LA CUCINA ITALIANA 1942

minciato col pagare la multa, perchè non avevi affrancato la lettera. Poi, ho visto che chiedevi come si fa ad avere un responso grafologico. È semplicis- simo: sei abbonata al Giornale della Do- menici i? Allora hai diritto a far esami- nare gratuitamente la tua scrittura: man- da una mezza paginetta (e non 3 righi.) al grafologo del Giornale (Via Cassiodoro 15) e unisci la fascetta con cui ricevi il settimanale. Non sei abbonata? Allora ti ci vogliono 5 lire in francobolli... e !a mezza pagina, si capisce. Ma il grafo- logo, che non è un mestierante, prefe- risce lavorare gratis per le abbonate e richiede le 5 lire alle non abbonate e- sclusivamente per diradare un po' le ri- chieste. I,n tutti e due i casi, poi, la ri- sposta verrà pubblicata sul giornale e non è mandata privatamente a nessuno. Oc- corre dunque indicare un pseudonimo. MARIA VIRGINIA S. — Ho passato la ricetta a Frida, e le ho anche man- dato la tua lettera cortese, dopo aver se- gnalato all 'Amministrazione il tuo desi- derio. Ma quante domande! Come vuoi che mi ricordi il nome di quell'abbonato che un anno fa chiese quella ricetta? Ci vorrebbe Pico della Mirandola: e io invece. .. Non so a chi tu abbia chiesto il ca- talogo dei libri di quella Casa Editrice: a me no. E del resto non l 'abbiamo. Ogni libreria però ne ha uno di ogni Casa Editrice importante. Quando vai a Lecce. .. L' indirizzo attuale di Elena Gullo Pa- ternostro, chiara scrittrice, collaboratri- ce del Giornale della Domenica, è Pa- lazzo Adriano, che è un paese (ci sarà magari anche un palazzo, ma io non lo so) in provincia di Palermo. I quadri di quel pittore hanno, effetti- vamente, un grande valore. Quanto all'ultima domanda che ci fai, perchè Frida e io firmiamo con uno pseudonimo le nostre rubriche, invece che coi nostri nomi, ti dirò: probabil- mente non lo sappiamo nemmeno noi. Abbiamo incominciato a firmare con uno pseudonimo i primi articoli, molti anni fa, in qualcuno dei giornali delle città dove risiedevamo: forse, essendo so- prattutto madri di famiglia, e non pro- fessioniste del giornalismo, non voleva- mo dare a questa nostra attività lette- raria o giornalistica una importanza so- verchia. Poi. .. il pseudonimo è rima- sto, e ora non sapremmo più farne a meno. Tut ti sanno come ci chiamiamo: ma tutti, viceversa, ci chiamano Frida, e Nina. È più confidenziale, più affet- tuoso, direi. Quanto alle fotografie Non credo proprio che il pubblico delle lettrici si interessi di vederci fotografate. Per conto mio, almeno, preferirei che la Cucina pubblicasse la fotografia di un bel prosciutto. Sono sicura che le abbo- nate la troverrebo simpaticissima. Finalmente: vuoi, per favore, spie- gar meglio che cos'è quella storia de! mosto e della lacrima? Non ho capito nulla. Cordialità. N I NA Saper utilizzare le sostanze Non sarà mai vano — per qualsiasi ceto — osservare se nel preparare i cibi in cucina si vada soggetti, a errori che ne sciupano il potere commestibile — s:a in qualità che in peso. Ciascuno avrà potuto vedere qualche massaia che per pulire (ad esempio) pa- tate, carote, rape, barbabietole, ravanel- li, scorzonera, gobbi o cardi, melanzane, zucchine e zucchette, topinambur, cipol- le, finocchi, usa sbucciare con lo stesso procedimento con cui sbuccerebbe una mela o una pera. Con tale procedimento una larga percentuale del peso di quegli ortaggi finisce nella spazzatura. A conti fatti la massaia conclude che ha speso un occhio della testa per ricavare un piattino insufficiente. L'operazione ricor- da Geppino che con un trave fece uno stecchino. Con lo sbucciare alla carlona, da tre chili di cardi riscontrai che la buccia gettata rappresentava il peso di 870 gr. : 290 gr. per chilo. Di due mele del peso di 450 grammi, la buccia gettata corrispondeva a 196 gr. Fra È torsoli di carciofi gettati sul mer- cato —• se raccolti — ce ne sarebbe stato da ricavare un piatto nutriente per venti persone. Molti non si persuadono che la buc- cia delle frutta abbia un potere comme- stibile rilevante: