LA CUCINA ITALIANA 1933

PICCOLA POSTA © P. M. (Ravenna). — H vino ros- so è più consigliabile come ricostituen- te. specialmente se di bottiglia e vec- cliio. Il vino bianco è più digestivo; ma eccita un po' il sistema nervoso. ® S R. (Como). — Gli alimenti che contengono maggior quantitativo di calcio sono: le verdure, il latte, le uova. Tra le verdure principalmente alcune, come ad esempio: cavoli e fave,. Ma sarà bene sulla dietetica che si riferisce a speciali malattie consultare sempre il medico. Abbiamo già detto che i consuiti a distanza sono diffici- li per gli stessi clinici, e noi non vo- gliamo assumere responsabilità. Se però c'è permesso un consiglio alla buona, come si dà fra amiche in un salotto, osserviamo che oggi si parla un po' troppo di calcio e di decalci- ficazioni dell'organismo: come un tem- po non si parlava che d;. appendiciti! Che a furia di calcificare, non si vada a produrre qualche calcolo re- nale o a facilitare l'arterosclerosi? © O. M. (Sangavazzo di Bergamo) i— Abbiamo data la lira al « primo po- vero incontrato », come Lei diceva di fare, qualora non avessimo potuto in- viarle il numero di luglio. Ma poi ci siamo fatta grafita e doverosa pre- mura di spedirle tale numero, che a quest'ora sarà in suo possesso. © E. R. (Bordighera). — Fu per di- fetto di spazio nell'impaginazione. La sua curiosità viene soddisfatta in que- sto numero: (vedi rubrica « I Dolci »). © P. B. (Acicastello). — La sua cuo- ca ha torto. Noi invece avemmo ra. giano: non è affatto vero che tutte le pietanze « al gratin » (o meglio « cro- state») siano di Identica preparazio- ne, compresi i gnocchi di semolino. Proprio Per questi vi è una difieren za, in quanto che, per essi soltanto, non si fa uso di «Bechamel». Ciò chiarito, siamo ben lieti di esau. dire il suo desiderio, pubblicando la ricetta di quei gnocchi di semolino, che tanto le piacquero ai ristorante. Se non le riusciranno identici ad essi, saranno comunque assai buoni, per- chè le giriamo la ricetta genuina del. Ja cuoca di «De l i a»: Eccola per sei persone: Per circa tre etti di semolino oc- corre: un litro di latte, due uova, mez- zo etto di burro, mezzo etto di for- maggio grana e un «sospetto» (come dicono i francesi) di noce moscata. Quando il latte bolle, dopo avervi messo un pizzico di sale, vi si versa adagio adagio il semolino, e si lascia cuocere almeno mezz'ora mescolando continuamente. Quando si è raggiun- ta una densità giusta, si ritira dal fuo- co, vi si aggiungono le uova, il burro, 11 formaggio e la suddetta ombra di noce moscata, mescolando forte per dieci minuti. L'impasto così ottenuto si versa sopra un tagliere spolveriz- zato di pane grattugiato, si spiana con un mattarello, e quando si è rag- giunto lo spessore di circa due centi- metri, si taglia a dischi della grossez- za di un pezzo da venti lire. In una pirofila si dispongano alterna- tivamente: uno strato di burro e for- maggio ed uno strato di questi dischi (non lesinare di burro e formaggio, che naturalmente non fanno parte della dose stabilita in pricipio per l'impa- sto). A tutti 1 dischi sia data forma di piramide per presentarli con una eerta estetica. Prenderanno il bel dorato nel forno, a fuoco non eccessivamete vivo, e, se la pirofila è elegante, siano serviti nella pirofila stessa. (Consigliamo la montatura in argento con manichi, sulla quale si poggia la pirofila leva- ta dal forno, per servirla in tavola ¿osi). © N. D. MARIA'BRIGHENTI (Ro- ma). — Le trascriviamo di una lette- ra a noi diretta dalla signora Luisa Momer dì Monaco, la parte che la ri- guarda: «Leggo con vivo piacere elle alla mia domanda riguardo la ricetta Loulsu ma N. D. Maria Piera Bri- ghenti di Roma sia in grado di far pubblicare una ricetta proprio auten- tica, Prego di voler trasmettere alla gentile signora il mìo particolare rin- graziamento, e sarei ben lieta di po- ter contracambìare ad opportuna oc- casione la gentile cortesia. © Dott. P. R. (Piedimonte d'Alìfe). _ Abbiamo trasmessa al dottor Cer- chiar! dì Roma la sua gentile missiva e riteniamo che egli le avrà diretta- mente data risposta. © Z. L. (Lezza di Como). — Lei ci scrive: «Ho saputo che in Inghilter- ra le cuoche usano tenere sempre pronta sul fornello una grande casse- ruola di olio bollente: con lo stesso olio friggono 1 cibi più svariati: pas- sano dal pesce, al fritto