LA CUCINA ITALIANA 1943

registrati nei libri sotto varie denomina- zioni, sono preparati, su per giù, nello stesso modo. Si tratta sempre di fettine di carne morbida e bene spianata, su cui si appoggia un pezzetto di prosciut- to, una fogl ia di salvia, un po' di midol- la di pane bagnata nel latte e bene spremuta etc etc. Fatti gl ' involtini, si infilano negli stecchi oppure si legano con un po' di filo, per tenerli in forma durante la cottura. Una gustosa varian- te è costituita da un ripieno di filetti d'acciuga, qualche dadino di mozzarel la e succo di limone. In questo caso gli involtini si cuociono in teglia senza cro- stini, con burro od olio, a calore blan- do e con qualche opportuna bagnatina. A cottura ultimata si dispongono sul piatto di servizio, versando poi su di es- si una salsina fatta col loro fondo di cottura, ammorbidito da un po' di brodo caldo, un nonnulla di farina e prez- zemolo trito. La ricetta della vernice da scarpe, è stata pubblicata da Nina e da me varie volte. Fanne ricerca. Se non potrai tro- varla, te la invierò appena mi sarà possibile rintracciarla fra i miei appun- ti^ che, disgraziatamente, sono rimasti a Livorno. Per quello speciale uso della semola a cui accenni, ti confesso che non ho una ricetta precisa. Si tratta certo di una prova fatta, con lieto esito, da qualche massaia volenterosa e piena di iniziative. Non potresti farla chiedere a quella tal signora di Roma? A ogni modo farò uscire un pezzetto nella « Corrispondenza ». Saluta rispettosamente lo zìo. A te un abbraccio affettuosissimo e la preghie- ra di _ non renderti recidiva nel reato •di latitanza epistolare. STELLA DEL M I N D I NO - Vicofor- te. — Le bistecchine note sotto quella tale denominazione esotica, non sono af- fat to, come forse immagini, vere bi- stecchine. Si tratta invece di carne battu- ta, ossia di porzioni di carne battuta •alle quali si dà forma regolare, rotonda, il loro impasto e così composto: Tri tare con la macchinetta -della car- ne di vitello — supponiamo 250 gram- mi — magra. Far crogiolare dolcemente in un tegamino con un po' di burro, uno spicchio di cipolla e poi rovescia- re la cipolla col burro fuso nella carne tritata. Ag giungere una midollina di pa- ne bagnata nel latte e bene spremuta, un rosso d'uovo, sale e pepe (se ce n'è) Dopo avere impastato tutto ben bene con le mani per ottenere un composto omogeneo, mischiarvi con delicatezza un chiaro d'uovo montato. Diviso l'impa- sto in 5 parti uguali far rotolare cia- scuna parte f ra le mani leggermente in- farinate, quindi intriderla 'nel pangrat- tato e comprimerla sulla tavola con una lama di coltello per portarla a uno spessore uniforme di circa due centi- metri. Avremo^ così cinque cosiddette bistecchine di cinque o sei centimetri di diametro che si faranno rosolare dolce- mente in un tegame con olio e burro mischiati assieme, mettendole giù quando i grassi sono ben caldi. II tegame, gran- de abbastanza per contenere" in un"solo strato le pseudò bistecchine, deve essere di metallo spesso se si vuoie che quelle possano, com'è di regola, cuocere e roso- lare gradatamente. Ciò che non avver- rebbe, se il fondo del recipiente, per es- sere troppo sottile, non attenuasse la violenza del calore. Le bistecchine che, a cottura compiu- ta, dovranno risultare di una tinta do- rata, nel cuocere rigonfieranno un poco, a causa del chiaro montato, e all'interno rimarranno così umide che, una volta nel piatto e punzecchiate con la forchetta, manderanno fuori un po' del loro succo interno. E questo sarà segno che il piat- to è ben riuscito. Il fat to che in questo caso non si tratta di bistecchine farcite, ma di far- cia a cui si dà forma e nome di bi- stecchine, non esclude che per le altre preparazioni le costolette di vitello pos- sano essere ef fett ivamente acconciate per contenere uno speciale ripieno. E a te, piemontese al cento per cento, deve esser nota una pietanza fine ed elegante che nei libri di cucina viene registrata sot- to il nome di « Costolette alla Va ldo- stana ». Queste costolette di vitello ven- gono tagliate in due parti nel loro spes- sore con un coltello che arriva fino al- l'osso senza però staccare da questo la carne. Fra le due parti viene incluso il ripieno, costituito da fettine di fon- tina ecc. Ma, ripeto, si tratta di una pietanza fine ed elegante di cui, nel momento attuale, non si può parlare che incidentalmente. A B B O N A TA DI V I A TOSELLI - Firenze. — Per dare il profumo di ra- merino ai