LA CUCINA ITALIANA 1940

L'«A.B. C.» DELLA CUCINA Tonno fresco Z. S. - La Venturina —- Fate soffriggere con olio a sufficienza e un po' di burro un trito di cipolla e prezzemolo. Bagnate il soffritto con un mezzo bicchiere di vino bianco secco, e, quando il vino si è prosciugato, aggiungete in quantità non eccessiva pomodoro passato o estratto di pomodoro: e lasciate bollire pian piano la salsa a recipiente coperto per un. quarto d'ora. Mettete quindi nella casseruola il tonno che prima avrete te- nuto un'ora buona nell'acqua per fargli spurgare il sangue. Molti consigliano di tenerlo in bagno in acqua acidulata e al- tri di metterlo al fuoco con acqua fred- da e farlo bollire per qualche minuto. Questa sbollentatura toglie al tonno un po' di quel suo odore caratteristico che a molti non piace: ma lo rende friabile. Levato il pezzo di tonno dal bagno — si tenga presente che il tonno da farsi in umido deve essere in un sol pezzo — asciugatelo in un panno e mettetelo in una casseruola a crogiolare nella salsa. Se credete, prima di metterlo nella sal- sa potete farlo rosolare, a parte, nel burro. Badate che nel rosolare non si attacchi: ciò che eviterete se scuoterete via via la casseruola. Quando il tonno è rosolato, copritelo d'acqua, conditelo con sale e pepe e fa- telo cuocere lentamente per circa un'ora. A cottura ultimata, fate restringere la salsa, digrassatela e spargetela sul tonno dopo averlo tagliato a fette. Potrete ser- vire con un contorno di piselli coi quali avrete mischiato, durante la cottura, qualche cucchiaio di salsa del tonno. Prima di cuocere in gratella il tonno — che per questa preparazione deve es- sere a fette — spellatelo e mettetelo in una marinata fatta d'olio, succo di li- mone, un trito di prezzemolo, sale, pepe e, volendo, qualche fettina di cipolla. Dopo due ore togliete le fette di ton- no dalla marinata, passatele nel pane grattato, e mettetele sulla gratella. Ma, prima di posarvi il tonno, fate scaldare la gratella e ungetela. Come tutto il pesce arrosto, il tonno si sala quand'è già coìto. Come condimenti», olio e ..ticco di li- mone, o una salsa piccante, secondo i gusti. 52 B. - Ravenna — Parlare di prepa- razioni che richiedono zucchero, sarebbe ora inopportuno: ed a questo proposito anche nell'A. B. G. siamo state chiare abbastanza. Ma poiché nulla si oppone a che si ceda la propria razione di zuc- chero a una persona di famiglia soffe- rente, rispondo con piacere alla vostra domanda. Per ottenere una buona cioccolata al latte (in tazza) le dosi sono le seguenti: Per mezzo litro di latte, 175 gr. di zuc- chero e 60 gr. di cacao: 80, se si desi- dera una cioccolata piuttosto densa. Il cacao più indicato è quello in pasta, ma anche in polvere va bene. Se è in pasta, mettetelo a pezzetti col latte nella cioc- colatiera o in un bricco adatto; portate il recipiente sul fuoco e quando il latte comincia a scaldarsi smuovete il cacao, passando il mestolo sul fondo del bric- co perchè non si attacchi. Il procedi- mento è identico per il cacao in polvere. Appena la cioccolata ha staccato il bol- lore, toglietela dal fuoco e frullatela per cinque o sei minuti: fatele staccare di nuovo il bollore e servitela. Una buona cioccolata in tazza potrete ottenerla u- gualmente con cioccolata al latte in ta- volette, e quindi già dosata anche di zucchero. • ANONIMA . Pisa — Anche da un'al- tra abbonata mi fu descritto, tempo ad- dietro, un bicchiere graduato che serviva appunto per dosare la farina, Io zucche- ro, ecc. Ma io non potei occuparmene nell'A. B. C. per ragioni pubblicitarie. Non nego che questo tipico bicchiere possa essere utile a chi, non possedendo una bilancia, è costretta a dosare le so- stanze « a occhio » oppure a manciate, a tazze, a cucchiai ; misure empiriche e perciò mai esatte. Poiché