occorre soltanto dispor- si a masticarla accuratamente. La stessa buccia dei lupini non è disprezzabile quando venga masticata a dovere. Non è soltanto una quantità in peso di sostanze che va perduta. Poiché la natura addensa tra la buccia e la polpa delle carote, patate o melanzane che sia- no strati di principi attivi e nutritivi che poi, mobilitati, veicolati dall'energia so- lare, s'inoltrano a modellare altri tessu- ti, a plasmare altre cellule, altri minerali, altri zuccheri, altre sostanze nutritive che, se ingerite, funzionano da attivatori, da enzimi, da tonici, da sostentatori, con Io sbucciare grossolanamente col col- tello gli ortaggi, anche quegli elementi nutritivi vengono asportati. Anziché sbucciare gli ortaggi, con- viene immergerli in un po' d'acqua tie- pida, adeguata alla massa, stropicciarli accuratamente finché non si presentano del tutto netti da ogni residuo di terra o di sudicio. Risciacquare. Indi si tagliano, senz'altra lavatura, si pongono in cottura. In tal modo si uti- lizza circa il trenta per cento di più del contenuto alimentare. Per i legumi: lenti, piselli, fagioli, ceci, fave, soia, asportati i corpi estranei, conviene lavare i legumi, porli ad am- morbidire per tutta la notte e farli cuo- cere in quella stessa acqua. Questo li- quido contiene già notevoli dosi di sali passati ' in soluzione. Alcune massaie, alcuni cuochi gettano via i torsoli di cavoli, dei broccoli, dei carciofi, della lattuga, dei finocchi. Que- sti torsoli contengono un centro carnoso che è d'un potere commestibile note- vole ed è saporitissimo. Al tri sbucciano la frutta spensierata- mente asportandone con la buccia lo spes- sore di due millimetri di polpa. Ho visto alcune massaie che quando lessano la carne nella pentola usano asportarne la schiuma con un coppino, ritenendo quella schiuma brumastra e collosa « sgradevole ». E ' , invece, il con- tenuto in gelatina e in albumina che sotto l'azione della bollitura si coagula formando uno strato vischioso. Una volta messa a bollire, dalla carne non si deve toglierne proprio nulla, al- trimenti si getta via circa un quinto del contenuto proteico — che è la materia plastica tanto ricercata. Nel preparare l'arrosto su la graticola a ferri rotondi», su la brace rovente si, può verificare che gran parte delle albu- mine e dei grassi della carne, liquefa- cendosi, gocciano nel fuoco sollevando vivissime fiamme. Se ne ricava un pezzo secco secco di carne indurita e annerita. Conviene munirsi di apparecchi che possano raccogliere i succhi che scivo- lano durante la cottura e quindi utiliz- zarli. In mancanza di utensili adatti, sarà meglio cuocere con un pochino di burro o di grasso della stessa carne in un reci- piente, a fuoco moderato, senza far roso- lare con violenza. Nel lo spinare un pesce già cotto alcuni asportano non solo la testa, le inte- riora, le spine e le lischette, ma anche la pelle, anche se non squamosa, come sarebbe nelle triglie, nel merluzzo, nelle orade. Errore. Perchè tra pelle e polpa si raccolgono fattori di autentico potere commestibile come i grassi fosforati. Gioverà pure utilizzare il fegato e il cervello — anche se minuscoli — dei pesci: sono utilissimi ai fanciulli. Tale pratica richiederà un po' di pazienza. Ma dal momento che ci si dispone a mangiare pesce sarà bene armarsi di at- tenzione e di calma. Del resto la mensa deve ispirare almeno una tregua alla frettolosità. Desiderando pesce lessato, regolarsi in modo che non rimanga acqua di cottura da gettare. Per ragioni analoghe, pasta e riso cotto in brodo contengono percentuali di so- stanze maggiori del riso o pasta cotti per minestre asciutte, perchè da questa si scola l 'acqua di cottura. Nel cuocere castagne, paste, riso, ecc. gioverà limitare l 'acqua di cottura in mi- sura tale che non ne rimanga da gettare. E attenti a non spappolare troppo legumi e verdure. Un buon terzo della produzione d'un paese rischia di venire disperso dalle abitudini accennate. L' IGIENISTA 62

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