LA CUCINA ITALIANA 1941

metodi più moderni, per la fabbricazio- ne casalinga dell'aceto; ma essi sono an- che più complicati ed ho creduto bene di lasciarli da parte. E VA - Torino. — Nessuna traccia, tra i miei... registri, di una minestra che risponda al nome eccentrico di Riso in prigione. Riso alla Piemontese, Riso alla Novarese, don stuzzicante aggiunta di tartufi, ma nessuna traccia di farina di meliga. Evidentemente si tratta di una preparazione casareccia che forse in altre regioni ha una denominazione diversa. Vedi, qui a Livorno, fra il popolo è di uso comunissimo, il « bordatino ». Sai di che cosa si tratta? Di farinata gialla e cavolo nero sof- fritto con cipolla e salsa di pomodoro. Sotto quale nome sarà noto il « borda- tino » in altre regioni? Può essere che qualche abbonata si trovi in grado di dirci come si cucina questo buon riso dei tuoi ricordi gio- vanili. In tal caso sarò lietissima di poter appagare il tuo desiderio. Mi farai piacere inviandomi di nuovo la ricetta del polpettone di carne, ma con indicazioni più dettagliate. E ricor- dati della promessa. Ricette, ricette, ri- cette... La poleant ABBONATA GUIDUCCI GIULIA - Roma. — Dunque, friggere la polenta, per voi equivale a una bella arrabbia- tura! Se la polenta non resiste al bollore e si apre e si spezzetta, è segno che è troppo tenera o che l 'avete cotta poco. Si dice: — La polenta la sanno fare tutti. — Ma una certa pratica ci vuole. E le piccole polente che noialtre massaie cittadine facciamo ogni tanto, al solo sco- po di mangiarla fritta a fette, non posso- no certamente competere con quelle che i montanari scodellano sul rozzo desco, e che una mano robusta ha mescolate e lavorate a lungo con un solido mestolone. Il metodo, in genere, è questo: Mettere al fuoco un paiolino con acqua e sale a sufficienza. Quando l'acqua bolle, cominciare a buttar giù la farina gial- la prendendone una manciatina alla volta con la sinistra e lasciandola cadere nel- l 'acqua, a pioggia. Intanto, con la destra Si lavora di mestolo, girando e mesco- lando ininterrottamente, e cercando di schiacciare contro il paiolino i grumi che, via via, vengono a formarsi. Portare la polenta alla densità voluta, senza stan- carsi di mescolarla e di smuoverla perchè non si attacchi ai lati ed al fondo del paio- lino. Quando è cotta e ben lavorata, la- sciarla qualche secondo al fuoco senza me- scolarla perchè rigonfi, staccandosi dal fondo. Quindi rovesciarla sopra un panno di bucato, tirando su di essa le cocche di esso oppure sopra la tavola di cucina. C' è chi, dopo averla scodellata sulla ta- vola, la ricuopre con un panno bagnato e ben strizzato e la comprime un poco al centro per portarla ad un'altezza uni- forme e così poter ricavarne delle fette regolari. Proporzioni esatte per la farina e l'acqua non se ne possono dare, in quanto che la farina gialla, al pari di quella di grano, assorbe una maggiore o minor quantità d'acqua a seconda della sua qualità. A ogni modo si può calco- lare che per un litro d'acqua occorrano 350 grammi di farina, salvo poi ad ag- giungerne qualche manciata se si vuole una polenta dura, come la desidera # # * L ' AB BONATA R. S. di Napoli che vuol sapere come si prepara una polenta all'uso del Veneto col relativo intingolo di maiale. Veramente nel Veneto la po- lenta si mangia con gli uccellini arrosti- ti allo spiedo e intramezzati da tocchet- ti o fettine di maiale oppure cotti in padella. Il grasso della ghiotta (leccar- da) o della padella completa questo classico accompagnamento, formando una preparazione folkloristica celebrata anche in rima. Ricordo di avere cantato da pic- cola un ritornello che la magnificava: « Era 1 il cibo degli Dei —- La polenta cogli osei ». Se poi si vuol condire la polenta col maiale, tutto è buono: il grasso dell'ari- sta cotta in forno, delle bistecchine ro- solate in teglia o in padella, delle salsic- ce, etc. Ottimo uno spezzatino fatto con aglio, odore di salvia, estratto di pomo- doro, il cui sughino sapido e al tempo stesso delicato armonizza ottimamente con la polenta — « piatto da Re » —• come diceva la canzone di cui nella prima giovinezza tanto mi dilettavo. Nessuna abbonata della generazione crepuscolare la ricorda? La ricetta di quel lievito non fu data da me. In ogni modo credo di essere in grado di rispondere alle vostre do- mande. La farina si scioglie nell'acqua fredda; il sale e lo zucchero si aggiun- gono quando la pastella — che va gira- ta di continuo col mestolo — sta per bollire. E fino a che non si ritira dal fuoco, il composto deve esser girato, se si vuole che non si formino in esso grumi che toglierebbero parte della sua effi- cacia. Darvi la dose esatta di questo lievito in rapporto alla farina da usarsi nel dol- ce, non posso-; la dose viene stabilita nel- le formule che uno via via si prepara ad eseguire. Non in tutte le prepara- zioni il lievito, di qualunque specie sia, viene usato in eguale misura. Quello di cui ci occupiamo e che va adoperato ven- tiquattr'ore dopo che è stato preparato — cioè a fermentazione avvenuta — è affine al lievito da pane e non ha nulla a che fare con quello di birra. Di uso 41

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