LA CUCINA ITALIANA 1943
Donne ò'Dialia in lineai In qualunque epoca ed in tutte le cir- costanze, la donna sempre ha saputo di- mostrare le doti impareggiabili che la elevano ad una sfera suprema. Nella bella città di Firenze, culla di ogni ma- nifestazione d'arte, una statua eretta in onore della Madre d'Italia, testimonia quanto sia grande il suo sacrificio e ar- dente la fede. Molte volte, sulle pagine di questa rivista, noi abbiamo parlato dell' opera umile, ma pur sublime, della donna come sposa, madre, sorella, figlia, amica. A migliaia si contano gli episodi piccoli e grandi che pongono in luce l'opera assidua silenziosa delle donne d'Italia: opera che nelle pareti domesti- che, nelle fabbriche, negli uffici, senza un attimo di stanchezza o di sosta, si svolge con ritmo armonioso e fecondo. Già durante la Grande Guerra la donna, che fino ad allora aveva sempre accudito alle faccende domestiche nella serenità della sua casa, seppe affrontare la situazione coraggiosamente prestando l'opera sua alla Patria che in quei mo- menti aveva urgente bisogno dell'aiuto di tutti i suoi figli. Con volontà ed in- telligenza ella seppe rimpiazzare i posti lasciati dai combattènti, ogni compito disimpegnando in maniera impareggia- bile. Ed a tale proposito rammento un episodio gaio e nello stesso tempo com- movente. Allora, anima dell'assistenza femminile nei quartieri popolari di Ro- ma, era la non mai troppo rimpianta Professoressa Guglielmina Ronconi, la quale, in quei momenti, alla Patria diede un aiuto impareggiabile. Inutile dire quanto tutte le donne la amassero. Quando ella annunziava una sua visita le sale si riempivano, ed ognuna, da quelle riunioni di fraterno amore, usciva sollevata e più pronta che mai ad affron- tare le dure prove che il momento im- poneva. Dopo essere state assunte nelle of- ficine, nelle fabbriche, dalle aziende tramviarie e negli uffici, venne pure il giorno in cui le donne furono chiamate per fare un mestiere che a loro proprio non andava a genio: quello-delle spaz- zine pubbliche. Le donne del quartiere San Lorenzo erano molto titubanti. In- dossare il grembiale grigio, mettere sul capo il berretto dello stesso colore ed afferrar la granata, che volentieri e be- ne maneggiavano solo in casa loro, rap- presentava uno scoglio veramente ar- duo. Chi sa: pudore, timidezza, ed an- che falsi preconcetti le inducevano a brontolare. Ma ecco che la Professores- sa Ronconi le adunò. — Perchè non volete fare le spazzine? Non è questo forse un lavoro impor- tante ed onorato come tutti gli altri? E se voi rifiuterete di disimpegnarlo, allora le strade del quartiere dovranno rimanere sudice? Animo..., vediamo chi, ter la prima, indosserà la divisa ed ini- zierà il suo compito dando il buon esempio. Strano!... Questa volta la parola calda e fascmatrice della Eletta Donna, la quale aveva sempre saputo suscitare 'nel- l'anima delle generose popolane di Ro- ma sentimenti squisiti, non riusciva a fondere quello strato di ghiaccio, tanto che ognuna, pur guardandola con infi- nito affetto, non rispondeva all'appello. — Vi vergognate?... Ebbene, allora questo lavoro lo inizierò io! Ed af- ferrata una granata con le sue bellissi- me ed aristocratiche mani lì, sulla pub- blica via, senza un attimo di esitazione, cominciò a spazzare con La foga e la disinvoltura di chi, i n vita sua, non avesse fatto altro. Ed allora, quasi per incanto, tutte le donne che avevano esi- tate divennero le spazzine più solerti. Dunque, fin dal periodo 1915-18 la donna cominciò a dimostrare le sue ca- pacità fattive che si esplicarono ottima- mente in tutti gli ambienti. Oggi l e ne- cessità remote si riaffacciano, e più im- periose che mai. La Patria ha urgente bisogno di aiuto; tutte le energie deb- bono essere valorizzate al massimo