LA CUCINA ITALIANA 1943

I CAVOL F I ORI DI F A NO •similatrice dei cibi. L'uno e l 'altro rie- scono deturpanti. Come sorbire il gelato Durante una festa di nozze, un batte- simo, un banchetto allegro, non poten- do sottrarsi alla tentazione d'una cassa- ta di cui s'è ghiotti, non sembri pedan- teria trattenere prima un sorso d'acqua in bocca. Questo sorso d'acqua f a rà riu- scire meno brusco il contatto di robetta che, pur liquefacendosi dolcemente e de- liziosamente, si trova sotto zero di tem- peratura. Indi sorbire il gelato a pezzettini as- sai sottili, non lasciarsi mai trasportare dal l 'avidità d' introdurre nella bocca cuc- chiaiate di gelato che costringono, a un contatto troppo prolungato del boccone f r a i denti e, talvol ta, lasciano pas- sare per l 'esofago dei pezzetti, senza neppur essere stati prima liquefatti dal tepore della bocca. L' IGIENISTA CONSERVAZIONE DEL LARDO Una nostra fedele abbonata da Le- gnago ci scrive: Solo da pochi giorni mi è giunta la Cucina Italiana del mese di aprile. Non dico questo per una lagnanza, per- chè conosco le di f f icol tà del momento, ma solo per il rincrescimento di non a- ver potuto rispondere prima alla do- manda dell'abbonata T . M. che desi- derava sapere come conservare il lar- do. Si può fare in due modi: levare la cotenna e passarlo per la macchinetta della carne; metterlo ben pressato in un recipiente di terracotta; ungere be- ne la superficie con olio e f a r vi poi aderire una carta oleata. Oppure tagliarlo a pezzi e metterlo in un vaso smerigliato con acqua sa- lata (grammi 250 per ogni litro di acqua). In tutti e due i modi si con- serva per molti mesi senza prendere il rancido. Un altro suggerimento perchè nulla vada sciupato: dal sale di cucina, sem- pre molto sporco, e che tutte le mas- saie l averanno si può ricavare del sa- le fino da tavola, tanto difficile ora da trovare. Si lascia deporre per parecchie ore l 'acqua dove è stato lavato; si pas- sa poi da una pezzuola perchè non vi Ho trascorso alcuni giorni a Fano. A traverso guide e riviste conoscevo del- la graziosissima città le mura malatestia- ne, la alata statuetta della Fortuna che la protegge, l'angelo custode del Guerci- no che ispirò il poeta Roberto Browning. .. ma confesso che ignoravo che la mag- gior risorsa agricola e commerciale di Fano consistesse nella coltivazione dei cavolfiori. I campi di cavolfiori si sten- dono, appena fuori di città, a perdita d'occhio, e il largo ricco fogl iame aper- to a calice mostra quella specie di bian- co fiore mostruoso che è la « pal la », riducendo l'intera campagna a una certa ricca monotonia bianco-verde. Le ragaz- ze della campagna vanno « a lavorare ai cavoli », come altrove vanno alla fabbr i- ca, e tutta un'industria promana da tale coltivazione: la fabbricazione delle « gab- bie » per le spedizioni, gli imballaggi, il trasporto, ecc. Non occorre dire che a Fano stessa si mangia molto cavolfiore, bianco carnoso, tenero e dolcissimo. Senonchè, mai una vol ta mi son state date a mangiare an- che le fogl ie del fiore, neppure le più te- nere, quelle piccole e chiare aderenti alla « pal la ». Che ne fanno delle foglie? — ho domandato —•. Si buttano, mi è stato risposto con un certo stupore. E un vet- turino di piazza, al quale domandavo se le davano almeno alle bestie, se le dava al suo caval lo, mi rispose sdegno- samente che ciò che f a male agli uo- mini, f a male anche agli animali. rimanga terra e si mette al fuoco ad evaporare. Nel fondo del tegame si depone uno strato di sale fino e bianco che si lascia