LA CUCINA ITALIANA 1933

Pag. 8 LA CUCINA ITALIANA N. 4 - 1 5 Aprile 1 PICCOLA POSTA T-S.D, (Latisana). — E' un errore il lasciar le stelle d'anice nell'acqua, 0 macinarle, o metterle in fusione nell'alcool. Si deve invece procedere per e.ue come per i tartufi o la va- niglia: chiuderle in un barattolo er- metico fra il riso e la segatura. I. T. (Antignano di Livorno). — i l modo migliore di conservare i tartufi affinchè non perdano profumo è quel- lo di tenerli immersi in un barattolo di riso ermeticamente chiuso. Qual- cuno, invece del riso usa la segatura, ma chi si attiene al primo sistema prende... due piccioni con una fava: Perchè, mentre conserva il tartufo, trasfonde al riso il simpatico profumo che tanto armonizza col predetto ce- reale. L. M. (Roma). — Non è da attri- buire a negligenza di qualche impie- gato, com'Bila suppone, il nostro si- lenzio al Suo reclamo. La risposta ine abbiamo dato in Piccola Posta (« A qruaai tutte le abbonate - Mon- do ») nel numero scorso ci dispensa da altre spiegazioni. B. S. (Montepulciano). —• Per le cri_. gastriche a cui va soggetta ia persona che le è cara, le consigliamo ai primi sintomi di far coricare l'am- malata a testa bassa, cioè senza cu- scino; non permettere, finché non siano scomparsi i dolori violenti e gli spasmodici bruciori di cui ci nar- ra, nè bevande nè cibi e applicare in- tanto sulla regione dolente un im- pacco caldo umido (ottimo catapla- sma: farina di lino imbevuta di in- fuso di camomilla caldissimo) 1 oppure una vescica di ghiaccio. Non le sem- bri strana la contraddizione per la quale si consiglia a scelta o il modo caldo o il modo freddo. Sarebbe lungo e fuori ¿si nostro compito esporre qui perchè invece il risultato sia identico con l'una o con l'altra applicazione. Del recto avrà già esperimentato per pratica la possibilità "dello stesso an- titetico rimedio nei caá di male alla t;o!a. Anche in essi il medico avrà ordinato a volte un cataplasma o un Impacco caldo e a volte il ghiaccio. A. C, (Porto S. Giorgio). — Ah, dunque, lei è disposta a «rinnovare tutta U batteria da cucina Per so- stituire alle pentole di metallo quel- le di coccio o pirofila»! Sulla garanzia poi che ci domanda d'un genere di stoviglie che, quan- tunque non di metallo, siano adatti per fornelli elettrici e cioè resistenti ad essi, nonché sull'altra domanda: «quale la migliore fabbrica o negozio di vendita » le scriveremo a parte, non volendo aver l'aria, facendolo sul nostro giornale, di una reclame alle Case che indicheremo. I . D. B. (Padova). — Non soltanto abbiamo gradito le sei ricette di cu- cina ebraica (che pubblicheremo non appena l'apposita rubrica folclorista ce ne darà l'occasione), ma, incorag- giati dalle sue espressioni «di sim- patia, fedeltà ed entusiasmo » per il nostro giornale — ci permettiamo pregarla di procurarne altre nella UNA ABBONATA (Torino). — Il posto cut va u dalla u¿tirona di casa in confronto dei propri commen. sali non ha regola fissa e inderoga- bile, ma approssimativa, e cioè può subire qualche variazione a seconda del numero degli invitati, della pro- porzione nel sesso di essi, l'età, l'im- portanza del grado sociale o della ce- lebrità, e talvolta anche della gerar- chla di cariche ufficiali. Generalmen- te i coniugi padroni di casa hanno il posto dirimpetto: al centro della tavola. E' smc f tw aftiun^pre cbe la destra deve essere data alla per- sona di mags'or riguardo Vi può es- sere però,come accennavamo, qualche caso in evi convenga fare eccezione, e allora tutto dipende dal tatto della padrona di casa. Essa potrà mettersi a capo tavola o invece fare in modo che a capo tavola sia la persona più ragguardevole, per avere vicino le due signore più importanti, di cui una deve essere sempre la padrona di casa, ovvero questa da un lato e l'an- fitrione dall'altro. Alle altre Sue do- mande risponderemo prossimamente. G. P. (Milano). — Per restare in tema di galateo della tavola: In Ita- lia non è di moda che la padrona di ca.' venga servita per prima, uso in- veco prevalente In Inghilterra. Non siamo con lei d'accordo nel forma- lizzarci di quelle case ove tale siste- ma viene adottato, poiché non è pri- vo di praticità e — aggiungiamo — di considerazioni altruistiche verso 1 