dolce. Han- no queste cuoche l'abilità di non far prendere alcun sapore all'olio. Vi sarei grato se su «Piccola Po- sta », mi voleste dare qualche indica- zione in proposito perchè volentieri adott&Tei tale sistema, che ritengo molto pratico. Colgo l'occasione per esprimervi le più vive congratulazio- ni per il giornale «La Cucina Italia- na ». Non soltanto non sappiamo come sì possa far servire alla preparazione di un dolce lo stesso olio, nel quaie si è fritto il pesce, ma abbiamo soltanto adesso imparato dalla sua lettera, che esiste tale possibilità. Però ci sorge un dubbio: esiste dav- vero? Ella dice: «Ho saputo che ;n In- ghilterra ecc .» — se ci scrivesse che le consta «de visu», il nostro dub- bio non avrebbe ragion d'essere, ma... l'Inghilterra è lontana e siamo pur- troppo abituati alla infatuazione de- gli italiani, che tornano d'Oltralpe, a magnificare tutto quanto si pratica la e non qui In tale scalmane esterofile v,'è spes- so buona dose di esagerazione e tal volta esuberante di fantasia. Comunque, diffidare della cucina e- sotica. Non è detto che al cattivo gu- sto degli inglesi possa anche esser gradito l'abbominio di un dolce che sappia dì pesce. © G. P. Z. (Pisa). — Legga quanto dice il Marinoni sui canditi in gene- rale in questo stesso numero. © I. C. (Roma). — Pubblicheremo la ricetta di sua invenzione: «Ri so al pomodoro fresco». Quanto al modo dì preparare ed ap- plicare la cementite alle pareti, e alla maniera di preparare ed applicare la pittura a gesso sopra la carta da pa- rato, confessiamo la nostra ignoran- za, ma ci andiamo ad informare da persona competente: Augurandoci che la risposta non abbia per lei caratte- re urgente, gliela rimandiamo al nu- mero del 15 dicembre. © M. C. (Cagliari). — La sua pro- posta è molto interessante, e dimo- stra in lei signorilità di « Massaia moderna » a modo nostro. Non è escluso che la «Cucina Ita- liana » nel prossimo anno abbia ad arricchirsi di qualche foglio supple- mentare e in tal caso opportunissimo sarebbe dedicare taluno a «riprodu- zioni di piatti decorati finemente», con le descrizioni relative, riproducen- doll specialmente dalle varie Mostre di Arte Gastronomica. Intanto una pubblicazione, che de- scrive sopratutto pietanze raffinate, ed è arricchita dì illustrazioni al ri- guardo (fra cui l'arte dello scalco) è quella, purtroppo francese, intitolata il «Cordon Bleu». © E. B. F, (Venezia. — Lei, da buo- na Svizzera, ci scrìsse cose molto giu- ste a proposito della brava massaia el- vetica, ma non le pubblichiamo per non acuire una polemica chiusa e su- perata (quella fra Rina Simonetta e Margherita Sarfattl). Noi esprimemmo a suo tempo la no- stra opinione, rispondendo come quel bambino, a cui si chiese se voleva più bene al papà o alla mamma, e disse: «alla nonna»; dichiarammo cioè che ira la francese e la svizzera la miglio- re è l'italiana, specialmente quella tal massaia moderna che Delia chia- ma la sua intima amica sconosciuta, e che sempre più si perfezionerà at- traverso il nostro giornale. © ABBON. ANONIMA (Torino) .— Galateo della tavola: Se prendono parte ad un pranzo, ol- tre a signore e uomini, anche delle signorine, la precedenza del servizio, dopo le signore, va data agli uomini e alle giovinette? Questa è la sua domanda. Ed ec- co la nostra risposta: Alle giovinette, a meno che esse fac- ciano parte della famiglia dell'anfi- trione. L'altro suo quesito è: se la padro- na di casa deve avere il posto d'ono- re o cederlo alla più importante delle persone invitate. Rispondiamo: L'uso varia da paese a paese. Quel- la padrona di casa, che vuole imitare le usanze inglesi, mantiene il posto cosidetto dì capotavola, e anzi si fa servire per prima. Ma in Italia e in Francia no. © T. M. (Roma). — Le saremo pre- cisi nel prossimo numero. © M. M. (Susa). — Anche a lei ri- sponderemo nel numero prossimo. © ABBON. N. 302/Z 462. — Per a- rance, ecc. canditi, veda rubrica «La tavola dei Buongustai » in questo stesso numero. D. N. p p Alel veccehi abboneat pel 193 e alel nuoev abb-o naet che ci inderaonn priam d!e Il dicemebr la loor quoat ple 1943 in ^ fareom perveenir un piccol don, o destinoat a inv-i tarle. .. a procuriarc alter abboneat ancaor (nle qula cas,o quanod le nuoev abboneat saranon cinqu, e lim-e remo un don.o.. meon picco.lo) Non possiamo tacere la nostra sod- disfazione