LA CUCINA ITALIANA 1943

LE OLIEV Avulsa anch'io da una cara città set- tentrionale straziata dall'ira nemica, mi sono rifugiata — le ragioni della scel- ta non interessano — in un paesello dell'Italia meridionale, i culi nome so- nerebbe certo ignoto ai miei concitta- dini. Sebbene pittorescamente disposto sulla cima e sul pendio d'un'alta col- lina, una fila triplice e quadruplice di altre colline lo circonda, facendo d i esso una perla sul fondo d'una conchi- glia solidamente circondata e protet- ta, appunto come si fa delle cose pre- ziose. Ma, una perla questo villaggio uni- camente abitato da rurali, contadini che cavalcano un loro ciuccio, donnette dal capo avvolto in un loro fazzoletto co- lor faccio (giallo), bimbi schiamazzan- ti tutto i gilorno attorno al gran ti- glio della piazza? Sì, e anzi, qualco- sa di molto più d'una perla, non solo per la bellezza pittorica del suo paesag- gio, ma per la ricchezza della sua ter- ra. Fra teorie e macchie di alberi che l'autunno rende fiammeggianti, senza che l'incipiente inverno possa nulla an- cora contro di essi, sono disseminate in- finite piante di ulivo. Mentre l'anno passato i prlodotto era scarso, questo anno tutte l peiante sono cariche d i frutti nerastri, polposi, pieni di succo; li direi appetitosi, se pur producenti i l dolcissimo olio non fossero al palato d'un pessimo sapore. E' ormai i telmpo della raccolta, e già molti contadini portano il loro pro- dotto al frantoio. Può darsi che qualche piemontese par mio non abbia mai vi- sto in azione un frantoio. Ma anche conoscendo i lalvoro dei congegni che dalle olive spremono i dollce denso liquido paglierino, è pur sempre uno spettacolo che riempie di meraviglia e d'interessamento. In una capace conca vengono versate le olive, e due pesan- ti macine metalliche rincorrentisi in mo- to continuo le riducono in una polti- glia nerastra. Per i palssato, azionava le macine un cavallo cieco; oggi l'e- nergia elettrica sostituisce i dlisgraziato animale; e tutto l'insieme dell'impianto, grandi pulegge in moto continuo, tor- chi metallici, apparecchi per la purifica- zione dell'olio spremuto, lavoro com- piuto pulitamente senza dispersione di liquido e senza untume, tutto significa come il progresso si sia impadronito di uno fra i più antichi compiti rurali, per- fezionandone ma non mutandone per nulla la tecnica; direi, i gesti. In una cesta, presso la conca dove le olive vngono schiacciate, stanno i «fri- scoli ». Sono larghe ciambelle — vere ciambelle col rispettivo buco — fatte di fibra di cocco fittamente intrecciata. I friscoli vengono imbottiti dell'impasto tolto dalla conca e sovrapposti l'uno sull'altro in cclonna esatta fra sostegni metallici; poggiante il tutto sopra un re- cipiente metallico destinato a ricevere l'olio. Sotto l'azione compressiva elettri- ca i Iriscoli vengono spremuti, spremu- ti, sempre più spremuti. A traverso le maglie della fibra, il liquido comincia a gocciolare, e le gocce si riuniscono, di - ventano filo di liquido, via via più nutri- to e più fitto. La luce che viene dalla finestra di fondo della stanza fa brillare il prodotto prezioso; sembra che il sole dia l'ultimo saluto al liquido che esso ha cresciuto e maturato nelle olive, e di cui è orgoglioso. Solo il grano, il grano che anche in queste terre benedette co- mincia ora a verzicare, può competere con l'olio, in valore. Quando l'olio dei- Pannata sarà stato tutto spremuto, lava- to, purificato, nascosto negli otri capaci, quando l'ammasso avrà prelevato la sua parte e l'avrà distribuita a chi dell'olio non conosce se non la razione della tes- sera, allora sarà per il contadino la