LA CUCINA ITALIANA 1940

Per favore, parliamo d'altro 1 Le abbonate che mi avevano chiesto ricette di dolci non si dorranno di non trovarle nell'A. B. C. Esse comprendono certo che in questi tempi di doverose restrizioni è inutile soffermarsi sopra tale argomento, tanto più che di quelli da farsi col miele si occupa, con la sua valentia di grandissimo tecnico, il no- stro Maestro, il cav. uff. Pettini, Capo cuoco di S. M. il Re Imperatore. Prego perciò le amiche della Cucina di aiutar- mi — nell'attesa del ritorno a vita nor- male — ad impiegare lo spazio dell'A. B. C. nella maniera più conforme alle at- tuali necessità di economia familiare e di autarchia nazionale. Medaglioni di aragosta FRANZIKA SCHELL - Torre del Gre- co — Capisco benissimo come, nel gu- stare al ristorante i medaglioni di ara- gosta, abbiate provato il desiderio di sapere come si prepari un piatto così raf- finato ed appariscente. Ed io sono lieta di dirvelo. Si comincia col lessare l'aragosta. Sa- prete certo che per un'aragosta di peso medio occorrono 15 o 20 minuti al mas- simo, di cottura. Meglio se, dopo cotto, il crostaceo raffredda nel suo brodo. Comunque, quando se ne ricavano i me- daglioni, l'aragosta deve esser frédda. Allora si apre, si toglie il budellino terroso che l'attraversa e, cavata la pol- pa dalla coda, si taglia a fettine dello spessore di un centimetro circa. Si prepara quindi una comune salsa maionese, con la quale si mischia, per renderla più densa, della colla di pesce (gelatina), tenuta prima 5 o 6 minuti a rinvenire nell'acqua freda, poi strizzata leggermente e fatta sciogliere in un ba- gnomaria di calore leggèro. Appena sciolta, si passa dallo staccio per essere sicuri che non vi siano dei grumi. Per facilitare l'amalgama, si mischia con la L'"A.B.C.„ DEL maionese quand'è ancora calduccina. In questa salsa che deve riuscire abba- stanza sostenuta, s'immergono una ad una, con l'aiuto di una forchetta, le fet- tine di polpa d'aragosta, posandole poi sul fondo di una tegliettsf. Se la salsa fosse riuscita troppo densa e si stendesse con difficoltà, per ammorbidirla basterà tenerla qualche minuto a bagnomaria, sempre smuovendola con la forchetta. Si tenga presente che sui medaglioni deve formarsi uno strato di salsa denso, ma non eccessivamente. Non esagerare quindi nella dose della colla. Preparati così tutti i medaglioni, met- tere la teglia in un luogo fresco. E in- tanto, con l'aiuto delle forbici e del col- tello, cercare di rendere meno fonda quella specie di cunetta che si è for- mata nella coda vuota dell'aragosta e che deve accogliere i medaglioni: e questo, per impedire che essi vi rimangano sof- focati o nascosti. I cuochi, generalmente, colmano il vuoto con un trito di gelatina (di brodo) che permette ai medaglioni di emergere del tutto dalla cunetta. I medaglioni si possono decorare posando, su ciascuno di essi, una fettina di tar- tufo nero. In ultimo, si lucidano, passan- do sullo strato di salsa un pennellino tuffato nella gelatina un poco disciolta. Ricongiungendo la coda col resto, si ricostruisce l'aragosta che si serve con un contorno di olive, di sott'aceti, di tortelline (tartelette) con uova sode, o di crostini spalmati di gelatina. Vi è chi serve i medaglioni dentro conchiglie, dentro tortelline dì pasta, oppure disposti a corona intorno all'in- salata russa e circondati di ramoscelli di prezzemolo fresco; ciò che dà al piatto una nota elegante di colore. VITTORIA F. B. - La Spezia — La vostra domestica ha ragione. L'aragosta deve arrivare viva in cucina; e viva de- Pgbbl. Aut Pre|. N. 44372 - 27-XVII'» ve essere immersa nell'acqua bollente. Volendo poi cuocere un'aragosta all'ame- ricana, quella povera bestia deve essere sezionata viva. E' una barbarie, lo so. E' qualcosa di orribile, anzi. Ma, agli effetti gastronomici, un'aragosta morta, non ha valore. Anche le cie- che — le avete mai mangiate? — hanno pregio soltanto se, quando si mettono nell 'olio bollente, si divincolano. Quelle morte destano ripugnanza. Se vi capita di dover lessare un'ara- gosta viva, abbiate la precauzione di ri- piegarne la coda, e di legarla al busto con uno spago. Altrimenti correrete il rischio di avere il viso ustionato dall'ac. qua fatta schizzare fuori dalla pentola dai moti convulsi della coda dell'animale. E' del pari esatto, che a certi piatti di pesce si addice un. contorno di riso con- dito col burro. Ma questo riso richiede una preparazione speciale. Scegliere riso che regga la cottura. Cuocerlo, come suol dirsi, al dente, in molta acqua salata: scottarlo, e risciac- quarlo in acqua bollente pulita per to- gliere ai grani la broda collosa che han- no attorno. Mettere sul fondo di una te- glia un tovagliolo, stendervi sopra il ri- so, cuoprirlo con un altro panno e farlo asciugare, tenendolo per qualche minuto in forno tiepido. Raccoglierlo poi in una casseruola, metterci sopra burro in abbondanza, cuoprire la casseruola e passarla in forno di calore moderato. Quando il burro si è liquefatto, togliere il riso dal forno, travasarlo in un'insa- latiera di cristallo, smuoverlo con una forchetta per staccare i grani uno dal- l'altro, e mandarlo in tavola. Come vedete, la preparazione di que- sto contorno è semplicissima. Tuttavia si tratta di una di quelle cosette che, se non sono fatte con attenzione, riescono pasticci veri e propri. Se il riso non è bene sgranato, il contorno non vai nulla. Baccalà gratinato Pulite e lavate del baccalà, piuttosto alto ; diliscatelo, fatelo a pezzi non trop- po piccoli e mettetelo al fuoco con acqua fredda. Appena bolle, levatelo dall'acqua e fatelo sgrondare. Coprite d'olio il fon- do di una pirofila e disponetevi in un solo strato il baccalà, cospargendolo poi di prezzemolo tritato e di pepe in ab- bondanza. Distribuite su di esso una bella manciata di capperi sott'aceto, fi- letti d'acciughe a pezzettini e olive nere sbollentate e private del nocciolo. Co- prite tutto di pan grattato ; lasciatevi ca. dere sopra un filo d'olio e fate cuocere in forno di calore moderato. Quando lo strato di pan grattato ha preso il croc- cante, sformate e servite. 62

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