dinanzi al successo vera- mente imponente che ha ottenuto questo nostro Giornale: un plebiscito di simpatie e di adesioni da parte delle donne italiane, che veramente ha superato tutte le nostre aspetta- tive. Giorno per giorno, spontaneamente, ci giungono proposte di amiche che si offrono di diventare nostre propagan- diste; adesioni entusiastiche di letto- ri lontani che hanno avuto modo di vedere un solo numero del nostro giornale e non hanno potuto più far- ne a meno; consensi e plausi da par- te di tutto il mondo femminile ita- liano. Dobbiamo constatare con un po' di orgoglio che il bilancio di quest'anna- ta non poteva concludersi più brillan- temente. E vogliamo riportare qui sotto, a titolo di riconoscimento, i no- mi di tutte quelle abbonate che in quest 1 due ultimi mesi si sono rese particolarmente benemerite della Cu- cina Italiana, sia come propagandi- sta, sia come sostenitrici del nostro giornale. A tutte loro va l'espressione del nostro animo grato e 11 nostro sa- luto cordiale, e a tutte le abbonate in- distintamente promettiamo che il 1934 riserverà molte liete sorprese. Ecco i nomi delle nostre amiche gentili: Rita salvo, Roma; Marchesa Mari- ni Clarelli, Roma; Rag. Gaetano Lu- pi, Viterbo; Pia Abbamondi, Solopa- ca; Margherita Giacomelli, Napoli; Cìpriana Arlinì, Pallanza; Luciana Oldani, Milano; Matilde Gaetani Mi- coli. Martano; Renata Lucina, Napo- li; Rag. Giuseppe Badolato, Marina dì Gioiosa Jónica; Giulia Caprotti, Monza; Lina Ragazzi, Roma; Maria Brunelii, Bucarest; Eugenio Tofi, Fo- ligno; Titina Garcea, Catanzaro; Wel- leda Cassini, Parma; Francesco Fa- ranca, Isola del Gran Sasso; Dott. Alberti ventura, Roma; Alberto An- tonelli, Roma; Rina Cattaneo, Mila- no; Ersilia Jacoblni, Roma; Matilde Ciafardini, Trivento; Maria Bonetti, Monza; Pierina Rossi, Trosciano; Ma- ria Marini, Portocivitanova; Matilde Capotondi, Viterbo; Carla Vigano Proserpio, Milano; Erminia Rossi Corbetta; Elena Fiandino, Barge; Lyna Bruno, Taranto; Nera Ferari Roma; Emilia Guastamacchia, Peru- gia; Costantino Congiu, Silanos; Pi' , na Bedio, Savona; Comm. Guglielmo NaTducci, Bengasi; Vincenza Tomez, ' Fiume: Rina Marchisia, Stupinigi; Arcangelo Pilerco,Vallo Lucania; Be- renice Talone, Roccascalegna; Gem- ma Malerba, Genova; Vittorina Batti- sti Sansepolcro; Ten. Francesco Bue- chieri, Murzuk; Dina Sibilla, Sanrr mo; Dott. Vito Accettura, Spinazzola: Gìoacchtna Ricci, Genova; Palmira Scarzella. Rapallo; Cornelia Giudìri, Bellinzona; Dina Cipolla, Pescara; Donna Maria Gàsperini, Roma; Cav. Alfredo Biandi, Nozzano; Assunta Or- lando, Genova; Carmela Tassinari, Bologna; Rina Amore, Caltagirone; f Raffaella Mangelli, Martina Franca; Maria Ivaldi, Genova; Maria Misoli, Sondrio; Rina Pelaggio, Novara; Tul- lia Gandino, Napoli; Irma Ferrarin Ceccato, Vicenza; Contessa Linda Chiaria, Torino; Contessa Ida Sali- mei, Roma; Irene di Gennaro, Avez- zano; Donna Margherita Massini Ni colaj, Perugia; Titina Riccardi, Roc- cadarce; Mimi Cecchì, Rodi; Virginia Rubino Favario. Netro; Giannetta Carboni, Sassari; Angelo De Florio, Taranto; Augusto Climati, Roma; Giovannina Filìppucci, Fiume; Emma Casali, Porto S. Giorgio; Vincenzo Lo Conte, Roma; Francesca Rallo, Trai poni; Teresa Ruspoli Pàrcheddu, Ge- nova; Pina Sonnino, Milano; Carmi' ne Colaccino, Elbagau; Salvatore Lo- jacono, Modena; Cap. Agostino Gan dinieri,. Cosenza; Adele Astengo, Pine- rola; Erminia Musetto, Torino- Arti», ra Vienna, Crotone; Eugenio Cerotti, Caserta; Famiglia Zamba, Bologna; Margherita Tosini, Milano; Teresa Costanzo Torino; Anna Bisazza. To rino; Maria Capoferri, Castelleone; Linda Fila, Bardonecchia; Giovanna Rogeteti, Saluzzo; Anna Barbina, U- dine; Maria Reposri, sampierdarena; Adelaide Craveri. Milano;. Sofia Baci- no, Bolzaneto; Francesco Torta, To rino; Aurora Bellenghi, Milano; Ines Bigliani, Torino; Rina Maglietta, Tor- tona; Tina Cordone, Tortona; Carlo Rizzotti .Novara; Wanda Rollo, Sam- pierdarena; Teresa Gastaldi, Racco- nigi; Maria Titta. Collesisana; Fran- ca Pellegrini, La Spezia; Esterina Ma- si, Bergamo; Ulrico Longo. Lieto Col- le; Erminia Gamba, Pescarenico; Gi- no Perugini, Torino; Teresa Messeni, Bari; Alba Fenizi, Falerone; Annetta Carlevaro, Cecina; Donna Ortensia Caracciolo, Palermo; Elda Bandieri, Modena; Jole Tomaino Torchia, San Pietro Posto l o; Olga Marocchi, Trie- ste; Bianca