tenda a seguire quella sana e vigorosa corrente che volge al lavoro tutte le nostre energie nobilitando ogni aspet- to dell'attività umana, pure accade an- cor di notare come qualche fanciulla un po' riottosa abbia ripugnanza di fa- re personalmente le sue compere e non ami portare pacchi o involti. Verdi, benché vissuto nell'ottocento, non fu del medesimo parere. Infatti egli si divertiva nel fare ac- quisti, ed a Genova si recava spesso a comperare insalata fresca e pesce i cui involti, caricati dietro le spalle, por- tava da sè stesso in casa. Una volta un pescivendolo lo rico- nobbe e per farsi notare dal Maestro gli disse ch'egli nell'opera l'Aida rap- presentava la parte del Re. Verdi do- po averlo un po' fissato, con quella sot- tile punta di arguzia che gli era abi- tuale, esclamò: «Scommetto che gua- dagnerete di più con questa cesta che con quella corona ». Per quanto in cerca di cuochi provet- ti ed amante della più assoluta signo- rilità, una volta Verdi fu costretto a discendere dal suo trono per disimpe- gnare umilmente e faticosamente le sue abilità cucinarie. Egli, Giuseppina e l'amico Montuo- ro organizzarono una gita a Voltri a patto che il Montuoro avrebbe cucinato i maccheroni alla napoletana nella cui preparazione era davvero maestro. Per tema che nel paesello (allora!) non ci fosse stato da mangiare bene, i due amici a Genova si provvidero di formaggio, burro fresco, conserva di pomodoro e maccheroni il cui grosso involto fu af- fidato al Montuoro. Giunti a Voltri vi- sitarono parecchie trattorie ma in nes- suna fu trovato nulla di pronto. E men- tre il Montuoro preparava la salsa, Verdi cominciò ad armeggiare intorno ad un fornello per accendere il fuoco. Così tra conversazioni argute, soste di tormento in cui il Genio di Verdi esprimeva le note più appassionate, periodi di pace patriarcale nella villa solitaria, delirio di folle trascinate dal- la musica insuperabile, si svolse la vita di Colui che doveva all'ottocento dare la fulgida impronta che brillerà eterna nei secoli. ELISA ARMENI 234
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