LA CUCINA ITALIANA 1943
Sfollata da una città straziata, dopo eento peripezie ho potuto rifugiarmi in un alberghetto di mezza montagna posto in mezzo a un prato e circondato da castagni: una piccola oasi di calma, che col pensiero e col cuore si vorreb- be ingrandire da coprirne il mondo... E quando avrò detto che il piccolo alber- go campagnuolo è eccezionalmente pu- lito, anzi, pulitissimo, avrò dato l'idea dell'insperata fortuna che mi è toccata. Senonchè, il vitto non è all'altezza del resto: — ciò dico, non perchè preten- da — sarebbe ridicolo e cattivo! — che in questi tempi duri l'albergo forni- sca i pasti di un tempo, ma perchè il poco disponibile non è ben cucinato, e non f a comparita. La cuoca è la padrona stessa dell'albergo," e convien dire che f a del suo meglio; ma le sue nozioni cucinarie sono scarse ed errate: non di- versamente da quelle di tante e tante massaie che oggi si trovano disorientate e incapaci a « f ar buono » col poco. Sia per coscienza, sia per timore delle ispezioni annonarie, sia per ragioni di economia, qui siamo a severo regime di tessera; ed è grazia se ci scappa qualche uovo delle galline di casa, o qualche pochino di burro in più, ottenuto col nostro latte scremato. Ma anche col po- co, ripeto, si potrebbe f ar meglio. Le mi- nestre sono insapore, le verdure sono ser- vite poco più che lessate, la pochissima carne riempie una minima parte del piatto, le liste dei due pasti sono d'una desolante povera monotonia. Perciò un giorno provai timidamente a domandare alla padrona se non si fos- se potuto ottenere della verdura e del- la carne altrimenti cucinate. — E co- me volete? — obiettò la padrona. — A cominciare dalla farina per la bescia- nella, tutto mi manca. Una volta, sì, che potevo contentare i clienti! —. Ce modo e modo di cucinare Non mi detti per vinta, e mi misi a sfogliare la raccolta della Cucina Italia- na, per suffragare e aumentare le mie nozioni di cucina buona ed economica. A misura che trovavo un buon sugge- rimento, lo copiavo su un quadernetto. Per esempio, il cav. Pettini insegna a sostituire la farina occorrente per la besciamella o per altra piccola prepara- zione, con un pugnetto di riso due vol- te macinato; a fare la besciamella stessa per sformati o crostate di verdura e di carne, con un patata cruda grattugiata mista a latte, o a polvere di latte diluita, oppure con una patata lessata, schiaccia- ta, rimestata con un uovo.... Ecco già un piccolo orizzonte aperto su possibi- lità prima negate! E dove metteremo allora le « mace- donie » di verdure, così buone, e che permettono di adoprare insieme piccole quantità di ortaggi diversi, solo che si sappia insaporirli col f ar appassire al fuoco e quindi colorire con un po' d'olio un'affettata di cipolle? E tutte le crosta- te, gli sformati? Per conto mio, trovo che oggi appun- to le crostate, gli sformati, sono la ri- sorsa maggiore della cucina. Vi si pos- sono impiegare tutte le verdure, leg- germente insaporite, tutte le piccole quan- tità di carne, tritandole, che non fareb- bero comparita come un piatto a sè; vi si possono unire due o tre uova al massimo, e, a rigore, f ar perfino a me- no del formaggio, solo che vi si in- corpori un po' di besciamella fatta co- me si è detto dianzi, e una bella tritata di erbe odorose. Ed ecco, con le erbe odorose, aperto un altro orizzonte! Si trovano da tutte le erbivendole, negli orti di campagna, sulle prode delle strade collinari, è f a- cile coltivarle in una cassetta sul da- vanzale della finestra di cucina.... Tritate, e aggiunte crude, alla pasta asciutta, al riso, alla frittata, ad ogni vivanda, esse vi arrecano il loro delizioso fX-ofumo, sostituendo.... facendo dimenticare un maggior condimento! Forte della mia scienza... congenita e acquisita, portai il quadernetto con le ricette alla proprietaria dell'albergo. E per togliere ogni ombra di saccenteria o di pretesa, cercai di farle capire fami- gl iarmene che desideravo aiutarla nel- l'economia della cucina, nel risparmio