bicchieri, cuc- chiai, tazze ce ne sono di tutte le gran- dezze, e, sia pure calcolando la gran- dezza media, si arriverà sempre ad un computo approssimativo. Con la bilan- cia invece si hanno dosi, anche minime, di una esattezza matematica. Non ca- pisco come in cucina si possa fare a me. no di questo strumento di precisione che semplicizza il lavoro della massaia e ne facilita il successo. Dopo tutto, una bilan- cia non ha un ¡prezzo proibitivo: e, quan- do la spesa è fatta, serve per tutta la vita. Comunque, per contentarvi, vi dirò che un cucchiaio da minestra contiene circa 20 grammi d'ol io: che allo stesso peso equivale un cucchiaio (raso) di zucchero e uno (colmo) di farina. Vi dirò inoltre che, sempre attenendosi ad una grandez- za media, in un pugno entrano circa 40 grammi di farina o di riso : in un bic- chiere un decilitro e mezzo scarso di li- quido, 80 grammi di farina e quasi 150 grammi di zucchero in polvere. L'espressione « quanto una noce di burro » che si trova così di frequente nelle ricette di cucina, tradotta in peso equivarrebbe a 15 grammi. In pasticceria, per facilitare il lavoro, si pesano spesso le uova come gli altri ingredienti; e, siccome un uovo di grossezza normale pesa circa 50 grammi, quando troverete scritto « un uomo di burro » traducete « 45 o 50 grammi ». Ed eccoci all'ultima vostra questione. Dieci grammi di sale per un litro di bro- do sono troppi. La dose regolare è di 7-8 grammi a litro. • ABBONATA DI CAMPAGNA — Sarà come voi dite, anzi come è scritto in alcuni trattati di cucina anche dei mi- gliori : ma io, per conto mio, escludo che le triglie alla livornese si facciano con la cipolla. L'intingolo che rende così gustosa questa celebratissima pietanza del folclore livornese, è composto di olio, di un trito di prezzemolo e. aglio, di pomo- doro passato, sale e pepe. Niente altro. Comprendo benissimo il vostro dispia- cere per la cattiva accoglienza che i vo- stri fanno al baccalà, in qualunque modo lo prepariate; il baccalà è un alimento economico e nutriente su cui una mas- saia può fare frequente assegnamento; si capisce, ben cucinato. Con quest'ultima ipotesi io non inten- do davvero mettere in dubbio la vostra abilità di cuciniera : ma è un fatto che la preparazione del baccalà, come di tanti altri cibi della cucina casalinga, ri- chiede una certa attenzione. Se volete farlo lesso, mettetelo al fuoco con l'ac- qua fredda: e, appena bolle, siate pronta a ritirarlo. Se lo fate bollire un po' a lungo avrete del baccalà stopposo e insi- pido... difetti che i vostri non tollerano. Servitelo caldo, con olio buono, limone e pepe. Provate se, aggiungendovi qualche fi- letto d'acciuga, riuscisse più gradito. Mi dite che per friggere il baccalà pri- ma lo sbollentate. Non è la prima volta che mi si accenna a questa sbollentatura, che, francamente, mi persuade poco. Io mi limito a friggere baccalà bene am- mollato. Tutt'al più, dopo averlo taglia- to a pezzi, lo tengo in bagno per una mezz'ora in un po' di latte. Ma prima di tuffarlo nella pastella lo asciugo in un panno. La pastella non deve essere nè troppo densa, nè troppo scorrevole: dopo avere intriso la farina con ESqua e un dito di latte, mischiatevi poco olio e qualche goccia di limone. • ROSA DI SIEPE - Torino — Vera- mente, dalla vostra descrizione, non ho potuto farmi un'idea esatta delle uova dolci « con l'inti«goletto agli amaretti pesti » preparate dalla vostra nonna. Non credo, però, che in quell'int ingolo entrasse, come voi supponete, della ci- polla imbiondita nel burro. Comunque passerò la vostra richiesta nella « Corri- spondenza fra le abbonate » con la spe- ranza che fra le amiche della Cucina ve ne sia qualcuna in grado di darvi le in- dicazioni che desiderate. FRIDA 89 II

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