LA CUCINA ITALIANA 1943
L'ARTIOCOL DLE MAEOSTR # C U C I N A Che l 'appetito fisiologico del l 'umanità continui a seguire la sua linea discendente (non ricerchiamone le cause) sì che oggi si mangi, in generale, meno di quanto mangiassero i più remoti progenitori, è cosa nota: e la conoscono anche colo!o che meno si sono occupati del l 'evolversi dei bisogni del l 'umana alimentazione. Ecco che cosa scrive un poeta, il Pr o f . Paolo Buzzi, nella Pre f az ione di « Ap i - cio » (De Re Coquinaria); « I n conclu- sione — egli dice — se è mutato il me- todo, non è mutabilissima la sostanza delle cose. No i , certo, mangiamo meno degli antichi e par l iamo, in compenso, di più, mangiando ». Nei numeri passati si è mostrato con rapidi cenni l ' importanza assunta delle concentrazioni delle sostanze al imentari di f ronte al l 'arte della cucina. Non saremo certo noi, ital iani, gli ultimi a porre in prat ica i r i trovati dei nostri studiosi, veri geni in materia. I prof f. Ot t avi e Cerut i, oltre 30 anni f a , pubbl i- cavano « ... noi abbiamo delle sostanze al imentari le quali rappresentano il non plus ultra della concentrazione, mentre i loro componenti zuccheri, grassi e pro- teine si trovano nelle condizioni più f a - vorevoli che si possano immaginare per essere assimilati dal l 'organismo. Conven- gono quindi alle persone esaurite, debo- li, convalescenti, a quelli che debbono sopportare grandi s forzi, come i turi- sti, gli sportmen, i lavoratori intellettua- li, e che devono nutrirsi senza a f f a t i care 10 stomaco e gli intestini. Personalmente 11 abbiamo provati in marcie lunghe e fat icose e migl ior risultato non poteva- no o f f r i r e. Il prof . Mont i, che f u il primo a ideare questi alimenti, li deno- minò Ampeloplast ina se preparati a ba- se -di uva; Calat toplast ina se ottenuti con latte, Ematoplast ina se col sangue; Creatoplast ina se col la carne ». Sapori e sostanze al imentari f anno il loro giuoco nei tempi. Per darvi una idea di come i Romani traducessero in linea di f a t to quelli che potremo chia- mare i postulati della loro cucina, ri- porto qui una f r a le molte ricette che si riscontrano in Apicio. M A I A L E O R T O L A N O. — Disossate- lolo per la gola riducendolo a guisa di otre. Poi vi si mette pollo tritato. Vi si aggiungono tordi, beccafichi, polpa del maiale stesso sminuzzata, lucanica, dat- teri senza noccioli, bulbi fabrili, chioc- ciole sgusciate, malva, bietole, porri, se- dano, cavoli lessati, coriandro, grani di pepe, pinoli: il tutto si bagna con 1} uova e salsa pepata, vi si mettono anche delle uova tritate. Riempito il maiale, si cuoce, si bislessa, poi lo si arrostisce al forno. Quando è cotto si taglia dalla P R A T I C A parte della schiena, e lo si copre di pe- pe triturato, ruta, salsa, passito, miele e poco olio, fatti bollire e poi misti ad amido. Non può esservi dubbio che i Romani — a loro modo s'intende — praticas- sero pure la concentrazione degli alimen- ti. Però avevano certo uno stomaco più for te e più capace del nostro. Ora perchè vi possiate formare un concetto per lo meno approssimat ivo del- le preparazioni cucinarie — non pri- ve di un senso pratico attuale — quali furono « ideate » dal pro f . Monti e dal sottoscritto ridotte a lezioni correnti, vi presenterò alcune ricette, modeste quan- to è possibile immaginarle oggi giorno. R I S O T TO COL V I NO B I A N C O. — Come ebbi a dimostrare in precedenza, il riso sottoposto a leggera ma prolun- gata rosolatura, specie se dovrà ba- gnarsi in parte con vino, oltre a mante- nersi con faci l i tà nella sua f orma ed acquistare un sapore aumentato per i grassi che lo hanno permeato, manterrà al massimo il pro f umo ed il gusto del v i- no, giacché non vi è nul la più dei grassi che trattengano in loro gli aromi cogli eteri ed i profumi di quelle so- stanze che vengono loro a contatto. Del resto il vecchio cuoco ambrosiano co- nosceva c i ò - da tempo; e noi non f ac- ciamo al tro che al largare la cerchia di queste