LA CUCINA ITALIANA 1943
fa coda) de! filetto stesso e perciò pic- cole: tanto che, una ¿-olta chiuse in una legatura di spago passato nel loro spes- sore, non misurano più di quat t ro dita di diametro. Naturalmente le fet t ine debbono avere un certo spessore (circa tre centimetri) perchè possano reggere lo spago che le ar rotonda e che deve mante- nerle in forma durante la cottura. I Tournedos si cuociono — diciamo pu- re si cuocevano — in gratella o in te- glia; ma a cot tura sollecita, dovendo risultare all ' interno di una t inta rosea; e si servivano su crostini di pane, o su dischi di pasta sfoglia con l 'aggiunta di qualche salsetta delicata. Essi van- no messi perciò nella categoria dei piat- ti fini, dei quali si può par lare solo per appagare la curiosità di un'abbonata fedele, quando essa si esprima nelle sue lettere,, con tanto garbo e delicatezza che non è possibile risponderle con un rifiuto. ENA GIACHI, Firenze. — Nel dol- ce al quale alludi, non entrano effettiva- mente ^ nè uova nè burro. Ma c'entra la far ina bianca, c'entra quella gialla: una tazza dell 'una e una dell 'altra. Ora io Va do molto cauta lièi pubblicare ri- cette di preparazioni che contengano, come elementi indispensabili e perciò insostituibili, generi di consumo raziona- ti. In f a t to di dolci, poi, il mio riserbo è ancor più rigoroso. Non è detto però che tut te le abbo- nate debbano trovarsi, pur non facen- do acquisti di f rodo, nell'impossibilità di confezionare ogni tanto una mode- sta torta per i loro bambini. A quelle che, per la loro qualità di prppr ietar ie di beni rurali, viene f a t ta un' annua as- segnazione di far ina in sostituzione del- la tessera del pane, non può essere di f- ficile lasciare un piccolo margine nel consumo giornaliero di questa prezio- si sostanza, per la manipolazione di qualche dolcetto casareccio. Quanto alle zucchero, il suo consu- mo _ varia secondo il gusto e le abi tu- dini degl ' individui. C'è chi, per essere t roppo amante del dolce, vede sfumare m pochi giorni la propr ia razione; e chi, regolandosi con criterio, riesce a r ea l i ^a r e, mese per mese, un piccolo avanzo. Ci sono infine donne di casa amorose, che l'inunziano spontaneamen- te allo zucchero, per impiegarlo nelle marmellate o in altre preparazioni, ca- re ai loro fami l iari grandi e piccoli: e di tale possibilità, acquisita con la ri- nuncia spontanea, esse possono godere, senza iecare pregiudizio alla massa dei consumatori. Questo preambolo era necessario, perchè potessi arr ivare a darti le indi- cazioni che richiedi, senza essere accu- sata d' inconsideratezza, o peggio. Ed ora ecco la ricetta che più semplice non pot rebbe essere: una tazza di far i- na bianca; una tazza di far ina gialla; una razza di latte; mezzgi tazza di zuc- chero; odore di vainiglia o di arancio grat tato; una busta di lievito in polvere. Mischiare assieme le due farine, u- nendovi il lievito in polvere; intrider- le col latte, aggiungervi lo zucchero, e l 'aroma. Lavorare ben bene l ' impasto, quindi sistemarlo in una teglia unta di burro, olio, o strut to. Far cuocere in forno di calore moderato fino a che il dolce non abbia preso una t inta dorata. AMICA DI PIEM. . .. — Comprendo benissimo come, abi tando in codesta cit- tadina che, appol laiata sul culmine di un colle, sembra contemplare dall 'alto le « genti umane affat icate » tu abbia serba- to inalterate le tranquille abitudini della tua vita di massaia operosa, tut ta intesa à supplire alle necessità dell' oggi e a prevedere quelle di domani. Costà, dove non arriva l 'urlo lugubre delle sirene, una donna di casa è certa di potere svolgere anel li nel domani il suo piccolo programma giornaliero di faccende do- mestiche, ispirate all 'amore dell 'ordine e della pulizia, e regolate da uno spirito di iniziativa fecondo di benessere fami- liare. Ma a una donna che, vivendo nel raggio «probabile» delle azioni di guerra, sa di avere dinanzi a se un' incognita minacciosa, non si può far carico se, preoccupata piut tosto di preparare quanto è necessario pel caso di sfolla- mento, non si accora perchè gl ' impiantiti delle sue stanze non sono abbastanza lu- cidi, e i vetri