commensali. (E chi non sa che il Galateo deve rappresentare appunto la quintessenza, dell'altruismo e che anche auando dò non appaia, ogni suo dettame è sempre ispirato al principio del non recare molestia, ma procurare soddisfazione agli altri?) Infatti 11 sistema di servire per pri- ma la padrona di casa, porta come conseguenza che se una portata si presenta alquanto difficile per il mo- do di scalcare, di servirsene, ecc., la nadrona di casa dà indirettamente la lezióne del modo, e rende così servi- gio a qualcuno degli invitati che tì- midamente sta osservando il primo che si serve per regolarsi in confor miti. Inoltre la padrona di casa può con rapida sguardo accertarsi di un e- ventuale infortunio capitato in cuci- na 3 trovare la intelligente risorsa di spirito per evitare che il cameriere faccia girare un pesce poco aulente, un arrosto bruciacchiato, uno sforma- to aperto. Ma. ripetiamo, in Italia iMso non è questo e se vi sono più signore ad una stessa mensa, la per- sona cb" serve deve alternare il ser- ia meno importante delle signore, a meno che si trattasse (vedasi rispo- sta precedente: «Un'Abbonata - To- rmo») d'una Altezza, d'un altissimo dignitario dello Stato, d'Un alto pre- lato e così via. „ ; M. L. (Torino). — Ma sicuro! an- che in un pranzo di importanza si può offrire il' gelato. La sua doman- da aggiunge: «E se così fosse, quan- do portarlo in tavola: prima o dopo Iti frutta? ». Ecco: è ritenuto elegan- te, specialmente all'estero (e alcuni medici ritengono tale moda confa- ciente alle funzioni digestive) servire ii gelato a metà del pasto; ma, in Italia, questa moda ha poco attac- cato e noi, che scriviamo, non siamo ad essa favorevoli per partito preso: di rinnegare a priori gii usi stranieri. Per l'altro suo interrogativo: se quando si è offerto il gelato- si possa servire il caffè, non vediamo proprio il perchè di tale dubbio, dato che nessuna ragione di incompatibilità può verificarsi tra gelato e caffè. ORSOLETTA (Genova). — I suoi ravioli genovesi, con relativa storiel- la del simpatico dott. Pasqualò, - ^i saranno preziosi per un libro che verrà pubblicato nel mese corrente, intitolato «Specialità regionali». Il libro dedicherà alla cucina genovese U'j lungo capitolo senza poter natu- ralmente dimenticare i ravioli che, dei folclorismo ligure, formano uno dei piatti più caratteristici e mag- giormente apprezzati. Li pubblichere- mo pure su questo giornale quando avremo nuova occasione per la spe- ciale rubrica folclorista. Il suo articoletto «Un pranzo ed una cena in tempo di crisi » non è stato affatto cestinato. Ma il mate- riale da pubblicare è tal*- e tanto chò siamo costretti a tenere in quaran- tena per alcuni mesi anche gli arti- coli muniti di firme già celebri, sia nel camoo gastronomico che in quello letterario. A. C. (Villafornaci). — I suoi con- sigli sul metodo per rammollire i fa- gioli secchi, i piselli, le lenti, i fagioli- ni verdi essicati, verranno pubblica- ti fra le «Norme basilari della buon a cucina », rubrica a cui non possiamo dare corso in ogni « numero poiché per essa no dovremmo sacrificare al- tre non meno importanti e con non minore interesse accolte dalle lettrici. UÍTA ABBONATA ABRUZZESE. — Finito il santo, passata la festa. Per- chè. dunque, ella ci manda ricette re- lative al giorno di San Giuseppe, quando è già stato pubblicato il nu- vizio seguendo l'ordine dei posti e nonostante i'intelligenza di cui la lasciando per ultimo la padrona di s . V. si compiace darci — per così casa; ma non per ultima in con- idire - , un benservito, non siamo al- fronto alle signorine. Lo stesso cri- | l'altezza di comprendere le sue allu- terio vada per il modo di servire ! sioni sul rapporto psicologico fra la gli uomini, il più importante dei qua- ! incensata redattrice di « Piccola Po- li dovrà essere sempre servito dopo sta», e la «povera moglie!» (del troppo meticoloso nostro abbonato: vedasi numero del 15 marzo; risposta al col. E. M. - Napoli). Le complicate astruserie linguistiche con le quali El- la ha cercato chiarire oggetto e non soggetto, ecc., che ricordano l ' «Io» e il « Non io » hegeliano (a quale al- titudine abbiamo trasportato oramai questo modesto foglio gastronomi- co!...), lungi dal chiarire