vol- ta di pensare al grano. Per mesi avrà tre- mato al timore delle tante insidie: la sic- cità, i velnto sciroccale, le arvicole, le cavallette... Ma Dio, che mitiga il vento d i a pecora tosata, proteggerà il raccolto del grano come ha protetto quest'anno quello delle olive. Un frantoio, un mulino in azione par- lano al cuore d'ogni Italiano un linguag- gio di speranza e di fiducia: Il paese che ha questa terra, questi uomini di buona volontà che la amano e la lavorano, que- sti prodotti d'una invidiabile e invidiata — ma protetta e difesa — ricchezza, non può soggiacere nè morire. INVESTIGAZIONI INFORMAZIONI PRIVATE - INDAGINI DELICATE R I NTRACCI OVUNQUE ISTITUTO NAZIONALE «I .N. I .C.» Piazz d Siapagna , 7 H2 -ROM A Ristoreant .S CAORL pr im' ordine, ser- vizio s ce l t i s s imo Corso Umberto, 120 - Tel. 62.518 PREZZI MODICI Corri spon densa fra le abbonate La lettera in cui l'abbonata Alba T. B. di Siena sfiora con molto garbo un argomento di attualità — la disfacitura di vecchi lavori a calza o all'uncinetto per ricupero di cotone — mi è giunta mentre stavo appunto disfacendo una calza vecchia, ma in buono stato, che avevo trovata in un cassone, caotico ricovero di cianfrusaglie fuori d'uso. Era una calza bianca a larghi trafori e col bordo a smerli, fatta secondo la moda di un'epoca remota, in cui l'ele- ganza femminile veniva subordinata a un criterio di durata e di praticità. Quella calza, massiccia e rustichetta, rappresentava forse i mlassimo dello scicche agli occhi di qualche bella don- nina che, nell'andare a spasso, sgonnel- lava come Mimi per mostrare la cavi- glia chiusa in una guaina candida e traforata. Nel corso degli anni, amano ama- no che i gulsto femminile andava raf- finandosi, la moda delle calze subiva un'evoluzione che ha progressivamen- te poitato il mondo femminile alle gioie incommensurabili delle calze di tela di ragno e relative smagliature. Quasi un secolo è trascorso da quan- do la moda delle calze bianche è stata rinnegata. Le donne che non ebbero i telmpo di consumare quelle porrate in corredo, le relegarono in un cassetto dove, tal- volta, sono rimaste per decenni e de- cenni, senza che nessuno — sia per in- differenza, sia per un senso di rispetto ^ erso le cose del passato — si curasse di rimuoverle. Tal'altra, invece, mani profane le hanno scompagnate, disper- se, buttate fra gli stracci, come relitti di una foggia barocca, per sempre tra- montata all'orizzonte della moda. Ed ecco che ora la calza bianca è stata ripristinata dalla gioventù d'ambo i ses- si. Calza tipo sportivo a larghe costole ingrossanti caviglie e polpacci, fatta appunto di cotone ricuperato con la di- sfacitura di quei vecchi lavori, a calza o all'uncinetto, ai quali accenna nella sua lettela l'abbonata Alba T. B. d i Siena. Calza di guerra, dunque! Poiché il cotone scarseggiava, ecco le madri di famiglia volgersi, una dopo l'altra, di propria iniziativa o dietro l'esempio altrui, verso ciò che poteva fornire una nuova scaturigine del pre- zioso filato. E cosi sono venuti fuori da- gli armadi e dai cassettoni copripiumini e sopripoltrone vetusti, trine a lungo metraggio, e coperte nelle quali i col- tone fu profuso senza risparmio, con un lavoro che, fatto a spizzico, si è protratto per vari anni. Se nasceva una bimba, la mamma si affrettava ad incominciare una coperta, a calza od all'uncinetto, che un giorno, quando la pupa fosse diventata una fanciulla da marito, avrebbe dovuto far parte del suo corredo. Ci lavorava a tempo a- vanzato, per cercare in quella lon.-e-a occupazione un dolce riposo alle sue 15

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