LA CUCINA ITALIANA 1942
mi si raccolgano sul fondo del reci- piente, saldandosi fra loro. Si solleva quindi la massa caseosa, si taglia a fette e si passa in un altro recipiente, detto mastello, contenente acqua o siero qua- si bollente (90 o 95 centigradi). Attendere che la pasta sia divenuta tenera e molle, ciò che richiederà un tempo abbastanza breve; asportare poi dalla massa pezzi di un quarto di Kg. o di mezzo e anche di un Kg. e, mani' polandoli col palmo delle due mani, come si fa per le polpette, formarne tante sfere, più o meno grosse, da gettarsi, una alla volta, nella sala- moia preparata in antecedenza. Dopo qualche giorno d'immersione le mozza- relle saranno pronte all'uso. Bisogna mangiarle fresche o tenerle nel latte, altrimenti rinsecchiscono o ammuffisco- no. In alcune fabbriche, durante la ma- nipolazione delle mozzarelle, si ricava il burro con un sistema speciale; ma questo procedimento è da scartarsi, to- gliendo esso alle mozzarelle la fragranza e il gusto squisito. A Roma si fanno delle piccole moz- zarelle che si tengono in recipienti di terracotta verniciati. A Cardito (Napo- li) se ne fanno delle grandi, anche di due o tre Kg. (in vernacolo dette Bor- rielli) che, aperte delicatamente con un coltellino) ¿presentano alcune pic- cole mozzarelline, che sono una delizia. Credo, di aver soddisfatto modesta- mente l'abbonata 0:1933 e d anche voi, carissima Frida. E spero che non vi riescirà sgradita un'aggiunta al tema della mozzarella. MOZZARELLA CROSTATA. — Tostare leggermente tante fette di pa- ne — dato che in casa ce ne sia un po' raffermo — da coprirne il fondo di una teglia. Immergere poi le fette nel latte, farle sgrondare e formarne uno strato nella teglia imburrata. Distribuire sul pane dei pomodori pe- lati e liberati dai semi, e coprire i. po- modori con uno strato di fettine di mozzarella. Passare la preparazione in forno di calore moderato e far cuocere fino a che il formaggio, liquefacendosi, non abbia penetrato i pomodori. E. U. M. TRE RICETTE 1) Fate ammollire nel latte due panini da 100 grammi l'uno. Prendete due uova, sbattete i tuorli con un po' di zucchero (lo zucchero non è indispensabile) mon- tate a neve le chiare. Tagliuzzate 150 gr. di fichi secchi, un po' di buccia di limone (a volontà un cucchiaio di rum). Mescolare assieme gli ingredienti e met- tere al forno in una pirofila finche fa la ben . nota crestina dorata (l'aggiunta À N N U N Z a S A N I T A R I Domili. Dot. 0. Mi MOTIE MALATTIE DELLA PELLE (Sole artificiak'Diatermia-Alta frequenza) ROMA-Via in Arcione, 114 (Traforo) Telef. 64-451 Ore 9-11 - 17-20 « per appuntamento di un po' di burro od anche strutto nel budino lo renderà più saporito). 2) Fare una crema con due tuorli, un po' di zucchero, buccia di limone, un cucchiaio di qualunque farina (di orzo, avena o maizena o comune). Ritirate dal fuoco; montare intanto a neve le chiare e mescolarle con 150 gr. circa di mar- mellata (sciolta in acqua bollente se di tipo duro) quindi mescolare assieme il tutto, metterlo a ghiacciare, ma è buono anche tiepido, e servito in coppa di ve- tro sarà un eccellente finale. L'ideale sarebbe di avere jnche due biscottini... 3) Avete mai provato a mescolare al riso cotto nel latte delle chiare d'uovo ben montate, s'intende quando il riso è già tolto dal fuoco? Formerà una pie- tanza gustosa e spumosa che con l'ag- giunta di uva passa incorporata nella massa (ed un po' di zucchero se ce n'è) farà molto bene le veci del dolce. Abbonata Campigliese PORCELLANE ROTTE Si metta a bollire in un pentolino di acqua un pezzo di vetro trasparente, che si potrà sempre avere magari spac- cando una bottiglia inservibile; si butti il vetro caldissimo in un catino d'acqua fredda; lo si tolga dopo pochi minuti e (con un martello o con altro ordegno) lo si frantumi; lo si pesti, riducendolo in polvere finissima; il che riuscirà ab- bastanza facile perchè il rapido passag- gio dall'alta alla bassa temperatura avrà reso il vetro friabile. Si impasti