ci hanno invece confusi di più nella interpre- tazione del suo pensiero e sullo sco- po della Sua missiva (perfidia femmi- nile?). C. AMMIRAGLIO F. C. (Villasan- ta). — Senza assurgere ad arbitri nella discussione che si agita da mol- ti mesi tra lei ed il cav. L. F. di Trie- ste — come con simpatica prova di fiducia ci se ne darebbe mandato — mettiamo però ben volentieri a loro disposizione quel responso che indi- scusse autorità del ramo gastronomi- co (e, in questo caso, in campo fol- cloristico) hanno già emesso sul que- sito sottopostoci: Se il baccalà alla vicentina si faccia « con un po' ài latte » ovvero « senza latte ». Il prof. Guido Ruata, nella sua ot- tima « Guida Gastronomica d'Italia », nella ricetta del baccalà alla vicenti- na. — dopo aver enunciato le modali- tà della sua cottura in teglia (Tecia), aggiunge testualmente: «il tutto è immerso nel latte che. imparte, alla vivanda, la sua delicatezza caratteri- stica ». La illustre scrittrice Margherita Sarfatti, quando onorò questo giorna- le di una sua ricetta di cucina vene- ta, scelse proprio il baccalà. Tale ri- cetta finiva cosi: « .-. e alla fine, un cucchiaio di panna o di latte». Una gentile nostra abbonata, final- mente, che porta nel dibattito una nota di gran valore: — la praticità della quotidiana cucina vissuta — prese parte alla gara da noi indetta per le migliori ricette di cucina fol- clorista e, nel presentare una otti- ma ricetta di baccalà alla vicentina, così ebbe ad esprimerai: «si aggiun- ge al tutto del latte fino a ricoprirne i rocchi e quindi si incomincia la cottura che dura almeno sette od ot- to ore ». Nessun dubbio dunque: per il bac- calà alla vicentina occorre — o poco o tanto —- latte ovvero panna. M. G. P. (Montepulciano). — Non devi, cara abbonata, chiederci scusa, ma pretendere anzi, giustamente, il nostro ringraziamento. Noi abbiamo il dovere di essere oggettivi e, lungi ^ ^ dall'impermalirci per qualche retti fi- mero" che"" contaneva"~appunto una , ca che possiamo riceverci dalle no- infinità di ricette, di bignè, fritelle e j s t r o intelligenti lettrici, siamo ad es- simili? Per altro, siccome le zeppole s e sinceramente grate, non soltanto sono una specialità abruzzese, ella a- ; perchè dimostrano interessamento al vrà la soddisfazione di vederne pub- J nostro giornale, ma, sopratutto, per- blicata la prescrizione, se non sul giornale, nel libro di prossima edi- zione intitolato «Specialità Regiona- li ». Grazie dunque lo stesso. M. S. (Roma). — Le sue ricette non dovevano essere dirette al Giornale d'Italia, dove bisogna rivolgersi sola- mente per la parte amministrativa. Per tale ragione esse hanno appunto subito un ritardo prima di giungere a noi. Sono buone, pratiche e gliele pubblicheremo nel prossimo numero. F. A. (Monza). — La nostra rispo- sta del numero scorso al col. E. M- (Napoli), ha dato luogo a lettere, non soltanto da parte sua, gentile signo- rina, ma anche ad analoghe doman- de di nostri abbonati per schiarimen- ti sul Topinambur. Questo tubero ignorato o dimenticato dai più, meri- terebbe Invece per le sue particolari qualità terapeutiche e nutritive di es- sere maggiormente coltivato e messo alla portata di tutti. Il Topinanbur, sorta di girasole del Canada, i cui tu- beri sono mangerecci, detto anche pera di terra o tartufo di canna, è un èc-silente legume che non ha nulla da invidiare come gusto ai migliori legumi conosciùti e che può dare dei punti a molti di essi per il potere nu- tritivo di cui dispone. Ricco di so- stanze azotate e di potassio, con una discreta percentuale di acido solfori- co e di calcio, il Topinambur ha an- che diverse varietà di zuccheri natu- rali molto assimilabili, che sono par- ticolarmente indicati nella dieta dei diabetici, i quali, come è noto non possono sopportare gli zuccheri usua- li. Così pure il Topinambur è consi- gliabile alle persone di stomaco de- bole o affaticato ed a . coloro che sof- frono di eccessiva acidità gastrica o ipercloridia. Anche le foglie di Topinambur so- no consigliabili dal lato alimentare. In quanto poi al modo di cuocere il tubero non vi può essere difficoltà. E' vero che il tapinambur. essendo poco noto e pochissimo usato, non gode di un largo posto nei manuali di