LA CUCINA ITALIANA 1940

Le nostre amiche abbonate che mi avevano chiesto ricette di dolci abbiano la bontà di pazientare. I l razionamento dello zucchero, provvedimento necessa- rio ed a cui tutte le donne italiane deb- bono portare il contributo della loro in- gegnosità e della loro parsimonia, non consiglia davvero in questo momento di sperperare il prezioso alimento nella preparazione di tante ghiottonerie so- stanzialmente inutili. Credo che sia più necessario, in questo periodo, occuparci di cose più pratiche, più attinenti alle nostre necessità quotidiane. In linea ge- nerale, le lettrici sappiano che, se lo zucchero è contingentato, esse possono sostituirlo benissimo col-miele. In tutte le paste - montate, al lievito, frol le - il miele può sostituire lo zucchero pressoché con lo stesso risultato. Si può anzi asserire che le paste al miele riescono più gentili e morbide di quelle fatte con lo zuc- chero. I l miele, però, deve essere usato in maggior quantità dello zucchero. Se in una ricetta la dose dello zucchero è cinquanta grammi, adoperarne sessanta di miele. A l tempo della grande guerra cuochi insigni, a corto di zucchero, pre- pararono per le tavole principesche dolci al miele magnifici senza che i commen- sali notassero la sostituzione o se ne la- lagnassero. Volendo fare una pasta « bi- scotto » (pasta di fondo) col miele, atte- nersi alle dosi seguenti: miele 200 gr., 6 uova, farina 200 gr. Procedimento: Sbattere col battiuova i sei rossi col miele; unirvi, prima le chiare montate a neve, poi la farina. Cuocere in stampo imburrato. Eccovi, intanto, la ricetta di un dolce casalingo a base di miele che, sotto no- mi diversi e con qualche piccola varian- te, è noto in molte regioni d'Italia. Struttoli alla napoletana Disponete a corona sulla spianatoia cinquanta grammi di farina stacciata, mettere nel vuoto centrale otto uova in- tere più due rossi : un cucchiaino di zuc- chero, settanta grammi di strutto, un po' di scorza di limone grattata. Fatto e la- vorato il pastone, spianarlo per ottenere una sfoglia piuttosto spessa (una macchi- netta impastatrice-spianatrice, producen- do delle lunghe striscie di pasta regolari ed unite, faciliterebbe notevolmente l 'o- pera). Tagliate quindi nella sfoglia delle striscette grosse come maccheroni; sud- dividetele in tanti pezzettini di uguale grandezza. Friggete a color d'oro questi mostacciolini nello strutto, mettendone pochi per volta nella padella. Portate sul fuoco una casseruola con 250 grammi di miele e, quando il miele si è liquefatto, gettatevi prima la cor- teccia di due o tre aranci grattata, poi gli struffoli fritti, aggiungendo settanta- cinque grammi di scorza di cedro e set- tantacinque grammi di scorza d'arancio candita tagliata a quadratini minutissimi. L" A.B.C. 77 Smuovete dolcemente col mestolo gli struffoli per far loro incorporare il miele, senza sciuparli. Quando l'hanno tutto as- sorbito, rovesciateli sul piatto di servi- zio e, con le mani appena bagnate di acqua, riuniteli a cupoletta in mezzo al piatto. Gli struffoli si mangiano freddi. • G. C. TOLLEGNO — Dunque grazie alla nostra rivista siete diventata una cu- ciniera abbastanza valente... Se sapeste come ci fannó piacere le notizie di que- sto genere! Specie quando ci arrivano con una letterina come la vpstra! Cominciando dal Direttore, vi siamo tanto grati delle cose gentili che ci avete scritte per la « Cucina » e per ciascuno di noi in particolare. Filetti d'aringa E. D. P. - Firenze — Un'aringa di buo- na qualità che non ha « preso il secco » , non è quel cibo volgare che tu sembri credere. Tutto sta nel saperla presentare. Se la massaia la mette in tavola tale e quale come l'ha presa dal salumaio, la svaluta involontariamente. Togl ierle la testa e i l buzzo in presenza di quelli che debbono mangiarla, è cosa antipa- tica. L'odore acuto (chiamiamolo addi- rittura pnz i oj che si scioglie dall'aringa durante questa operazione, empie l o sto- maco ai commensali e li nausea. Presen- tandone invece i filetti ripuliti, dalla pel- le e conditi, l'aringa riesce — salvo suggestioni ed idiosincrasie — accetta. Un po' d'illusione ci vuole. Qnando compri le aringhe, togli loro immediatamente i filetti e mettili sotto olio. E' una faccenda svelta. Tagliata la testa all'aringa, portale via la pelle che si sfila come Un guanto. Con un coltellino bene affilato falle un'inci- sione lungo i l dorso e stacca i due fi- letti dalle pinne dorsali. Se l'aringa è piccola, lascia i filetti interi : se è grossa, dividili in due. Dopo averne ricomposti con le mani i contorni, metti i filetti in una terrina con le uova od il latte delle aringhe e ricoprili d'olio, procurando che vi restino ben sommersi. Questo ba- gno nell'olio che può protrarsi senza danno per qualche giorno, serve a libe- rare i filetti del sale soverchio. Col latte e le uova delle aringhe, mi- schiati e lavorati col burro, si preparano delle gustose tartine da servirsi come an- tipasto. Pure come antipasto puoi ser- vire i filetti d'aringa mischiati con un po' di maionese, cetriolini e peperoncini sott'aceto tritati, pepe e una cucchiaiata di mostarda; di quella nei vasetti di vetro. • GIUSEPP INA I. - Palma Campania — La galantina, sia di pollo, sia di vitello o di maiale, consta di tre elementi prin- cipali; cioè, l ' involucro: il mosaico che è formato da un assieme di piccoli dadi di prosciutto, lingua, lardone salato, pet- to di pollo o di filetto — secondo il ca- s o — e di pistacchi e tartufi : e infine la farcia, ossia la carne che, tritata finis- simamente o, meglio pestata nel mortaio e passata per staccio, incorpora il mo- saico e lo cementa. Non mi risulta dav- vero che per insaccare una galantina fine si adoperino pezzi di budella. Per la galantina di pollo l'involucro indispensa- bile è, come tu appunto temevi, il pollo disossato. Per quella di maiale si usa un pezzo di « rete » , ossia di quella membrana che sostiene le viscere del vi- tello. Per la galantina di vitello si ado- pera una larga e sottilissima fetta di carne di vitello, ricavata da un pezzo di petto — sempre di vitello — liberato dall'osso e dalle cartilagini e spianato ed allargato con lo spaccacarne bagnato d'acqua. Di qualunque specie sia, la galantina non deve essere tolta dal suo involucro, Avele dei lavandini da sgorgare? USATE IL Brevetto N. 56476 Senza acido, senza per icolo di inlaccare le tubazioni, di sgorga, deodora, disinfetta lavandini, lavabi, bagni, apparecchi sanitari. Con 3 cucchiai da minestra, introdotti nel l 'ori f izio, versandovi sopra un litro di acqua bollente, otterrete la ripulitura perfetta di qualunque tubazione. 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