di ciò che era più costoso: con le erbe odorose del suo orto, appunto, che pro- fumano e bonificano le vivande, con le uova, che anzi che essere servite sode e fredde — cibo indigesto, costoso, e di nessuna comparita — possono invece in molto minor numero essere incorpora- te nelle crostate, e formare con le verdu- re una vivanda elaborata e completa.... _ Lì per lì la brava donna mi dette ra- gione, parve convinta e mi ringraziò, per quanto senza entusiasmo, del qua- dernetto di ricette. Il domani ricomin- ciarono le minestre senza sapore, gli or- taggi serviti soli, poco più che lessati, le uova sode fredde, le porzioncine di carne.... e se qualche erba odorosa fu aggiunta, vi fu lungamente cotta, così da perdere ogni fragranza. . E dire che cori gli stessi ingredienti si potrebbe mangiare tanto meglio! Se osassi, pregherei la padrona di lasciarmi rimboccare le maniche e invadere il re- gno dei suoi fornelli. ZA LÌ ALTRI CONSIGLI UTILI LE BUCCE DEL LE MELE — Sono già comparse le prime mele sui mer- cati... Dove è possibile. E sono state accolte con gioja, in questa stagione in cui, per le note difficoltà dei trasporti, l 'afflusso delle frutta alle grandi città è reso così intermittente. Se avete avuto la fortuna di procurarvi delie mele, non buttate via le bucce: avendo lo zucchero potreste farci, e questo lo sanno tutti, la gelatina. Ma se zucchero in abbon- danza non avete, lasciate asciugare le vostre bucce al sole, e poi passatele al forno o tostatele dentro un tostino da caffè, e poi macinatele, e poi mettete due cucchiaini della polvere che ne a- vrete ottenuto in una tazzina da the, insieme a 4 o 5 granelli di anice. La- sciate in infusione tutta la notte, dopo aver fatto subire alla miscela un breve bollore serotino. Al mattino filtrate, e aggiungete questa acqua al vostro latte caldo e inzuccherato. Ne otterrete una bevanda nutriente e gustosa, per la pri- ma colazione. TOR TA DI F I CHI - I fichi anche, sono comparsi su qualche mercato. Na- turalmente non si tratta dei bei fichi settembrini, goccianti deliziose stille di nèttare. Ma anche questi fichi verranno presto, e poiché, per la loro natura, non sono facilmente imboscabili, è da spe- rare che dove non saranno seccati o tra- sformati in marmellate industriali po- tremo vederli comparire sulle ceste del- le nostre erbivendole. Eccovi una ricetta per una torta economica in cui il fico rappresenta la parte del protagonista. Prendete i fichi e tagliuzzateli in mi- nutissimi pezzi, senza sbucciarli. Met- teteli in una casseruola, aggiungendo 100 gr. di zucchero, e 10 gr. di anice, per ogni chilogrammo di fichi preparati. Po- nete al fuoco tenendo la casseruola co- perta, e lasciate cuocere finché la massa sia divenuta densa e omogenea. Ritirate la casseruola dal fuoco e fate raffred- dare l'impasto. Avrete ora preparato (per ogni chilogrammo di fichi) 200 gr. di nocciuole tostate, sgusciate e grattu- giate o macinate. Incorporate un poco di questa polvere di nocciuole nella massa gelatinosa dei fichi. Stendete me- tà di questa su una piastra da forno preventivamente cosparsa di far ina: spargete, su questa metà dei fichi, ben distesa sulla piastra, ma tenuta dell'al- tezza di un centimetro almeno, un po- co delle nocciuole grattugiate o maci- nate. Ora stendetevi sopra la seconda metà dell'impasto dei fichi, dandole le stesse dimensioni in modo che le due metà formino un insieme che, senza pre- tendere ad eleganze perspicue di forma, si presenti il più possibile come un qua- drato, o come un rettangolo, o insomma come qualcosa che abbia un aspetto cri- stiano. A questo punto date fondo alle ultime nocciole pestate, cospargendo la parte esterna della torta. Una spolvera- tura di farina, e passate a forno mode- rato. Potendo disporre di abbastanza farina, così da protegger questa torta dall' aria e prosciugarla bene, si conserva (la torta) per parecchio tempo, ed è buonissima. Ma è buonissima anche mangiata pre- sto. n o
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