LA CUCINA ITALIANA 1942
mi scrive — il cervello assorbe una data quantità d'olio. Tanto vale, dunque, frig- gerlo tutto in una volta... Con questa considerazione l'Abbonata di paese dimostra di essere poco versa- ta nella teoria della frittura. La quale in- segna, come norma fondamentale, che il fritto, per riuscire dorato e croccante, ha bisogno di sguazzare nell'olio: vale a dire di non venir mai a contatto col fondo della padella. Condizione essenziale di questo sguaz- zamento non può essere oggigiorno che un minimo di capienza del recipiente in cui si frigge. Quanto più esso sarà pic- colo, tanto più alto risulterà il livello dell'olio, sul quale i due o tre pezzetti di cervello potranno galleggiare, e risul- tando croccanti e a color d'oro. Sarebbe assurdo, in tempi di dovero- sa obbedienza alle restrizioni alimentari, occuparsi di una pietanza che le massaie hanno definitivamente abolita. Ma, quan- do si tratta di aiutare una moglie affet- tuosa a compiacere un marito più che meritevole di cure e di attenzioni, si può fare uno strappo alla regola. E magari tornare sull'argomento per una protesta blanda e sciolta da ogni velleità di po- lemica. ABBONATA DI FIORENTINA. — Come ho scritto tempo addietro nell'A. B.C., la besciamella verde o rossa si ot- tiene mischiando con la besciamella co- mune un po' di passato di spinaci o di pomodoro. La besciamella della cucina di guerra è fatta di latte condensato e di fecola di patate. Così preparata, essa so- stituisce ottimamente l'autentica bescia- mella di latte, burro e farina, sia che venga adoperata per amalgamare un com- posto — specie nei budini di verdura — sia che serva di base ad altre salse, ad es. quella di prezzemolo che v'interessa e che è più semplice di quanto possiate immaginare. Preparata la salsa di latte condensato e di fecola, diluitela con un ramaiolo di brodo — magari di dadi —; fatelo poi bollire fino a che non si sia di nuovo addensata. Allora ritirate il tega- mino dal fuoco e mischiatevi del prezze- molo trito, in quantità proporzionata a quella della salsa, e del succo di limone. Anche la preparazione dei fagiolini alla crema è semplicissima. Si tratta sol- tanto di rovesciare la salsa besciamella, leggermente aromatizzata di noce mo- scata, su fagiolini lessati e poi fatti in- saporire — in teglia o in padella — con un po' di burro. Ciò che importa è che i fagiolini nel lessare prendano un bel verde. E questo si ottiene — giova ripeterlo per quanto sia stato detto più volte — immergendoli in acqua salata in ebollizione, e mante- nendo un bollore forte per tutta la cot- tura. Se i fagiolini ingiallissero, la pre- parazione che, pur nella sua semplicità, è gustosa, riuscirebbe sgradevole al pa- lato e all'occhio. Quanto ai fagiolini di S. Anna che in alcune regioni si vendono a mazzi e in altre a peso, c'è chi li mette al fuoco « a crudo » con olio, cipolla tritata, po- modori senza buccia nè semi, sale e pe- pe — rosso o nero — e coperti d'acqua. Altri, invece, scottano i fagiolini, e ne ul- timano la cottura in una casseruola con una salsa di cipolla soffritta nell'olio e pomodoro passato, o a pezzi, sale e pepe. Col primo sistema i fagiolini risultano più tosti: e per questo c'è chi li preferi- sce. E' questione di gusto. IVANDA MAGHELLI, Firenze. — Dunque non ti riesce di mandare in ta- vola fagioli (freschi) morbidi e pastosi come quelli che cuoceva la tua povera mamma. La spiegazione è semplice: i tuoi fagioli non sono cotti abbastanza. È un errore credere che per i fagioli freschi, una cottura affrettata sia sufficiente. Non si tratta di un ortaggio vero e proprio, ma di un seme compatto che, se fosse lasciato sulla pianta, arriverebbe in pochi giorni all'essiccazione. La cottura dei fagioli freschi, special- mente a stagione inoltrata, deve essere perciò prolungata e vigilata come quella dei fagioli secchi. Il recipiente più adatto è una pentola di terraglia