Casadio, Parma; Carola Colombo, Torino; Silvia Montefusco, Sorrento; Irma Baratto Cagnoni' Len- dinara; Palmira Diaz, Fiume; Zelmi- ra Giordano, Pola; Eda Monetti, Ro- ma; Salvatore Tolone, Girifalco; Ma- ria Pietrangell. Matera;. Emma Siri Finale Ligure; Clelia Barabino, Geno- va; Maria Pavan, Venezia; Marianna Rossi, Roma; Giuseppe Messina, Ca- strofilippo; Gilda Rosiglionl, Fiume; Alberto Parrini, Chianciano; Iride Mancini, Perugia; Maria Mazzoleni, S. Giuliano; Prof. Vincenzo Mameo, Andria; Evelina Palladino, Genova; Ada Remondini Guizzardi, Bologna; Enrico Crovetto, Tripoli; Ginetta Bruzzone, Acqui; G. Boni, Dublino; Franz Steger, Roma; Adriana Sechi, Roma; Adelaide Ercolani, Chiancia- no; Anna Astorino, Roma; Ermelinda Francia, Cairo Montenotte. Clemente Antonio, Cosenza; Rosa Appignani, Teramo; Luigi Morselli, San Remo; Matilde Violi Bonetti, Castel S. Pie- tro Emilia; Luisa Arbizzoni. Monza; Agnese Angelozzi, Torino; Elda Mi- noli Milano; Pina Ceccarelli Laugier, Passlgnano. Il medeconj^famgiha Ilteonsenso e il vion Il buon senso ripiglia il sopravven- to e le esagerazioni d'ogni genere, via via che il tempo passa, vanno atte- nuandosi e scomparendo. La moda t la smania dell'esotismo, cèdono all'a- mor proprio, alla dignità, al senti- mento d'equilibrio innato, che ritor- nano. Certo un po' di quel che è ri- masto nel nostro sangue dei vecchi tempi gloriosi e che caratterizza nel- le sue manifestazioni, intrinseche ed; estrinseche, il nostro popolo, mai completamente dimentico nell'andare dei secoli, sotto lo stimolo ed il richia- mo del Fascismo, è diventato fermen- to vivacissimo e caccia fuori dall'or- ganismo tutte le scorie, tutti i residui di degenerazione. La propaganda in favore del vino e nei suoi svariati modi di compor- tarsi, il buon senso è prevalso. La proapganda in favore del vino ha avuto partita vinta, specie dopo la riscossa degli « umidi » in America. La nostra lotta fu veramente faticosa e chi, pochi anni or sono, osava di parlare in favore del vino, era rite- nuto un pessimo soggetto, un citta- dino immorale, un ignorante dal lato scientifico e un sovvertitore perfido del buon nome del nostro Paese. Ricordo a mio riguardo uno scritto- rello, che credeva di farmi ingiuria, definendomi un medico preso dal vi- no, viziato dall'alcoolismo, ignaro di ogni più elementare regola di chimi- ca e di biologia. Ecco ora la rivincita di quanti ia pensano al pari di me. I miei colle- ghi medici, snobisti o proibizionisti di occasione, visto il cielo tinto, han ripiegato le vele e non si arrischia- no più nelle prescrizioni di diete ali- mentari a dare, per prima cosa, ostra- cismo al vino. Hanno però girato la posizione coll'introdurre, invece della solita cena sapida e frugale, il meno costoso caffè e latte; e così il vino, stando poco d'accordo col caffè e lat- te, si elimina da sé. Ma ora la gente di buon senso non si contenta più del poco gradito e monotono surrogato, al quale erano condannati gli uricemici, i gottosi, gli arteriosclerotici; e, pure obbedendo al medico rigido e scrupo- loso, fan precedere al caffè e latte una minestra che eccita con ì suoi aromi la secrezione del succhi gastri- ci e -lo fan seguire le marmellate e frutta di stagione, per beverci sopra un mezzo bicchiere di vino, e con gusto! Ho veduto più d'uno attenersi, spontaneamente, a simili correzioni della dieta al caffè e latte e ho dato qualche volta io stesso il buon consi- glio. E così tutti soddisfatti, medici e clienti. I produttori di vino non hanno pe- rò ben compreso quanto i medici pos- sono essere loro di aiuto, nel rendere sempre più popolare il consumo e l'uso del vino e non seguono l'esem- pio degli spacciatori di specialità far- maceutiche, che i medici ricevono con . .. indifferenza e non assaggiano. "Non ci ; cibo, vino e anche corde per tenere mancherebbe altro! Ma sarebbero fe- i a e amache, ossia le tende, sulle quali licissimi di ricevere qualche campio- > S i sospendono, durante le inondazioni ne di vino buono, che Gusterebbero, in j « ueiìfe notti. FRUTTA ESOTICHE I datteri I Datteri sono i frutti della Palma, pianta caratteristica della grande zo- na desertica, che va dall'Oceano At- lantico, traverso l'Africa Settentrio- nale e l'Asia Occidentale, sino alle re- gioni dell'India. La Palma vegeta an- che in Italia, ma non conduce a per- fezione i suoi