un po' di quella polvere con un poco d'albume d'uovo, in modo da formare una pasta piuttosto densa; con essa si spalmino gli orli dei pezzi di porcellana o di altra ter- racotta da congiungere; premendoli, si tengano combaciati per qualche minuto, fino a che l'albume sia seccato, e dei vari cocci, almeno due saranno così sal- dati assieme. Con pazienza si prosegua nel lavoro fino a che — l'uno all'altro uniti i vari cocci — il vaso, all'ap- parenza intatto, potrà riprendere la sua funzione decorativa. Ci vuole molta pa- zienza; ma in cambio, se il vaso dovesse cadere un'altra volta si può esser sicure che esso si spaccherà ovunque, meno là dove è stato saldato. Giuseppina Francia FORMAGGIO E RICOTTA FATTI IN CASA Una gentile massaia della zona vesu- viana ci manda queste ricette per fare in casa formaggio da grattugiare, ricotta e caciotte: Prendere del latte (l'abbonata dice 5 litri, ma si può fare l'esperimento anche con meno, tenendo presente che con un litro di latte di pecora si ottiene 300 grammi di formaggio e più, mentre quello di capra e di vacca è molto più povero) passarlo per un setaccio, met- terlo in un recipiente di rame stagnato e farlo riscaldare (ma non bollire). Quan- do è caldo ma non scottante si toglie dal fuoco e vi si aggiunge un poco d'acqua in cui sia stato stemperato del presame - quanto una noociuola. — Il presame, dice l'abbonata, si compra dal farmacista o dal rpacellaio, e quando è stemperato nell'acqua si deve filtrare attraverso un setaccio o un fazzoletto bianco. Versato il presame, si gira ben bene, e dopo sette o otto minuti, e al massimo un quarto d'ora, il latte diventa una massa dura, si lascia riposare qualche minuto, poi si rompe con un mestolo o altro pezzo di legno, sempre girando in tondo; dopo che la massa è spezzettata, girando ancora piano piano, -si vede distaccarsi il siero dal coagulo; si scola il siero e si racco- glie mettendolo in un recipiente di ra- me stagnato, poi si prende la pasta ri- masta e se si ha una forma (ce ne sono in commercio, di vimini) si adopera quel- la, se no si deposita in un vassoio e si cerca con le mani, spremendo, di farne uscire il siero residuo, che pure viene raccolto insieme all'altro. Si rivolta di tanto in tanto la pasta, in modo da farla asciugare da ogni parte, comprimendola bene con le mani se non si ha la forma, e quando si vede che non ne esce più il siero si lascia riposare salandola un poco. Occorre salare due volte, non ab- bondantemente, nello spazio di otto gior- ni, se il latte era al massimo 5 litri o meno: se era di più, occorre un tempo maggiore e più sale. Decorso questo tempo si lava la forma in acqua fresca, si asciuga e si conserva in luogo asciutto. Dopo una quindicina di giorni il formaggio prenderà un colore biondo, allora si unge con olio e aceto ripetendo l'operazione ogni dieci giorni. Alla fine di un mese si avrà, assicura l'abbonata, un formaggio da grattugiare « piccante e lacrimoso ». Intanto, avremo messo sul fuoco il re- cipiente col siero, agitandolo quanto più lentamente e dolcemente possibile. Quan- do è caldissimo vi si versa qualche mez- zo litro di latte, e piano piano si vedrà formare dei fiori di ricotta che si to- glieranno quando saranno molti, dopo averli fatti stare altri 5 0 6 minuti sul fuoco. Si tolgono con un colapasta e si versano in un piatto o in un cestino: il siero rimasto è ormai inutilizzabile, a meno che non si abbia un maiale al quale può esser dato per alimentazione. E la ricotta è fatta. Per le caciotte fresche non bisogna riscaldare il latte, ma adoperarlo fred- do, versarvi il caglio, lasciare coagulare il tutto (occorrono 4 0 5 ore) e poi con pazienza cercare di dividerlo dal siero, rompendo la massa e versandola su un setaccio in modo da lasciar sgocciolare il siero, ma senza spremere molto. Si aggiunge un po' di sale e dopo cfto giorni si può mangiare. Col siero si può fare la ricotta. VIA TRITONE 59 ROMA , \ PROFUMI T ìw 98
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