cu- cina. Insegnano le autrici Valori e An- nesi nel loro prezioso manuale « La tavola a buon mercato » che il Topi- nambur va cotto così: «Nel tegame con olio, aglio e foglioline di mentuc- cia. sbucciato e tagliato a dadini. Il suo sapore delicatissimo ricorda mol- to quello dei carciofi». T. (Orvieto). — Chi dirige questa piccola posta non può restare insensi- bile allo speciale gradimento che di- chè, con le loro osservazioni, contri- buiscono a renderlo sempre più utile e a fiancheggiarne gli scopi. Pubbli- chiamo perciò, assai volentieri la ricetta per fare il caviale in casa nonché la lettera piena di buon senso con la quale ti sei compiaciu- ta accompagnarla. Tale pubblicazione sarà anch-; una meritata soddisfazio- ne per l'abbonato dott. G. A. - S. •Lazzaro Albertor.i (Piacenza). T. S. D. (Latisana). — Senza di- sturbare il capocuoco delle Cucine Reali, com'ella ci propone, possiamo senz'altro informarla che, quando lei avrà tenuto in un barattolo di zuc- chero le stelle d'anice, come farebbe di un bastone di vainiglia, e adopere- rà per la confezione di un dolce quel- lo zucchero, il dolce avrà il sapore desiderato dell'anice, come avviene per il profumo di vainiglia, quando si adopera zucchero vanigliato, in cui cicè è stato tenuto per qualche tem- po un bastone di vainiglia. G. G. (Torino). — Eccoci a riscon- trare tutte e quattro le sue domande: 1) «Sul significato della parola fesa »; con questo nome viene indica, ta nell'Italia Settentrionale la polpa magra del vitello; ma è voce regio- nale lombarda. 2) « Sulla parola minuta »: la pa- rola minuta invece è italiana. Nei vo- cabolari ella avrebbe potuto trovare press'a poco la seguente definizione: « Se di pollo, intendesi l'insieme di granelli, fegatini, creste, ' cioè rega- glie. Di solito vi si uniscono tartufi o funghi cotti nel burro con un po' di vino bianco, sale e pepe (così, per esempio, il Melzi). Per'estensione poi i cuochi chiamano minuta quanto so- pra descritto con l'aggiunta anche di animelle (in alcune regioni dell'Ita- lia settentrionale chiamate laccetti), cervella e filoni. 3) Quanto al presso dell'« Alma- nacco Gastronomico di Jarro», le di- rò che è modestissimo. 4) Sì: «Il Galateo della Tavolai appartiene ai volumi editi dalla no- stra Casa; senonchè... esso non« è an- cora pronto non essendo ancora ulti- mata la «Biblioteca di Gastronomia» (voi. 12) di cui esso fa parte. M. M. (Tricarico). — Eccole una buona ricetta (di G. Manfredi, Rosna) per la pasta sfoglia: l i miglior sistema, per preparare la pasta sfoglia è questo: grammi 500 farina (doppio zero), grammi 500 bur- ro finissimo, 5 grammi di sale fino e grammi 280 di acqua comune. Impastare il burro con 100 grammi mostrano e lettrici. Ci consenta qmn- d . 50Q _ j t J _ s € n z a d! ^ « ^ ^ ^ . ^ r ^ a n m o g r a t o l a v o 4 e f o g g ì a ^ o i a a Pane di per la sua dichiarazicnc laudativa. . b u r r o e m e t t e r l o i n l u o g o f r e ddo _ ^ Però — vedi mo' combinazione! sibilmente in ghiacciaia. A IVI IL. JVNO convegn alo " Man g i ar megl io, spender me no Lo c a l e di a n t i ca f a m a — f i ne t r a t t ame n to f am i l i a re — pe r so n a l me n t e di ret to d a l P r op r i e t a r io — V i a Ama t o r e Scflfcira, 8-io. ( Prop. B I N D I C E S A R E ) , Col rimanente della farina, cioè i 400 grammi, formate una fontana sul tavolo o di marmo o di legno, aggiun- gervi il sale, e l'acqua freddissima, specie se la lavorazione vien eseguita in locale non troppo aereggiato. Otterrete così una semplice pastel- la che non dovete lavorare affatto. Anzi è bene che questa sia appena messa, insieme .evitando così la « ma- lefatta » di impastar troppo come spesso molti fanno. Spianate con aiu- to del rullo e spolverizzando di fari- na, il tavolo, appoggiate nel mezzo H burro sopraindicato, chiudetelo da ogni parte e cominciate a spianare regolarmente in lungo per piegare questo involto in 4 pieghe. Questa è la prima operazione. Lasciate per dieci minuti in riposo in luogo sempre freddo — ed esegui- te poscia la medesima operazione per la seconda volta — e così di seguito fino alla quarta volta. Lasciate ancora riposare per qual- che tempo di modo che poi spianere- te a secondo del lavoro che dovete ottenere. Attenti