frutti Nel 1913, l'anno di risveglio del sopito spirito latino e di rinascenza italica, anno per noi memorabile, sul- Palatino gjorioso e diruto, una palma fiorì e dieci P a n- nocchie di datteri vi comparvero, on- de il nome di Roma madre salì sul labbro di tutti e ovunque si parlò della rinnovata impresa libica. Si ha da Svetcnio infatti, che an- che all'epoca di Augusto, ima palma, nata fra le connessure delle pietre f i - nanzi al palazzo di lui, fiorì non solo, m a dette frutto e narrasi come ciò fosse ascritto a prodigio e fosse rite- nuto per augurio di pace vittoriosa sulla Libia. Identico il prodigio, iden- tico l'augurio, l'impresa, e la vittoria. Onde l'arco trionfale dì Marco Aure- lio a Tripoli, di nuovo restituito alia ammirazione delle genti, indicherà la, fine del dominio ottomano su quelle terre, che furono di Roma. La palma fu detta provvidenza de- gli Arabi ed un loro poeta, con sin- cerità profonda, esclamò: « I o amo il cammello come il fratello, la palma come la madre, essa immerge il suo piede nell'acqua, la sua chioma nel fuoco del cielo ». In due modi i datteri si consumano, o seccati o molli, che sono più nu- tritivi dei primi, resistono dì più, ma contengono minor quantità di zuc- chero. Il lctr 0 valore energetico è di 300 calorie ali'incirca per ogni etto: sensibilmente maggiore di quello del pane; pari a quello delle lenti, dei piselli e dei miele. Essendo lo zucche- ro un alimento che meglio d'ogni al- tro, provvede d'energia muscolare gli esseri viventi, mentre dà tanto poco da fare alla cosidetta terza digestio- ne, le trasformazioni da esso subite nell'organismo per divenire atte a tale scopo, sono semplici e rapide. Stimatisi perciò i datteri un cibo a- aattissimo a popolazioni nomadi ed infatti costituiscono la base del re- gime alimentare degli abitanti delle oasi. Seccati al sole essi forniscono agli indigeni d'Africa una farina spe- ciale, con la quale compongono fo- caccia che seco portano nei loro viag- gi, lungo le vie carovaniere a traverso il deserto. Al momento del bisogno la stemperano in poca acqua, pre- parando così la pasta di dattero, che consumano poi a somiglianza del no- stro pane. Con una manipolazione a- datta SÌ ottiene il miele da datteri, che uguaglia quello delle api e sì usa in sua vece. Un palmizio che disten- de le sue foreste all'ingresso dell'O- renoco, basta a tutti i hlsogni di al- cune tribù selvagge, che vivono quasi di continuo, arrampicate in mezzo al suo fogliame La palma fornisce loro famìglia e li renderebbero collabora- tori d'una vasta propaganda par l'u- so del vino. Non si tratta di com- prarli, ma di conquistarli. Mi pare di aver ciò sentito pro- porre in una assemblea di vinicultor! da un congressista che la sapeva lun- ga, ma... — e si capisce — la cosa cadde. Cionostante si badi che non è stato mai 11 medico conìctto rurale ad al- learsi coi proibizicnisti e, se ve ne sono, possono considerarsi eccezione e da segnarsi col carbón bianco. Furo- no molti tra i pezzi grossi, i maestri, quelli che considerarono alcoolisti an- che i parchi bevitori di vino, essi che fecero eco alle grida dei vilsoniani secchi, e che volevano conceliare il vino dall'alimentazione. Anzi, per ap- parire originali e spregiudicati si schierarono contro le più belle tradi- zioni del popolo nostro, coltivatore dlela vite e affezionato all'uva ed al vino. • La scienza non ha mai asserito tali corbellerie e la tradizione neanche, e, se alla scienza si fosse obbedito, quan- ti alcoolizzati vi sarebbero stati di meno! Il vino salva dall'alcoolismo, E' massima accertata da scienziati per davvero, quali Baccelli, Murri, De Giovanni, Cardarelli, Grocco. Il vino anche nelle Sacre Scritture ricorre spesso sotto i nostri occhi o come bevanda, o come simbolo, o come me- dicamento. In un Vangelo, in cui si parla del- l'amore del prossimo e che cosa es- so sia. Gesù lo spiega con la para- I boia del Samaritano, che, incontra- tosi in un viandante ferito e deru- bato, a differenza di altri passanti, lo assiste e lo cura, versando sulle sue ferite vino ed olio. Il vino dunque era sempre a portata di mano. Il dattero insieme al fico, alla giug- giola e alla caruba, appartiene ai frutti pettorali e se ne usa in decotto nei leggeri raffreddori, nei semplici catarri bronchiali, adoprando 50 gr. di essi in un litro d'acqua. L'abuso di