asciugare adagio mettendo il tegame in un angolo della cucina economica. Una vecchia abbonata MOSTARDA DI CREMONA Acquamarina , la nostra valorosa col- laboratrice si rivolge alla competenza di collaboratori o esperte cuciniere per ottenere l'autentica ricetta di frutta sena- pate (Mostarda di Cremona) onde po- terne allestire in casa. Pur avendo consultato trattati di cuci- na degni di fede, e adoperato senape in polvere genuina e raf f inata, la composi- zione non è mai riuscita soddisfacente, un po' perchè la frutta non si è con- servata intatta e di bell'aspetto, ma più ancora perchè lo sciroppo non è risultato limpido e pastoso quale lo si t rovava nei secchielli di mostarda, un tempo in com- mercio. Molti ringraziamenti a chi elar- girà la desiderata informazione. Ecco un af fermazione curiosa! Io ho sempre mangiato fogl ie di cavolfiore, non solo senza sentirne malessere alcuno, ma trovandole anzi buonissime; certa, per di più, di consumare la parte della pian- ta che più esposta ai raggi del sole, più è penetrata di preziosi elementi vitali e vitaminosi; appunto come avviene del- l ' insalata, le cui foglie verdi sono nutri- tivamente migliori delle bianche nasco- ste all'interno. Ma ho sempre trovato di f- ficoltà a persuadere di ciò le domesti- che; e ora mi avvedo che anche le mas- saie fanesi hanno lo stesso pregiudizio! Oggi, almeno, che nulla si deve butta- re, e tutto utilizzare, le belle e buone fogl ie dei cavolfiori dovrebbero anche esse venir tenute di conto; le più pic- cole e tenere, le interne, si fanno ap- pena appena scottare, e si cuociono insie- me coi grumoli della «palla»,, di cui mi- gliorano perfino il sapore, sia che si tratti di un piatto « gratinato » in forno, o di un'insalata. Ma anche le fogl ie più gran- di non la cedono: abbisognano di una scottatura più lunga, e se proprio la co- stola è troppo grossa e dura, si elimina, ma neppur quella si butta: che si può sempre cuocere fino a che sia possibile spappolarla, passarla a setaccio, farne la base -d'una buona minestra di verdu- ra, della quale faranno pur parte, con altri ortaggi, pezzi di fogl ie del cavol- fiore. Ma l 'impiego migliore di queste ultime, solo prive delle costole maggio- ri, poi tagliuzzate, è pur sempre nel condirle a insalata con olio, limone e acciuga. Vorrei proprio farne persuase le mas- saie fanesi! Le quali, f ra due o tre me- si, avranno a loro disposizione un pro- dotto altrettando abbondante e ricco dei cavol f iori: il pomodoro. Presto il ros- so fiammante sostituirà il bianco del- la coltivazione precedente. E allora sa- rà un gran cuocere di pomidoro, un gran consumo di pomidori crudi... Ma se dei cavolfiori le massaie fanesi buttano le fogl ie, che cosa non butteranno dei po- modoro? Ne sono quasi sicura: la buc- cia,/i semi, e peggio: li taglieranno e li lasceranno scolare, o « f ar fare l 'acqua », come tante e tante altre rrjassaie han- no l'abitudine di fare, privando così il pomodoro della miglior parte della loro sostanza. Quanto si può ancora modificare nel sistema di cucinare! E non per sola eco- nomia tirchia, come taluna può crede- re, (benché anche l'economia sia, oggi,- sacrosantamente decorosa! ), ma proprio perchè, per accertate esperienze scien- tifiche, le parti generalmente meno sti- mate di molti ortaggi sono quelle che meritano più stima. ZALÌ Ristoreant .S (AORL p r im' o r d i ne, ser- vizio s c e l t i s s imo Corso Umber to, 120 - Te 1 . 62 . 518 PREZZI MODICI Corrispondenza fra le abbonale 77

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