conoscenze appl icando colla mag- giore sicurezza i relat ivi principi. Preparate un sof f r i t to di cipol la grat- tugiata in un padel l ino con uno di quei grassi di cui disporrete, e ponetela in disparte. Rosolate il riso, bagnatelo col vino aggiungendogli subito la cipol la ac- ciò i due grassi si riuniscano, e procedete alla cottura versando a due o tre ri- prese il brodo naturale o con surrogati, ovvero acqua bollente di cottura di ve- getali freschi di buon sapore. Pr ima che la cottura sia ultimata 'unitevi il f or- maggio acciò gli ultimi bollori ne f ac- ciano risaltare il gusto. R I S O T TO A R OMA T I C O. — In Pie- monte è buon costume di mescolare il vino rosso nella minestra di riso asciut- to o qualunque essa sia, quando essa è stata già scodel lata: il vino è rosso e tolto al lora al lora dal la bottiglia. Usan- za prefer i ta nella stagione invernale e con ragione. Il vino di fat ti non avendo subito l 'ebollizione mantiene in sè gli aromi intatti insieme alla sua parte al- coolica benefica. Ma un beneficio mag- giore se ne può trarre qualora al vino comune, sia bianco che rosso (è quello che si usa di più, e si capisce il perchè) s ' infondano ( 1 ) erbe e radici aromatiche, quali per esempio il sedano, il basi l ico, la maggiorana, il finocchio (la parte ver- de tanto disprezzata da noi in Ital ia), la carota, ecc. ecc. Il vino intiepidito è quello che da i risultati migliori. Ci rca la cottura di questo riso, regolarsi nor- malmente secondo la ricetta precedente ed i gusti di ciascuno, sia che si pre f e- risca o no il vino di colore, sia che lo si vogl ia consumare in cottura od a ri- sotto scodellato. R I S O T TO A L V A P O R E COL V I - NO. E ' una v i vanda che può definirsi di prim'ordine o signorile richiedendo nei consumatori un palato abituato ai sapori meno comuni. Lava te il riso a grand'acqua e col locatelo in un colabro- do calcolando il necessario spazio per il suo r igonf iamento in cottura; adattate il colabrodo su di una pentola con acqua che bolle, cospargetelo con sale, coprite bene, e 25 minuti dopo levate il cola- brodo, rovesciate il riso su di un piat- to fondo e cospargetelo col seguente condimento: Sciogliete in una cassaruola 30 gr. di burro, unitevi 30 gr. di f ar ina di qualsiasi qual i tà; raggiunto che abbia pian piano il colore nocciola, bagnate il « biondo » (tale termine tecnico sostan- t ivato, si usa per indicare tutti quei com- posti di f ar ina rosolati — a diverse gra- dazioni — di color biondo) con un bic- chiere di vino bianco Concentrato fino a due terzi del suo volume; aggiungetevi del buon concentrato di vegetali disciolto in due dita di latte. Versate bollente sul riso e servite (2). R I SO COL M I E L E C O R D I A L A T O. — Lava te il riso, quindi scolatelo e sbollentatelo subito per 3 minuti; scola- to di nuovo gettatelo in un recipiente che contenga del latte per un volume circa tre volte superiore, facendove lo cuocere adagino con una presina di sa- le. Per tale operazione saranno appena sufficienti 20 minuti. Ne l f rat tempo met- tete a sciogliere a bagnomar ia un quan- t i tat ivo di miele sufficiente per indolci- re il riso profumandolo con una sottile pel l icola d'arancia freschissima, oppure di limone. Ponete un bel tuorlo d'uovo fresco in una scodella con un pezzetti- no di burro e stemperate tutto ver- sandovi sopra il miele che agiterete con un cucchiaio. Togl iete il riso dal fuoco, conditelo col composto di miele e ser- vitelo possibilmente con una corona di profuma ti f ragoloni freschi. ( 1 ) Le infusioni aromatiche si f anno tanto nel l 'acqua che ffel brodo oppure nel vino; però è buona norma che qua- lunque sia il l iquido non oltrepassi gli 8o°. (2) Le f ar ine tostate perdono metà del loro potere agglutinante diventan- do così più leggere per la digestione; ed occorre in generale un tempo di circa la metà inferiore per la cottura, dopo che furono bagnate, delle f ar ine non to- state. 67
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