datteri può provocare la lebbre, axompag'nata da dolori nelle articolazioni e nelle masse muscolari. La palma è quasi in tutte le sue parti utilizzabile ; del midollo gli indi- geni ne fanno un alimento, del sugo fermentato ne traggono un liquido alcoollco detto Lagfoi o vino di Palma. Dai frutti spremuti cola un succo dolce e gradevole, che gli arabi usano a mo' del burro e dello zucchero; le foglie servono per la fabbricazione delle stoie e le grosse nervature di es- se fan le veci del giunco e forniscono i canestri. Le fibre danno i cordami, e i noc- cioli de' datteri, pestati e torrefatti, fungono da surrogati del caffè. Que T U T T I a i Rsitorante EGIDIO Vai Melo, 36 B A R I Via ( P r op r i e t a r i o: Togne t ti Egidio) PREZZI DI ECCEZIONE CUCINA CASALINGA OGNI SPECIALITÀ ^W' ìriTOBBaatazagr^ ini 1 ini1 » hhuij sti Infatti hanno 11 4 per cento di so- stanze azotate, 68 di sostanze non azotate e 13 d'acqua con 9 di cellu- losa. La palma fu da' Greci e dai Ro- mani considerata come un albero trionfale e tenuta da tutti quale un simbolo di festa e di vittoria. A Ro- ma anzi la Phoenix Dactilifera fu ri- tratta nel conio delle monete, dopo la M a non si pensi che io voglia attri-, c o n q U ista della Libia ed era sacra ad buire al vino tutte le virtù, per spac- j j s ^e ed adoperata in Egitto per mol- ciarne in ogni caso ai sani ed agli j t e cerimonie. Una moneta dì Tito Ve- 1 ammalati. Il medico, oculato studia I Bpa siano fu coniata pel suo trionfo ' i vini e studia gli ammEilati, e dove 1 s u y a Giudea; la quale era raffigura- li vino è, per esperienza, ccntroindi-1 ta> c o m e <j o n n a piangente a sinistra ! cato, non lo concederà a nessun ti- ¡.dell'imperatore, alla cui destra era tolo. Lo studio dei vini poi, dei sin- j u n a p a i m a . E scolpita fu pure sulle goli ammalati e dei semi-amma'ati, ci ; m o n e t e di Tiro, siccome immagine di. porterà a concessioni e ad esclusioni I abbondanza e simbolo di pace, parziali, perchè i vini si debbono ! trattare, quasi come medicine nella quantità nella qualità, nell'alcoolità. A IVI I L. A c o n v e g n o al ti Mangiar meglio, spender meno Locale di antica fama — fine trattamento fanjU'are — personal- mente diretto dal Pl-opriétario Via Amatore Sciesa 8-10. ÍProp. BINDI CESARE). Plutarco, negli Awertimenti di Sa- nità scrive, su per giù. le nostre me- desime cose e si affida anche nei suoi scritti al buon senso: a quel buon senso, al quale noi alludiamo e di cui il popolo non difetta mai, quan- do non lo si devii con interessati ar- gomenti, con ragionamenti sofistici o con ingiustificate paure. Così dobbiamo ricordare che il vino si rende utilissimo nelle malattie in- fluenzali e nelle forme reumatiche. Sono tante le formule che si adopra- no contro tali malanni, a cominciare d«. quella semplice, famigliare e vec- chia del vino caldo drogato, sino al vini fini e abbastanza alcoolici, come -oo A OATSSa.TcfoD SUIJOJ STTSH mre-mao me ricostituenti nelle lunghe e sner- vanti convalescenze!' Usiamone quale un dono della Prov- videnza. Nelle giornate umide e pio- vose, nelle giornate asciutte e secche di tramontana o nelle giornate melan- coniche, »e fiocca la neve, che cosa è meglio d'un bicchiere di vino buono, pur che sia genuino? Dott. A. MASONI Dalla Rivista La salute e l 'Igie- ne nella Famiglia). Anche per la Chiesa cristiana 1" palme divennero sacre, perchè le tur- be, andando incontro a Gesù coi ra- mi di essa, presagirono il di lui trion- fo e se ne ornarono le lapidi del martiri per indicare la loro vittoria sul mondo. E sacre rimarranno an- che alla terza Italia, pel sangue ver- sato .in Africa da' suoi figli, queste .superbe piante della conquista. I l COCCO i l Cocco è un grand'albero della fa- miglia delle palme, che raggiunge la altezza di circa 7o m.; onde fu so- prannominato il re dei vegetali. E' nativo e prospera nelle Indie ed ò. ca- pace di fornir tutto quanto è indi- spensabile alla vita d'un popolo sel- vatico, essendo la pianta utilizzabile in ognuna delle sue parti. E' l'albero per eccellenza nel Malabar e si colti- va anche nella Somalia Italiana. Dalla linfa della pianta, a cui è commisto molto zucchero, si può ot- tenere, procurandone la fermentazio- ne, Un vino speciale, che si beve nei banchetti nuziali degli indigeni, come in segno di riconoscenza, e quindi del- l'alcool e dell'aceto. E