LA CUCINA ITALIANA 1941
ATTENZIONE: un piccolo risparmio può evitare la perdita di 3 5 0 . 0 0 0 quintali di pane all'anno Quand'ero piccina, se lasciavo cadere in terra una midollina di pane, la mam- ma mi faceva gli occhiacci e mi predi- ceva per quello spreco un'atroce punizio- ne nell'ai di là. — Dovrai andare in eterno — mi di- ceva — in cerca di bricioli di pane, con un panierino sfondato e il mignolo ac- ceso. Rabbrividivo. Il pensiero di quel mio ditino, così piccolo, convertito in torcia perpetua mi atterriva tanto che, per un pezzo, sia a tavola sia a merenda, man- giavo compuntamente il mio pane fino all'ultima briciola. Cresciuta che fui non si parlò più nè di mignolo acceso nè di panierino sfon- dato: ma la vigilanza della mamma sui più piccoli sprechi di pane non si fece meno rigorosa. Si era ormai giovinetti e ragazzine: si leggevano i libri messi all'indice dalla Sacra Rota familiare : si pensava già al- l 'amore con intimo, delizioso turbamento; ma, anche nelle più lievi contingenze della vita, sotto la sorveglianza diretta dei genitori, si rigava' diritto. E il pane che ci veniva tagliato a tavola bisognava mangiarlo tut to, come quando si era pic- cini. Se ce ne rimaneva un pezzettino che proprio non ci era voluto andare giù, la mamma lo metteva da parte, e la mat- tina dopo l 'arrostiva sulla gratella per farcelo inzuppare, caldo caldo, nel caffel- latte. Quando la prole, educata secondo me- todi più consoni al progresso —- mutatis mutandis — cominciò ad emanciparsi dalle vecchie formule dell'obbedienza, gli occhiacci della mamma persero il loro po- tere coercitivo anche nei riguardi degli sprechi di pane. Non solo non fu più un crimine suscettibile di sanzione eterna sbriciolare una midollina : ma fu lecito a chi avrebbe voluto dal buon Dio un pane quotidiano tut to corteccia, lasciare dopo i pasti sulla tovaglia mucchi di mi- dolla, senza che lo sdegno della madre di famiglia andasse oltre qualche plato- nica protesta. In certe case, anche di lusso, i pezzi di pane ammuffivano in un angolo della dispensa, fino a che una domestica spre- cona o una massaia... a scartamento ri- dotto li buttava nella spazzatura. Solo da quando il Duce, perseguendo i suoi fini d' indipendenza economica della nazione, volle che negli acquitrini boni- ficati, nelle zone dissodate del latifondo, da ogni zolla, insomma, della nostra ter- ra il grano germogliasse, affinchè una messe prodigiosa potesse divenire una delle basi più salde dell'erigendo edificio autarchico, non si vide più nel parie l 'a- limento dimesso dal quale si poteva far spreco impunemente; ma un bene prezio- so a cui si doveva essere attaccati con un senso di mistica consapevolezza del suo valore. Allora per le mamme fu un dovere imprescindibile far comprendere alla pro- le a quale trasgressione di emendamenti supremi corrispondesse far spreco di pa- ne. E quando, nel fatale svolgersi degli eventi, s' impose la necessità di un tipo unico di panificazione; quando i panini viennesi aristocratici, le minuscole pa- gnottine odoranti di lievito di birra non furono che una cosa del passato, il ri- cordo dei seccherelli ammuffiti in un an- golo della dispensa si riaffacciò, forse, come molesta ragione di rammarico, nel- la coscienza di qualche massaia. Giorni sono una giovane sposa, ami- ca della « Cucina », mi diceva che in casa sua c'è l 'uso di mettere al posto di ogni familiare, sulla tavola apparecchia- ta, una borsina di tela per il pane: un amore di borsina ricamata, col nome del- la persona a cui è addetta. A fine pasto i commensali ripongono, ciascuno nella propria borsetta, il pane avanzato, per mangiarlo a cena. Quello che eventual- mente avanzerà dalla cena servirà pei il caffellatte della mattina. E così, di giorno in giorno, di mese in mese, di anno in anno, il sistema prosegue corri- spondendo a un bisogno di ordine, di pulizia e di risparmio : piccolo risparmio che, conglobato con quello di milioni di consumatori (ogni pruno fa siepe) potreb- be portare a risultati iperbolici. Si cal- cola che lo spreco di soli due grammi al giorno di pane per ogni italiano porti ad una perdita inutile di 350.000 q. di pane al l 'anno: cifra che in questi tempi di economie all'osso ci lascia perplessi. Come non provare un certo sgomento al pensiero dei piccoli sprechi dei quali noi tut te — domestiche e massaie — ci siamo rese colpevoli, per negligenza o per indifferenza, nel corso normale della nostra vita, in ogni campo dell'economia domestica? Pentole d'acqua che hanno bollito, an- che a lungo, con inutile consumo di com- bustibile, nell'attesa che vi fossero im- merse la carne e le verdure: latte tra- boccato per l'ebollizione eccessiva : can- nelle sgocciolanti: lampadine accese sen- za che ve ne fosse bisogno e senza che nessuno si curasse di spegnerle. Minestre troppo condite, intingoli troppo grassi, caffellatte troppo inzuccherato... E la li- sta potrebbe continuare per nostra mor- tificazione. Più savie di noi ci sembrano ora, ripensandoci, certe massaie che un giorno abbiamo derise, saoendo che met- tevano da parte i fiammiferi spenti con la speranza di poter servirsene ancora. FRIDA J7ncl]e voi dovete usare AmwA m £®Ì@M\A È O T T I M A PER TOLETTA E P E R I L B A G N O ! Credetael al vosotr Profumi,ere oppur 1 alal Socieàt An. A. 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