pure al forno, che non sia eccessivamente troppo caldo. Delia Lettere di lettrici Non resistiamo anche oggi a rin- graziare alcuni abbonati, tion già di- cendo noi il solito grazie, ma pubbli- cando le gentili parole che essi rivol- gono al nostro giornale. E il fatto stesso della pubblicazione, crediamo che sarà il miglior ringraziamento: Dalla signora EDONIDE MO- SCHETTA (Via Vincenzo Monti - « Il caso poco gradito del numero disperso mi offre per altro la gradi- ta occasione di esprimere alla sim- paticissima direttrice della non me- no simpatica rivista tutto il mio en- tusiasmo che non è mai scemato di un atomo da quando — io sono un'abbonata della prima ora — scor- si il primo numero che mi capitò fra le mani a caso e che mi suscitò subi- to il vivo desiderio dell'abbonamento- Non credo di fare una supposizione azzardata affermando che fra brevis- simo tempo, tutte — dico tutte — le famiglie italiane dovranno essere abbonate a questo periodico che è l'unica pubblicazione veramente uti- le a tutte e... alla portata di tutte le borse. Per abbreviare Però il mo- mento in cui nessuna donna sia .pri- va di tale pubblicazione, bisogna che noi abbonate si faccia una continua propaganda fra tutte le amiche. Io dal canto mio ho cominciato e... Dalla signora TERESA MARCHE- SI (Ziano Piacentino). « Sei tu, Delia, quella che ha il •noioso e grave lavoro della Piccola Posta? Io non lo so, ma so che ti ho conosciuta, attraverso i tuoi scrit- ti, così gentile e buona che la mia simpatia per questo giornale tanto geniale ed utile, tanto schiettamente italiano, è anche un riflesso della simpatia personale che ho per te e per chi redige (forse la stessa per- sona) la Piccola Posta. Vivamente au- guro che La Cucina Italiana possa penetrare in ogni famìglia. Noi ab- boni'-» siamo tutte un Po' sfaeriate!- le. nel chiedere a te, che hai tanto lavoro, troppi consigli: ma appunto per questo ti siamo così grate, che tu \ trovi tempo di rispondere a tutte con la massima confidenza e sempli- cità. Perciò eoi più fervidi augùri, mando i più caldi ringraziamenti e anche, direi, i più affettuosi ossequi - No. meglio ancora, »1 più cari saluti ». Dalla signora IDA TADDEI (Anti- gnano di Livorno). « Sono veramente grata della ri- sposta a proposito dei tartufi, come grata io sono Per tutto quello che di buono, di bello, di utile, di dilette- vole ci è così largo ¿'«pensatore il simpatico giornale La Cucina Italia- na ner cui serbo il rimpianto di non averlo conosciuto prima per essermi più presto abbonata ». * * * L'appello di una abbonata a tutte le altre abbonate. « Ardentemente desidero di comple- tare con i due numeri mancanti (il n. 10 e il n. 11 del 1932) la raccolta del giornale al quale ho l'onore di essere abbonata da due anni e che per me, sposa ancora inesperta e lon- tana dalla mamma, è di veramente prezioso ausilio in ogni dubbio, aiu- tandomi anche a degnamente figura- re presso amici e conoscenti per i suoi ottimi consigli. Sarebbe indelicato da parte mia ru- bare del tempo a « Delia » per la ri- cerca di questi due numeri se una idea, che mi ha dato il coraggio di firmare la presente,- non mi sembras- se tale da rendere appagato il mio desiderio. Nella Piccola Posta del giornale si potrebbe chiedere se fra le tante gen- tili abbonate che sempre la leggono con amore, una vena fosse che, per un fortunato caso, abbia quelle due copie in più. Sono prontissima e fe- lice di rifondere qualunque cifra mi si chiederà per quei due numeri, men- tre al giornale mando il mio grazie sincero e "a mia sconfinata ammira- zione. Anna Éono Agugini - Via Po- mezia 10, Roma. Se ogni volta in cui ci si chiede gualche favore, la domanda fosse ac- compagnata da espressioni così delica- te e gentili, come quelle che abbiamo riportate, ben vengano le richieste, che non rièscono più di disturbo, ma sono elem.ento di conforto. resopons diesì oracol i faila il cav. G. Manfredi. All'Abbonato A. P. - Castelplanlo: L'essiccazione dei capperi all'ombra viene eseguita ponendoli su stuoie o su plancie di legno ricoperte di tela. I capperi vanno tenuti ad un calore regolare, devono essere mossi due vol- te al giorno, avendo cura che siano sempre bene allargati affinchè non marciscano. La salsa piccante