panciutella e di bocca stretta... Qui apro una paren- tesi per rispondere all'abbonata L. F. di Bergamo che, in una lettera interessan- tissima, si burla garbatamente del mio « fanatismo » per i recipienti di terraglia a lei poco simpatici. Ma il suo scherzo è così bonario che non vi trovo la mi- nima ragione di permale o di risenti- mento. L. F. carissima : se nessun trat- tato gastronomico esalta le proprietà dei recipienti di vilissimo « coccio », non vi è ragione che non debba elogiarli io, in base alla mia personale e — ahimè — lunga esperienza. Non consiglierei mai le abbonate di usare pentole di terraglia per lessare le verdure. Per tutto quanto ri- chiede un'ebollizione pronta e forte, l'al- luminio serve egregiamente. Ma per le sostanze da cuocersi a bollore moderato, nulla può sostituire la terraglia che, una volta assorbito il calore, lo mantiene e lo trasmette blandamente agli alimenti, senza che vi sia bisogno di bagnarli di frequente con brodo o acqua calda, come accade quando si usano recipienti di me- tallo troppo sensibile al calore. Io, vedi, posseggo una batteria da cu- cina che mi permette di avere a portata di mano recipienti di tutte le qualità e grandezze: ma fra tante casseruole lu- centi e appariscenti, quelle di terraglia di forma antiquata e antiestetica occupano un posto di primo piano. La mia predi- lezione per il coccio è esagerata? Può darsi. Ma ognuno vede le cose a suo modo. « Così è, se vi parel » ha scritto Pirandello. Chiusa la parentesi, torniamo ai fa- gioli freschi. I quali, al contrario di quel- li secchi, debbono essere messi al fuoco, sempre a mio giudizio, con acqua calda. Per circa 600 grammi di fagioli sgusciati io adopero una pentola di due litri di capacità. A mano a mano che l'acqua evapora, la sostituisco con altra, bollente, sempre pronta in un tegamino che tengo sulla pentola, al posto del coperchio. Ma la evaporazione è scarsa se il bollare, come di regola, è blando, in modo che i fa- gioli si muovano appena, invece di ro- teare a precipizio nella pentola, come ac- cade quando questa è troppo grande e l'acqua troppo abbondante. A metà cot- tura si aggiunge il sale e una presina di bicarbonato. A cottura ultimata (cioè do- po tre ore di ebollizione poco sensibile) togliere la pentola dal fuoco e lasciare in riposo i fagioli per una mezz'ora prima di mandarli in tavola. Precauzione da os- servarsi anche per i legumi secchi. Qualcuno dirà: — Quanti discorsi per un alimento tanto dimesso I — Ma sono appunto gli alimenti dimessi che richie- dono nella cuciniera maggiore impegno e attenzione. Si tratta anche di renderli più digeribili, specie agli stomachi deli- cati. E siccome questo è il tuo caso, ri- tengo di non essermi dilungata troppo nelle spiegazioni da te desiderate e ri- chieste. * * * Se consideri che si contano una ses- santina di specie di fagioli, non ti sorpren- derà di avere veduto — durante l'inverno — alcune qualità per te inedite di questo legume. Ma siano rossi, neri o gialli, scre- ziati, marmorari, tondi, bislunghi, schiac- ciati, lunati ecc. i fagioli, quando sono cotti bene, riescono sempre buoni; a meno che non si tratti di specie non mange- recce come il P haseolus multiflorus che viene coltivato nei giardini a scopo orna- mentale per i suoi magnifici grappoli di fiori scarlatti. Molte varietà di fagioli prendono nome da paesi stranieri (fagioli d'Olanda, del Canadá, di Spagna, d'Or- leans, di Soissons) di dove, evidentemen- te, un tempo sono provenuti: ma in quale terra sia germinato spontaneamente il fagiolo bianco comune, del quale mi msira cucina a ms non ua più benel! IL N O S T R O RIMETTERÀ' IN L A B O R A T O R I O VE LA P E R F E T T A E F F I C I E N ZA R I P A R A Z I O N I SERIE E GARANTITE PEZZI DI RICAMBIO PER OGNI MARCA DITAT ÁPPLSSGA ROMA - VAI DELAL PENN, A 2 0 T E L E F O N O 3 4 . 7 4 5 127.
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