dello zucchero SÌ ritrova, sino a che SÌ mantiene giovane, nel cellufeire del fusto onde esso per tale virtù è facilmente com- mestibile e di sapore gradito. Il legno è di una durezza quasi la- pidea nelle sue parti esterne e si a- dopera per formarne diversi utensili o per vasi o per tubi da acqua, a guisa di canali. Dalle foghe si fanno libri e quaderni per le scuole e dalle fibre si traggono corde, la di cui pro- duzione . alimenta una vera e propria industria. Il frutto del cocco raggiun- ge la grossezza d'un melone, legger- mente ovoidale, del color della noce, cosicché si conosce col nome volgare di noce di cocco. L'interno del frutto è ripieno di succo lattiginoso, o Icite di cocco, e he, diluito in acqua, forvia in estate una delicata, igienica, utile e piacevole bevanda, ricercata e dis- setante ed ora usatissima anche in Italia. Il frutto è PU re suscettibile di fermentazione: a poco a poco si fa denso come crema, e si consolida in- fine a mo' di mandorla, che costitui- sce l'alimento usuale degli indigeni. Da questa mandorla s'estrae anche un olio, che serve per condimento o per illuminazione; e nel tempo di guerra l'industria ne fece burro vege- tale assai buono,. poco costoso, però molto al disotto del burro animale dai lato del sapore e della digeribili- tà. Ad ogni modo era ed è un buon sostituivo economico ai grassi ani- mali. Kaki o loti del Giappone X Kaki o Loti del Giappone, alberi d'alto fusto, rassomigliano e per la forma e per la grandezza al nostro melo. Verdi han le foghe, ma pren- dono poi una bella tinta di rosso car- minio in autunno e quando esse ca- dono, compariscono al loro posto in quantità corrispondente i frutti. Que- sti, a seconda della varietà, assumono colori differenti o carnicino o rosso sangue o rosso arancio, donando al- l'albero un aspetto singolare e di bel- lezza strana. Ricordano, nell'eccellen- te sapore, la marmellata d'albicocche ed acquistano un maggior gusto, se si mangiano, spruzzandone la loro polpa con un po' di buon cognac o di altro liquore. Contengono in quantità sostanza zuccherina e sono perciò entrati nel- la famiglia di quei frutti, il cui con- sumo si va sempre più diffondendo. Ratccólgonsi acerbi, onde meno si al- terino e meglio mantengano ¿1 loro colore, e se ne> attende così la mar turazione. Non son essi però i Loti, ai quali accenna Dioscaride e son de- scritti da Plinio. Prosperano in Afri- ca come in Australia e si celebrava- no per ottimi quelli della Cirenaica, che ne aveva piene le vastissime sel- ve. Anche in Italia fanno ottima figu- ra, come la facevano in antico a Ci- rene ove dovrebbero tornare in onore. I banani o musa o fico d'Adamo II Banano proviene dall'America E- quatoriaie a s'è esteso dalle Indie O- rlentali all'Africa Occidentale ed al Sud-Africa. i,a banana è una bacca di forma allungata,' d'un giallo palli- do e l'à sua polpa è molle e di sapore gradevole e dolce. Ì Esiste in Inghilterra una setta reli- giosa, ja quale sostiene che il famoso frutto proibito della Genesi sia pro- prio la banana. Ed ogni mese i suoi componenti indicono banchetti in cui l a . banana ed il suo sugo succulento è servito in tutti i modi immaginabili ed è magnificato. Certo è che il Ba- nano è una curiosità del mondo vege- tale non è un albero, nè una palma, nè un ortaggio, nè un arbusto, nè una varietà d'erba. E' piuttosto una pianta erbacea gigantesca, che può raggiungere sino a 10 metri di altez- za ed ha una struttura bizzarra, non essendovi una fibra legnosa ed es- sendo qualche volta le sue branche più pesanti del tronco. Il frutto è più specialmente prodotto da due specie, dal Banano dei Paradiso, specie- na- na, o dal Banano de' Savi, specie al- ta .11 suo valore "vitaminico, antiscor- butico ed . antirachitico è stato rile- vato da Grueninger nel 1928 ed è notevole. Quando il frutto non è ancora ma- turo predomina jn esso l'amido e può benissimo surrogare il pane di fru- mento e le patate; a maturazione più inoltrata acquista il sapore della ca- s t ana; ed a maturazione completa lo zucchero sostituisce l'amido. E' an- che un frutto .eccellente ed il più: igie- nico ed è raccomandato agli infermi ed alle persone di stomaco debole. Non teme contaminazioni dall'ester- no. anche se sia esposto alla polvere. Quando la si è sbucciata, l a banana è batteriologicamente pura. Non ha nocciolo, non