calda con capperi si eseguisce così: Si,' trita -finemente della cipolla con un pochino di scalogna e si fa roso- lare in tegame con poco burro. Innaf- fiare con un bicchierino di vino bian- co secco, quindi si lascia ridurre com- pletamente, aggiungendo poi un buon mestolo di salsa di manzo stracotto. Lasciare ridurre ancora per qualche tempo, e poi aggiungere in ultimo e fuori del racco, un a tritata finissima di capperi, coll'aggiunta di pochi ce- trioietti ed un pizzico di prezzemolo. Regolare di sale e di densità. La salsa piccante fredda viene ese- guita con una forte tritata di capperi, cetrioli, cipollina fredda, ed uno spic- chio d'aglio. Il tutto va stemperato con aceto ed olio, sale e pepe. Sebbene in ritardo, all'abbonato A. G. di Siracusa rispondo per il fa- moso Panettone; Veramente mi sembrava di essermi spiegato abbastanza chiaramente. In ogni modo .rammento all'egregio signor Alberto Geraci, che nell'impa- sto finale, la farina doppio zero è nè più nè meno quella descritta nella mia ricetta.. oioè la farina doppio zero in- volata nelle (Bighe) del lievito, non ha nulla in comune colla farina della ricetta ultima per l'impasto. Per esempio, se dopo i tre lieviti base — sempre consumati con farina doppio zero — si ottenesse il peso di un chilogrammo lievito, nell'impasto definitivo si deve aggiungere appunto un kg. farina doppio zero, con tutto il rimanente, che forma poi'l'elemento famigliare del popolare dolce Ambro- siano. Sempre agli ordini per soddisfare I desideri degli abbonati a «Cucina ita- liana». — G. Manfredi, Parla S- Alicata — Capo-cuoco della Compagnia dei Vagoni-Letto _ all'ab- bonata L. T. - Catanzaro.. UOVA IN CAMICIA ALLA MOZZARELLA Mentre il costo dei latticini e uova è cosi basso, Ella ha ragione di voler- ne profittare per fare qualche manica- retto familiare: Sei uova sode tagliate a metà; to- gliete il giallo dai bianchi, in una cas. seruoletta sciogliete 50 gr. di burro, aggiungete un etto di mozzarella trita, sale ,pepe, noce moscata prezzemolo trito amalgamato, anche i gialli che siano stati passati a setaccio e riem- pite le uova. Tagliate tante fettine di mozzarella quante mezze uova avete già prepara- te. . in una schiumarola tuffate ogni fetta di mozzarella in acqua bollente in maniera che rinvenga, racchiude- tevi dentro ogni uovo preparato dan- do la forma primitiva, passateli a fa- rina con uovo battuto, pane grattato e friggeteli color oro. servite caldi con salsa d'acciughe a parte. — S. Alica- ta, Capo-cuoco della Compagnia del Vagoni-Letto. li'arte di utilizzare gli a v anzi ...I RIPIENI I ripieni fatti di avanzi, composti di materiali misti e diversi servono ad usi molto vari e l'industria di chi vuo- le adoperarli può accrescere a suo ta- lento la lista di quelli indicati qui sotto, per farne ravioli, pasticci, sfor- mati, contorni, ecc. 1. Ripieno di manzo o vitello arro- sto, pollo, selvaggina, ecc. — E' me- glio, potendo mischiare gli avanzi di carni diverse, pulirli dal grasso e dai tendini duri, passarli alla macchina tritacarne parecchie volte o alla lu- netta in modo che sia ridotta più fina che si possa. Rosolate nel burro que- sto trito, aggiungete uno o due bic- chierini di Marsala, secondo la quan- tità, un cucchiaio di capperi se vi ag- gradano; asciugate un pochino al fuo- co e servitevene. 2. Di pollo — Tritate, poi pestate la carne priva di pelle e fatene una poltiglia come per far crocchette, ag- giungendo un tuorlo d'uovo sodo per ogni ettogrammo di carne, più uno fresco e un paio di .cucchiai di panna. Aromatizzate a vostro gusto. Mia simpatica <i Cucina Italiana », Leggo nella « piccola posta » del numero 15 marzo 1933 (Dott. G. A. - S. Lazzaro Alberoni (Piacenza), che ti domanda la ricetta per fare il ca- viale) la tua sdegnata risposta! Per- chè? Perdona la libertà che mi prendo, ma ti faccio osservare che non è una pretesa da pcrte di un tuo abbonato il chiederti come si fa il caviale; lo so che non è una pietanza folclori- stica italiana, ma è pur sempre di ar- gomento gastronomico; poi mi sem- bra un pregiudìzio sbagliato il crede- re che qua da noi non si possa fare il caviale! Lasciamolo dire a quelli della U.R.S.S. che ne hanno interes- se. Il caviale può farsi benissimo an- che in Italia e si può farlo in casa propria con molto risparmio nonché con molta soddisfazione. In Italia non si fa poiché non è conosciuta abbastanza la manipola- zione; ina sarebbe cosa utilissima che, proprio tu, che sei all'avanguar- dia di ogni benessere fisico, morale ed economico per l'umanità irrequie- ta, che proprio tu — dicevo — ne lanciassi il consiglio e la ricetta. Per la ricetta, se credi, sono qua io 1 a dartela, ricetta che ha dato buo- j nissima prova di riuscita. 