LA CUCINA ITALIANA 1943
V A N N A - Castelnuovo. — Si rac- conta che una vol ta Vol taire fu co- stretto a ricevere un tale famoso per le domande che r ivolgeva alla gente, su ogni argomento, come lo inspirava la sua insaziabile curiosità. Vol tai re gli andò incontro af fabi lmente e, prima ancora che quello aprisse bocca per salutare, gli disse: — Mio caro, vi prevengo che non so nulla di tutto quel che voi state per domandarmi. L'aneddoto, che è riferito nelle Me- morie del Marchese di Luchet, mi tor- na alla mente tutte le vol te che apro una lettera diretta a Nina. Come quel tale che, morendo, lasciò scritto: « Non posseggo nul la: il resto lo lascio ai po- veri » vorrei poter scrivere in testa al- la mia rubrica: « Non so niente di niente. Ora vedete se vi conviene do- mandarmi consigli e pareri ». Perchè, come avevo l'onore di • far osservare ad una gentile abbonata, un paio di mesi fa, le cose sono andate, pian piano, assumendo un carattere preoccupante, per me. Non mi si chie- dono più modesti suggerimenti in ma- teria di vi ta familiare, o qualche ideuc- cia — come la può avere quella umile massaia che sono io — in fat to di eco- nomia domestica: mi si sottopongono tali e tanti quesiti, che io dovrei esse- re, contemporaneamente, medico e in- gegnere, levatrice e fabbricante di scarpe, tessitrice e dottoressa in chimi- ca. Come volete che sappia curare il cimurro dei cani? E', questo, un argo- mento per la Cucina Italiana? E quel povero veterinario del vostro paese, per cosa è andato, tanti anni, a »scuola, sfor- zandosi di studiare per divenire la con- solazione dei suoi amati genitori e la provvidenza dei cani castelnuovesi? Il cimurro — ho letto per voi stamatti- na — è una malattia infettiva, che si manifesta in forme o catarrali o nervo- se. Può avere conseguenze gravi: spes- so la morte, talvol ta la sordità, la per- dita dell 'odorato, ecc. Colpisce più fie- ramente i cuccioli tenuti con eccessivi riguardi, nelle case: è meno pericolosa per i cani da guardia, lasciati all 'aria di giorno e di notte. Come si cura? Non lo so: so che, una volta che un cane è guarito del cimurro, non lo riprende più. Come vedete, ie mie conoscenze in proposito sono piuttosto ristrette: era più bravo quel tale che, parlando della meningite, diceva: — E' una malattia; terribile, o si muore o si resta imbecilli. E poi ag- giungeva, gravemente: — Io lo so, perchè l'ho avuta. L. L. L. — Cara, la donna ha oggi una missione altissima, e dobbiamo sa- perla compiere tutte con fermezza, con spontaneità, con coraggio. Non ci pos- sono essere diserzioni di nessun ge- nere: mentre i nostri cari combattono, mentre nelle officine e nei campi la gente lavora e produce, non ci possono essere donne italiane che si sottraggano, con qualsiasi pretesto o per qualsiasi ra- gione, alla grande opera di solidarietà na- zionale. Se per le tue condizioni di salute non puoi assumere incarichi volontari, negli ospedali, nelle officine, o nelle campagne, se non puoi svolgere un la- voro prof icuo negli uffici pubblici, nel- le opere assistenziali, etc. tu puoi an- cora compiere un gesto che sarà utile alla col lettività: rinuncia alla domesti- ca, consiglia la tua servetta a ritor- nare in campagna, dove c'è bisogno di braccia giovani e vigorose e dove si accingono ad andare ie nuove leve, ma- schili e femminili, del fronte del la- voro. Credi, non ci sono funzioni de- gradanti, per una madre di famigl ia: se dovrai rigovernare (con un paio di guanti vecchi, le tue belle mani rimar- ranno?.. belle lo stesso) se dovrai spaz- zare e far le faccende, pensa a tutte le madri, a tutte le spose che, avendo figli e marito alle armi, non si acca- sciano, non si avviliscono, ma, con ani- mo di vere italiane, sof focano la loro intima angoscia e af frontano, decise, tutte le difficoltà della vita. T i assicu- ro: il tuo piccolo sacrificio ti sembre- rà lieve e ti darà soddisfazione. MA R I A J ON I A. — Purtroppo, la vostra lettera ha ritardato in viaggio: e giunta al mio domicilio quando ero già venuta via da Mi lano: lì deve aver sostato un altro mesetto buono in portineria, e mi è stata respinta final- mente qui, dove., non c'ero io, perchè ero in viaggio. La ri trovo ora, e or- mai le arance, o gli aranci, (perchè quel frutto saporoso e profumatissimo della vostra terra è preso indifferentemente per maschio e per femmina, al l 'uff icio di stato civile della botanica, e a quel- lo del parlare comune) sono spariti quasi del tutto. Pensare a fabbricare il vino d'arancia in giugno mi sembra im- possibile. Ad ogni modo, per il caso che voi, che siete... Jonia, abbiate an- cora degli aranci da utilizzare, o alme- no degli aranci selvatici, che sono u- gualmente capaci di dare il vino, vi dirò: i frutti, ben maturi, si mondano della buccia e si tagliano a fette, tra- sversalmente. Poi si spremono. Ci vor- rebbe un torchio speciale, capace di non far passare i semi: se no occorre prov- vedere a far sì che i semi sieno accu- ratamente tolti dal liquido. Per ogni kgr. di succo si aggiunge un kgr. di zucchero (il che rende oggi, mi pare, anche più difficile la fabbricazione ca- salinga del vino d'arancia in quantità ragguardevol i) e poi si lascia fermenta- re codesto succo in un recipiente chiu- so. Il vino ha il colore dell 'ambra ed è buonissimo. A B B O N A TA P A D O V A N A . — Non è il calore del sole, quello che fa ve- nire le « insolazioni » ossia tutti quei di- sturbi, che possono anche avere conse- guenze letali, e a cui sono esposti co- loro che... si espongono, imprudente- mente, senza protezione ed a lungo, ai raggi solari di particolare intensità. Se fosse il calore, i fuochisti delle grandi vetrerie, delle acciaierie, gli stessi mac- chinisti ferroviari e navali avrebbero continui « colpi di sole » anche stando all 'ombra. I raggi del sole che fanno quel brutto ef fet to sono quelli chimici, gli attinici; sono loro che provocano lo stordimento, l ' af fanno, poi le ver- tigini, l 'obnubilamento della coscienza e finalmente il coma. Del resto, che so- no le irradiazioni attiniche quelle che fanno venire l'insolazione, e non i raggi calorifici, è dimostrato dal fat to che, nei paesi tropicali, si può avere un colpo di sole anche se il sole non c'è, quando si esce a capo scoperto. Intor- no ai colori che debbono avere le stof- fe destinate a ripararci dai raggi at- tinici ci sono scienziati che propendono per il color tela cruda, altri per il kaki, altri per il rosso-arancio. Pare che il bianco non goda più del favore dei medici. Ma, in Italia, se proprio non si deve stare delle ore sotto la 88
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