LA CUCINA ITALIANA 1943
quilli e riposanti! Qualche volta si en- t rava a letto senza togliere il trabic- colo, per coccolarselo un poco e pro- lungare quella voluttuosa sensazione di benessere fisico ad ol tranza. A mano a mano che, per una più lo- gica comprensione dei bisogni della vi- ta, 1' uso di riscaldare le case, sia pure con mezzi limitati, si diffondeva anche nelle famiglie meno abbienti, lo scaldi- no, sostituito con sistemi di riscalda- mento più moderni e più igienici, deca- deva dalla sua antica impor tanza. Le donne -che venivano a trovarsi nella possibilità di sbrigare le loro faccende al calduccio di una stufa a carbone coke o elettrica, si af f ret tavano a ri- durre il volume dell ' involucro inver- nale. impacciarne i loro movimenti. D' al t ronde l 'evoluzione novecentesca dell 'abbigliamento femminile, non solo induceva le giovani a svestirsi fino ai limiti del possibile, ma spingeva le don- ne più giovani a por tare modificazioni e r i forme radicali nel loro modo di ve- stire. Al cum inuumenti si facevano via, via più brevi e più succinti; altri sparivano di circolazione assieme a certi accessori incompatibili con quell'ansia di moder- nità che irradiava anche sulle donne di età rispettabile, un riflesso, sia pure il- lusorio, di giovinezza. I manichini di lana furono i primi ad essere rinnegati. Ormai avevano fa t- to^ il loro tempo. E c'è voluto che la li- mi tazione del combustibile facesse scen- dere di qualche grado il termometro nelle nostre abitazioni, perchè una cara donnina credesse oppor tuno riaffermar- ne il vetusto significato di utilità. Nè for- se la savia intenzione della mia amica sconosciuta costituisce un caso isolato. Le donne intelligenti comprenderanno certo che non mette conto sacrificare al desiderio di esser moderne il benesse- re materiale. E scalzetteranno quanto più sarà loro possibile con lana e corone ricuperat i; e por teranno per casa due e anche tre paia di calze per non avere i piedi intirizziti, e, come f a- cevano le nostre bisavole, si met teranno sotto il vestito, sul pet to e sulle spalle, una provvidenziale difesa di carta di giornale. Torneranno ad « essere » indi- spensabili lo scaldino e la « cecia » cion- dolante dal trabiccolo... Coraggiosamente, insistentemente, le donne cercheranno un pò di calore per se e per i loro cari, coi mezzi più arcai- ci e più modesti, dovunque pot ranno t rovar lo. E questo l ' intimo significato dell ' in- vio, a me così gradito, dei manichini? Vorrà, se glielo chiedo, la gentile dona- trice uscire dall 'anonimo? O vorrà che io continui a ripetere, senza speranza, sull 'aria di Butterfly: « Chi sarà, chi sarà... ». FRIDA IL CAVOLO Dire che il cavolo goda di una grande simpatia, in generale, sarebbe esagerato. Sia cappuccio o romano, col fiore o ve- stito di scuro (come il broccolo toscano e il napoletano) il cavolo ha la prero- gativa poco felice di puzzare maledet- tamente, durante la cot tura: e molte si- gnore io guardano con diffidenza. Ep- pure, pochi ortaggi sono così utili come lui: pochi sono di più facile coltivazio- ne, di maggiore adat tabi l i tà ad ogni ter- leno e pochissimi si prestano, come lui, "ile più svariate preparazioni. Il cavolo infa t ti si può mangiare cotto in parec- chi modi: anche... crudo, il che è un sistema molto sbrigativo di cot tura! Ap- prestato in qualunque modo, lesso o in padella, in umido o fr i t to, salato in ba- rili o ripieno, il cavolo è sempre di pre- parazione facile, di digestione pronta, e di prezzo mite. Tu t to questo, direte voi, lo sapevamo. Benissimo: ma scommetto che non sapevate come il cavolo sia prezioso anche per le sue qualità tera- peutiche. Ce lo dice un collaboratore della Ve- detta d'Italia il quale ricorda che un grande romano, Catone l'Uticense, ha lodato il cavolo con fervore. « Il cavolo », scriveva il Censore nei Precetti al figlio, « è di tut ti gli erbaggi .1 migliore: puoi mangiarlo cotto e cru- do: se io mangi crudo inzuppalo nel- l 'aceto. E.' meraviglioso per digerire, scioglie il ventre e l 'orina, è giovevole per lut ti i mali. Se in un convito tu voglia bere molto e mangiare senza preoccupazioni, mangia prima della ce- na cavolo quanto ti