delle finestre non hanno più !a ni t idezza che, per l 'addietro, era d'obbligo in casa sua. Questo ti faccio osservare per indurti a una comprensio- ne più equa dello stato d'animo della tua congiunta. Dopo la vittoria, essa ri troverà in sè quelle at t i tudini che la tensione at- tuale ha deviate. Tu, intanto, scrivile in termini affet tuosi, studiandoti d' inclu- dere nelle tue lettere, ma senza aver l 'aria di catechizzarla, esortazioni e con- sigli che possano esserle utili, tenendo conto soprat tut to della oppor tuni tà, an- zi della necessità, che essa eviti ogni ra- gione di at t r i to col marito. Quanto al manuale di economia do- mestica che desideri acquistare per farne dono alla tua congiunta, non saprei con- sigliartene uno migliore di « Vita di Ca- sa » di Lidia Morelli, manuale ben me- n t e vole del premio assegnatole dal l 'O- pera Nazionale Dopolavoro. E' il più completo ed il più accessibile allo spi- rito delle giovani massaie che veramente anelano a fare della propr ia intelligente at t ivi tà il fulcro della felicità domestica. All 'ultima tua richiesta risponderò di- rettamente appena avrò raccolto i dati che mi occorrono, per darti un ' informa- zione esatta e perciò inconfutabile. F R I DA r s B O N O Ci R A D I T O p i o v a no PURGATIVE-ANTI: J EMORROIDAll-DIGEJTIVE Jcatofa diSOpili'oi'e C 4 nelleprincipatiJamacie ocon vagita di£ 5 afa FARMACIA PONCI SFOSCfl-VENEZIA L'ai tra mattina la posta mi ha re- capi tato un pacchet to misterioso, di cui nessuno mi aveva annunziato l ' in- vio. Perciò sono rimasta per qualche i- stante a guardarlo, tra perplessa e cu- riosa, quasi cercando un segno esterio- re che potesse rivelarmene il contenuto. Finalmente mi sono decisa ad aprir- lo: e più grande non avrebbe potuto essere la mia sorpresa, quando, da vari involucri di carta velina, sono usciti fuori due manichini di lana fat ti a cal- za sul tipo di quelli che, nel buon tem- po antico, facevano parte, con lo scal- dino e lo scialletto di lana, della difesa opposta dalle donne contro i rigori del- l ' inverno. At taccato con uno spillo a uno dei manichini, c'era un pezzet to di i ogl io con una dedica dat t i lografata: — A Frida, questi manichini fa t t i di la- na disfat ta, perchè le riscaldino le ma- ni mentre scrive l'A.B.C. Mancava la firma e qualsiasi al tra in- dicazione che mi permettesse di indivi- duare la misteriosa mittente del pac- chetto. Caro mi è stato il dono, e più caro mi è il pensiero dell 'amica sconosciuta che ha scaizettato per me, con spon- tanea sollecitudine. Forse, l ' ignota, dopo aver letto il mio articolino, sulla disfacitura dei vecchi lavori a calza o all 'uncinetto, ha vo- luto dimostrarmi che la lana disfat ta lavorata con abilità, può dare ottimi ri- sultati. Infa t ti la maglia di questi manichini, che effettivamente mi scaldano le mani mentre scrivo, è di una singolare uni- tezza. Guardandol i, mi compiaccio del dono ricevuto che ancor più accetto mi sarebbe stato, se la donatrice non aves- se voluto — chi sa perchè! — celarmi la propr ia identità. Il pacchet to recava il t imbro postale di una città della To- scana, ove risiedono parecchie abbonate della «Cucina». Quale di esse, inviando- mi i manichini, ha voluto mettere di nuovo in valore questo ormai disusato accessorio dell 'abbigliamento invernale femminile."' Un tempo, nella stagione rigida, la quasi totalir-à delle donne usava mani- chini di lana. La di fferenza stava nel colore, chiaro per le donne giovani, scuro per quelle anziane. Era l'epoca delle camicie di ghinea... a crescenza, delie gonnelle a lungo metraggio, delle .alze di lana fat te a mano, col treccio- iino penzolante dal l ' avviatura. -Non avendo in casa — meno poche privilegiate — nessun mezzo di riscal- damento, le donne si at taccavano allo scaldino, al quale chiedevano t rat to t rat to con le sapienti « sbraciature » un aumento di calore. La sera, poi, si met- teva^ a letto un trabiccolo con una « cecia » bene accesa che surriscaldava coperte e materasse. E con quanta bea- t i tudine si allungavano le gambe in quel calduccio propiziatore di sonni t ran- 29
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