semi, non vermi paras- siti, non microbi e si pi:ò mangiare in qualunque stagione dell'anno, con- servandosi benissimo. Questo frutto acquista, ogni di più, favore nel pubblico; ed estendendosi nei paesi caldi l'uso della sua farina., farà una seria concorrenza alla fari- na di grano, perchè contenente meno amido è più salubre. La farina di banana contiene una buona dose di idrocarburi assai P i ù di,quella del dattero ed è alta la sua percentuale di sostanze nutritive, la- sciando indietro i fichi. Dalle foglie si estrae una fibra tessile particolar- mente impiegata per ^.fabbricare ia carta e per copsir capanne e nelle Fi- lipipne si filano le fibre molto più forti, che formano il picciuolo delle foglie e se ne intessono tele finissl- j me, conosciute col nome di Nipis. In conclusione la banana, o fico d'A- damo. è un frutto alimentare per ec- cellenza ed il suo uso, tra l e frutta d a tavola, prende da noi consistenza, tendendo a detronizzare la mela, che sebben più modesto, sarà sempre il nostro frutto preferito. Da qualche tempo se ne coltivano con profitto anche nella Somalia, no- stra colonia africana, nella Libia e nella Cirenaica. L'ananasso L'Ananasso si coltiva m India, in America, a Cuba, nella Giamaica pe' suoi frutti, che sono d'uno straordi- nario profumo. In Europa non vive Che a calore di stufa. Don Consalvo Hermandez, Governatore di San Do- mingo nel 1535, è quégli che fece ' co- noscere questi ottimi frutti ai botani- ci europei. Ed è giusto ricordarlo, co- me un cittadino benemerito. I frutti della piante somigliano ai carciofi e le sue foglie sono lunghe, erette, ar- mate di deisti e tinte in verde chiaro, Il frutto, della grossezza di due pu- gni. è carnoso ed ha la forma e l'a- spetto di coni di pino, sormontati daV la rosetta di foglie. L'ananasso è squi- sito ed ha internamente una carne molto succosa ed odorante. Il suo in- volucro è ricco d'acido citrico e ma- lico, si maggia fresco come un ali- mento e lo si conserva con zucchero, ed in confetture molto gradevoli. Nel- le Indie se ne procura la fermenta- zione del sugo e se ne ottiene un liquore spiritoso e piacevole, che ras- somiglia alla Malvasia. L'Ananasso è ricercato più specialmente per il de- licatissimo profumo, che si ritrova in alcune qualità di pere d'autunno ed in certi poponi della grossezza di un arancio a polpa verde, ai quali appun- to si aggiunge l'appellativo di ana- nassi. La materia tessile, fatta colle fibre delle sue foglie, porta i 1 nom e di ca- napa o di seta d'ananasso, la quale col tempo diviene d'una bianchezza graziosissima. L'ananasso si tiene pei simbolo della perfezione, perchè tut- to è in lui delizioso, per i sensi ha ai> parenza di superbo frutto sormontato d a corona di foglie, eleganza d'aspet- to. fiori dal ricco colorito, sapore squisitissimo, profumo soave. Quando il viaggiatore del Tropico, riarso dalla sete, intinge le sue labbra in questo frutto meraviglioso, tutte ei dimena tica. ie sue fatiche ed un benessere intenso lo invade, spronandolo a nuo- vo cammino, a risorgente lavoro, ti frutto non ha gran che dì sostarne alimentari o medicamentose, ma nella sua carne solida, liquescente e bian- cognola > contiene un'acqua zuccheri- na e piacevolmente acidula, nella quale si ritrova il sapore delle frago- le, del lampone, delle pere e dei no- siri migliori frutti. Ed i succhi acidi delle frutta, in ge- nere ricchi di sali di potassa, eserci- tano un'azione dissolvente sulle so- stanze minerali e terrose, evitando lo indurimento delle arterie e ridonando ad esse la loro elasticità, compromes- sa, da una dieta carnea troppo accen- tuata. I? . i : i Direttore - Responsabile UMBERTO NOTARI StaDiumento Tip. del « Giornale d'Italia » ROMA - Corso Umberto, Palazzo Sciafra Centesimi 70 la parola (Oltre tassa erariale dell'I.80 %)'• Richiamiamo in modo speciale l'at- tenzione dei nostri lettori su questa Rubrica degli Avvisi Economici. Con spesa lievissima si è sicuri di far co- noscere ad un pubblico estenissimo la propria richiesta, o la propria offerta, che verranno cosi certamente esau- dite. COLORI - Vernici - Pennelli: biamhl zinco, biacche, litoponi in polvere a pasta, colori per calce e olio, acqua- ragia, lubrificanti ; tutti gOi articoli da pittore. Brentari Minghetti ne- aozio Sanmarco Trento. 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