piaccia, con aceto: e dopo la cena mangiane quat t ro o cin- que foglie: ti f a rà come se non avessi mangiato e pot rai bere quanto ti par rà ». Ora veramente non sono tempi da mangiare e bere « senza preoccupazio- n i » : anzi, per mangiare e per bere, le preoccupazioni sono dimolte, specie pei quel che riguarda la spesa, anche se, per doverosa disciplina, nessuno pensa a mangiare e bere cose prelibate. Ma, non ioss'altro a titolo di curiosità, è in- teressante vedere quali virtù il grande romano attribuisse al cavolo in tut te le sue varietà. Con decotti di cavolo, empiastri di cavolo cotto in un modo o nell 'altro, o t r i tato, si guariscono sicuramente, se- condo Catone, dolori articolari, reuma- tismi, mal di capo j d'occhi, dolori al cuore, al fegato, ai polmoni, ai precordi, gonfiezza di milza, tut ti i mali dell ' in- testino, la dissenteria, l ' insonnia, i f a- stidi della vecchiaia! Perfino le ferite, le lussazioni, le ulcerazioni delle mam- melle, i tumori, il carcinoma e il can- cro! « Pr ima di applicarlo, lava le par ti inalate abbondantemente con acqua cal- da: poi due volte al giorno cambia lo empiastro f a t to di questo eavolo pesto: guarirà tut te le piaghe.senza dolore, fa- i_à suppurare e scoppiare i tumori e le ferite, e i cancri sanerà, come non po- trebbe far nessun al tro rimedio ». Per quel che riguarda la bile, e il ca- tarro, Catone suggeriva: « Piglia delle cime di cavolo teneris- sime: _ di quat t ro libbre fa tre mazzet ti uguali e legali: poi metti al fuoco una pentola con dell 'acqua; e quando leverà d bollore, mettici per un poco uno di quei mazzi: cesserà di bollire. Poi, quan- do ricomincerà, rimettilo un poco, e ciò per cinque volte. Lo stesso farai poi pel secondo mazzet to e pel terzo. Dopo pè- stali e avvol tali in un panno, spremine il succo^ per un'emina all ' incirca in una razza di terra: mettici un grano di sale uuanto una lenticchia, e un po' di ci- mino, tanto da dargli odore, e metti la tazza al sereno per la notte. « Colui, che avrà da bere questa po- zione, faccia ur bagno caldo, beva del- l 'acqua melata e vada a letto senza ce- na; la mat t ina dopo beva, e passeggi per quat t ro ore,' e vada pei suoi affari, se ne ha. Quando si sentirà la voglia e lo p i g l e r anno le nausee, si met ta a letto e si liberi... Da rà fuori tanta bile e tanto catarro ch'egli stesso ne rimarrà meravigliato. Poi si leverà, beva un'e- mina d'acqua o poco più: se rigetterà ancora, prenda due cucchiai di fior di far ina, li metta nell 'acqua e ne beva un poco. Sarà ristabilito ». L'emina era un'ant ica misura romana. Corrispondeva a un poco di più di un quar to di litro. Ignoro se ci possa essere chi, f ra coloro che soffrono di bili, abbia oggi il corag- gio di far bollire l 'acqua, tuffarci il ca- volo, e poi mettere al sereno il decotto, e tut to il resto. In questa nostra epoca ai specialità, la gente preferisce pren- dere una pillolina. Ad ogni modo, il grave Catone ci ammonisce che il ca- volo, anziché essere indigesto o comun- que nocivo, è straordinariamente bene- fico e salubre. Perchè non manchi la nota prat ica a questa piccola scorribanda nel campo delle reminiscenze classiche, eccovi la ricetta per fare il cavolo rosso mar inato, ottimo come contorno al lesso, quando c'e, o come contorno... a se stesso, quan- do ^ un piat t ino d'erba cotta e piccante può esser gradito. Tagl iare minutamente le foglie del cavolo come per fare una zuppa giu- liana: mettere tutti questi tagliolini in una terrina, cospargendoli di sale fino. Coprire e lasciar macerare per 6 0 8 ore, maneggiando spesso perchè il sale, di- scioltosi al contat to delle foglie, le insa- porisca tutte. Sgrondarle, poi, piut tosto diligente- mente e metterle in un vaso, insieme a uno spicchio d'aglio, un po' di pepe in grani, e una foglia di alloro. Ricoprire ogni cosa dì aceto: meglio, se l'aceto è stato bollito e poi si è lasciato r a f f r ed- dare. Lasciare il cavolo in infusione nel- l'aceto per un giorno: poi toglierlo e ser- virlo, anche senza condimento d'olio. Debbo aggiungere per la verità che questa ricetta non è di Catone il Cen- sore, e neanche di N I NA 30
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