af- finchè la grande arteria che alimenta la vita della Nazione continui a pulsare ricca della linfa indispensabile per tale suprema funzione. La vittoria e l'avve- nire d'Italia non sono affidati solo al soldato che eroicamente si prodiga, ma a tutto il popolo. Ormai gli italiani tutti costituiscono un unico fronte; o- gnuno ha la sua arma e la sua trincea; 1 combattenti il moschetto, i civili l'a- more del loro lavoro quotidiano. Fa- langi di donne già rivestite della loro divisa, assolvono con fervore il grande compito, ma occorre che tutte rispon- dano all'appello, anche quelle che non essendo obbligate da alcuna necessità e- conomica potrebbero rimanere comoda- mente in casa. Queste, forse più delle altre, debbono oggi accorrere spontaneamente per por- si nelle file delle lavoratrici, animando, con il loro esempio, le compagne umili le quali, spronate dalla adesione delle sorelle più favorite dalla fortuna, la- voreranno più serene perchè confortate dalla certezza che tutta la Patria è uni- ta in un solo, profondo, ardente anelito di volontà. Come Si disprezzerebbe, punendolo, un soldato che disertasse dal campò* dei- l'onore, altrettanto debbono, oggi, ve- nire segnate a dito quelle donne che, per evitarsi noie o disagi, si trincere- ranno dietro il comodo baluardo di una superiorità di condizione che le ha fa- vorite senza alcun merito personale. Chi più ha deve più dare. La Patria e in armi e ci chiama. In Italia le erbe parassite non debbono allignare. Ognuno deve_ portare alla grande arteria della Nazione il suo concreto contributo di sangue, perchè domani, quando la Vit- toria risplenderà nel nostro cielo sgom- bro finalmente dall'incubo della ferocia nemica, tutti possano dire di aver con- tribuito alla Vittoria finale che sarà tanto più bella e goduta quanta più passione essa è costata alle nostre anime. Ma io penso che non occorrano parole di esortazione per indurre la donna, a qualsiasi ceto essa appartenga, ad accor- rere al suo posto di combattimento. Le tradizioni nostre sono antichissime e so- lide; ognuna di esse risplende di luce pròpria; l'esempio dato dalle donne di Roma antica ed immortale, rifulge come un faro indicatore. Lavoriamo tutte, quindi, con umiltà, ma con fervore ac- ceso. Alla ferocia nemica rispondiamo con la nostra civiltà operosa. Le armi che noi impugneremo saranno forti ed infallibili quanto i cannoni, i moschetti e le baionette dei combattenti. Nulla potrà accadere se il lavoro ferverà co- stante come sempre acceso fu il fuoco di Vesta, e quel fuoco era alimentato da pure e gentili mani di donna. Anche og- gi noi abbiamo un'Ara sacra davanti alla quale deve sempre ardere una fiam- ma. Guai se questa luce si spegnesse!... guai alla negligente vestale; sul suo ca- po ricadrebbero il danno e l'onta. Quindi, donne d'Italia, in piedi! Dal- la più umile alla più favorita dalla sorte; tutte in linea senza esitazioni di sorta. La studentessa vicino alla operaia; la intellettuale a fianco della contadina. Tutte con i cuori fusi in un solo pal- pito e le mani allacciate in modo da formare una catena formidabile le cui maglie ness'un'arma nemica, per quanto potente, riuscirà a spezzare! Solo così l'Italia potrà vincere! E la- voriamo in letizia: nessun lamento, nes- suna critica; i cuori in alto verso l'i- deale che nello spazio si libra purifi- cato da tutte le umane passioni. Dimo- striamo al mondo come nell'anima della donna italiana arda tutto il fuoco con- tenuto nei vulcani della sua terra; splen- da la luce del suo azzurro cielo,, canti eternamente la santa poesia di questa Terra che, immortale nelle sue memorie, chiede solo di poter marciare libera nel- la grande strada della civiltà santificata dal Lavoro. ELISA ARMENI 98
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