1 Io te la offro, come ad una cara! amica, perchè tu dica che si può fa- re il caviale anche a casa nostra! E se anche non riuscisse alla perfezione come sanno fare i signori della U. R. S. S., sarà sempre di grande vantag- gio per la nostra economia e per il nostro prestigio. Ti chiedo scusa della mia arditez- za e tu tieni pure della mia ricetta il conto che credi, perchè io ti sarò sempre amica. L'Abbonata M.G.P. — Montepul- ciano (Siena). Ricetta per fare il caviale Si prendono uova di pesce fresco, racchiuse completamente ¡nella loro membrana si pongono in uno scola- pasta di smalto o coccio ( mai di me- tallo), che sarà poggiato sopra un altro recipiente per raccogliere l'ac- qua che le uova scoleranno nel pe- riodo della salatura. Quindi s'incomincia a salare le uo- va un pcco dappertutto; si lasciano scolare un pàio di giorni, poi si ri- voltano e si salano di nuovo dall'al- tra parte e così di seguito, un poco di sale per volta ora da una parte ora dall'altra, alternando ogni due o tre giorni i primi tempi, ogni cinque o sei verso l'ultimo. Il sale deve es- sere più abbondante per i primi gior- ni e meno verso gli ultimi. La salatura dura un mese o poco più (a seconda anche della quantità delle uova da salare); ma di regola bisogna smettere di salare, quando si sente che le uova sono diventate piuttosto dure e quando non scolano più acqua. Terminata la salatura si prendono le uova, si mettono in un vassoio, si apre la membrana che le racchiude togliendola tutta e togliendo più che sia possibile, pelli e filamenti che vi possono essere; sì amalgamano ls uova con un po' d'olio finissimo, qua- si ne -venga una manteca, e si ag- giunge il nero di calamaio delle sep- pie, tanto quanto basta per fare le uova molto nere. Sistemate così, si mettono ben pi- giate in un recipiente di maiolica o vetro (mai di metallo) e si ricoprono con uno strato di olio, si chiudono ermeticamente e si conservano in luogo fresco. Il caviale, più invecc- chia, più è buono. deriva il nome di «ricotta») si as- sommerà la parte sierosa del latte, che verrà man mano racolta con ap- posita schiumarola, e deposta nei Ca- nestrini detti, a Roma, frocelle. Quivi la ricotta si asciuga e prende forma, G. F. (Palermo). — Prendere cin- que uova divise: albumi da una par- te, rossi dall'altra; 100 gr. di zucche- ro fino, da lavorare coi rossi d'uovo; 50 grammi di fecola; 50 grammi di farina, da unire ai rossi e allo zuc- chero; un cucchiaio da tavola di ac- qua da aggiungere alla miscela. Mon- tare ben bene le chiare e mischiare tutto delicatamente per poi cuocere nei rispettivi stampi imburrati e fa- rinati; profumo a volontà. Lasciare lievitare fin quando au- menteranno quasi del doppo del loro volume. Lucidarli con una pennella- ta di uova sbattute. Farcì sopra un. taglio in crocè e cuocere a forno mo- derato. T. M. (Ziano Piacentino). — Ecco la ricetta dei famosi boeri: Si premette che difficilmente po- tranno riuscire in casa (per la lavo- razione della copertura). In ogni mo- do, non possiamo che lodare quelle brave donne di casa le quali vogliono sforzarsi in tentativi anche difficili e applicare il motto dell'Accademia del Cimento: «Provando e riprovando». Cerchiamo di facilitare: Anzitutto occorre privare del loro nocciolo, senza intaccare il gambo, 12 graffioni sotto spirito. Riempire li- vuoto o con un chicco di uva mala- ga ben monda (meglio se sgusciata) oppure con una pallottolina di zuc- che ro fuso a crudo e piuttosto resì- stente. «Glassarli» uno ad uno, svel- tamente, con zucchero fuso bianco piuttosto caldo e non troppo denso. Ritoccare in seguito le sporgenze, on- de mantenere la forma perfetta. Scio- gliete poi 300 grammi di cioccolata finissima, entro casseruola ed a ba- gno maria con l'aiuto di