noti panini quaresimali si fa bollire per pochi istanti nell'olio un ramoscellino di questa pianta aroma- tica. La pasta frol la deve esser fatta sol- lecitamente, in modo che assorba il me- no possibile il calore delle mani. Nel l ' in- tridere i vari elementi che la compon- gono, sarebbe buona regola servirsi di una lama di coltello. I cuochi dicono che « brucia », quando giusto per es- sere stata maneggiata troppo, la pasta frol la perde quelle proprietà che, dopo la cottura, la rendono così. soffice e friabile. Di e t e t i ca A B B O N A TA G I NA F. - Roma? 0 Segni? — Ricordo benissimo il vostro nome: ma sono incerta per l ' indirizzo da voi omesso nello scrivermi. So di averlo segnato nei miei appunti rimasti a Li- vorno. Ne farò ricerca e poi vi invierò direttamente le ricette che mi chiedete. Le ^ quali sono poche, anzi pochissime. Che, per la malattia del vostro caro, si richiede una dietetica semplicissima, a base di riso cotto- nel latte, carne macinata e cotta con l'olio, frutta cotta e qualche uovo della giornata. La con- troindicazione dei soffri tti è assoluta. Ma chi v'impedisce di fare la minestra di verdura senza soffri tto? Mettete al fuo- co tutto assieme; acqua o brodo; olio o burro; cipol la; patate sbucciate; ver- dura; odori; pomodori freschi o pelati. Fate bollire fino a completa cottura dei vari elementi, e poi passate dallo staccio. Con questo sistema preparerete un'ot- tima minestra, meno saporita di quella col sof fri tto, ma di gusto più delicato. Quanto ai supplì, se alludete all 'au- tentica preparazione del folklore gastio- nomico romano, vi faccio osservare che essi sono formati con riso cotto nel sugo d'umido o nel sugo finto. I supplì vengono poi impanati e fri tt i: due ope- razioni che voi vorreste abolire. Come fare, allora? Potreste formare un invo- lucro di riso cotto nel latte, adattan- do cosi la preparazione alle necessità di quella speciale dietetica; ma il ripieno, senza un po' di sughino, risulterebbe sci- pito. Potreste inoltre abolire l ' impanatu- ra ed infarinare le vostre crocchettone; ma di friggerle non potreste fare a meno. Per le crocchette di patate è un'al- tra cosa. Friggendole, riescono bene u- gualmente, sia che le passiate nella fa- rina o nel pangrattato. Si cuociono an- che in forno; ma in questo caso debbo- no essere molto piccole, poco più di una noce grossa, e spalmate di uovo sbat- tuto. L' impasto è quello delle patate « duchesse », ,1 quale si presta a tante piccole ed eleganti cosine, specie in fat- to di bordure di carni o pesci e di guar- nizioni di piatti fini. Certo per queste manipolazioni si richedono patate di buona qualità e farinose. Se non sono tali, conviene farne un uso diverso. Per preparare le crocchettine, si sbuc- ciano le patate, si tagliano a spicchi, si ricuoprono d'acqua fredda e si mettono al fuoco, evitando, però, di farle bol- lire troppo forte. Quando sono cotte, si scolano bene, poi si passano dallo staccio, premendo spicchio per spicchio col fondo di un bicchiere. Dopo aver 1 ac- colto il passato in una casseruola, vi si mischia un pezzetto di burro e si tie- ne per qualche minuto al fuoco, smuoven- dole di continuo col mestolo, alio scopo di fare evaporare ogni residuo d'acqua che nuocerebbe al buon esito delle croc- chettine, dato che il loro impasto deve risultare soffice e leggero. Quando il pas- sato si è fat to a sufficienza sostenuto, si toglie dal fuoco, gli si fa perdere un po' il bollore, quindi si sala; si aro- mat izza, (volendo) con un tantino di noce moscata e si lega con un rosso di uovo, o più d'uno, secondo la quantità delle patate. Per mezzo chilo di pa- tate, un rosso è sufficiente. Non usate mai il chiaro, che sciuperebbe addirit- tura l'impasto. Ultimato il quale, formate con le mani tante pallottole della gros- sezza, ripeto, di una bella noce. Schiac- ciatele un pochettino col palmo della mano, quindi sistematele sulla placca del forno leggermente unta di burro, spal- matele di uovo sbattuto e fatele cuoce- re in un forno ben caldo. Pochi minuti di cottura saranno sufficienti. Per le polpettine di verdura preferite gli spinaci, se non vi è controindicazione per la mattia del vostro caro. Ed usate pure la besciamella. Il fat to che in que- sta salsa la farina deve crogiolare senza imbiondire — nel burro, non ha importanza per voi. E' la cipol la che, nel soffriggere nei grassi, diventa irri- tante e indigesta. In genere per una 91

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