spatola di legno. Badare bene che il liquido sìa appena appena tiepido e ,di un tiepi- do impercettibile. Lavorare svelta- mente, poi, fuori del bagno maria, ed in luogo freddo fin quando ripren- derà l'indurimento. A questo punto, riscaldare ancora a bagno maria, sempre lavorando, ma, appena appe- na ad una tenue caloria", che si di- stingue dalla precisa lucidezza della copertura. Immergere allora ad una ad una, le vostre ciliege sopradescrit- te, mettendole poi semplicemente su un foglio di carta ove le lascerete raffreddare. C. A. Pettini. Annotazioni. — Dove non si trova lo storione (in Italia se ne trova al- le foci del Po), si possono adoperare le uova di muggine, di luccio e di al- tro pesce che abbia possibilmente uo- va di grana grossa. Occorre prender- le quando maggiore è il loro sviluppo. Per conservare bene il caviale, occor- re che sia sempre sotto un sottile strato d'olio. Il nero delle seppie si diluisce con olio prima dì amalga- marlo con le uova. L'abbonata M.G.P. — 'Montepul- ciano. Risposte ai lettori G. G. (Legnano. — Ecco la relati- va prescrizione per preparare la RICOTTA IN CASA Prendere una data quantità di lat- te di pecora (quello di mucca non è inacato perchè dà un prodotto trop- po asciutto) farlo bollire quindi la- sciarlo raffreddare per spannarlo. ^ Ciò fatto (con la panna si fanno 1 formaggi fini di pecora) si aggiunge poco caglio e si rimette a fuoco. Durante questa ricottura (donde Direttore - Responsàbile UMBERTO NOTARI Stabilimento tip. del « Giornale d' Italia » ROMA - Corso Umberto Palazzo Sciarra Picfi AlIUTI IL Centesimi 70 la parola (Oltre tassa erariale delIT.80 %)' Richiamiamo in modo speciale l'at- tenzione dei nostri lettori su questa Rubrica degli Avvisi Economici. Con spesa lievissima si è sicuri di far co- noscere ad un pubblico estesissimo la propria richiesta, o la propria offerta, che verranno così certamente ' esaiir dite. DOPOLAVORO CUCINIERI, 'via San Paolo 9, Milano. Ottimi Cuochi di- sponibilì. Collocamento gratuito CONSERVAZIONE UOVA: Usati solò « Garantol » il miglior conservatore delle uova, venduto brevettato in tutto il mondo da oltre cinquantan- ni. Diffidate dalle imitazioni. Do- mandate schiarimenti listino Depo- sitario M. Marteietti - Bargaro To- rinese. Volete esser sicuri di avere i claiSicì e genuini olii di oliva di "pressione, prodotti a Bitonto, Molfetta, rino- mati ed apprezzati in tutto il mondo? Rivolgetevi al Consorzio Provin- ciale degli Olivicoltori di Bari, il quale ha istituito un grandioso ser- vizio di vendita diretta al consuma- tore degli olii suddetti ai prezzi ed alle condizioni seguenti: QUALITA' EXTRA Damigiana da Litri: 10-14 a L. 2,lo ii litro 15-22 a » 2.50 » » VINI DA PASTO, genuini, prezzi con- venientissimi, spedisce al consuma- tore in fustini o damigiane, il pro- duttore Dottor Michele Manfrida, Macchia (Catania). Richiedere li- stino. Gioernal daell Dao r i c IL PIÙ' GRANDE, IL PIÙ' MO- DERNO, IL PIÙ' VIVACE SETTI- MANALE DI ATTUALITA' E DI LETTERATURA pubblica in ogni numero i reso- conti dei viaggi nel mondo dei suoi reporters più avventurosi: e racconti e novelle e fotografìe e articoli di Moda e disegni di ele- ganze femminili. Rubriche specia- li, di corrispondenza coi lettori in- torno alla scienza grafologica, all'igiene, ecc; concorsi di enigmi- stica, articoli di volgarizzazione scientifica rendono sempre più va- rio e interessante le de!l il cui abbonamento da OGGI al 31 marzo 1934, costa L. 12 sole. CHIEDETELO IN TUTTE LE EDICOLE Per abbonamenti rivolgersi al « Giornale d'Italia ». ROMA — Palazzo Sciarra — ROMA R è o a n d o v i a l l a F I EAR D I M I LOA N non manca te di vi s i tare il li PIRITAS Potrete faci lmente a s s i cu r a r vi de l l ' insuperab i le qua l i tà e bontà dei prodotti " PUR1TAS „ gus t ando nel padigl ione appos i tamente al lestito, oltre che i f amosi maccheroni " PCJRITAS „ anche gli altri suoi squi s i ti Prodotti. tr Buono per un piatto di Maccheroni "PIRITAS,, XIV FIERA Di MILANO Presentando questo tagliando al Chiosco PURITAS Vi sarà servita gratis una deliziosa porzione di maccheroni PURITAS OGNI FAMIGLIA DEVE CONSUMARE I PRODOTTI DEL PASTIFÌCIO "PURITAS,, di PESCARA

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