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ALFREDOZERBINI (1895 -1955)
AlfredoZerbini (1895-1955) autore di numerose bellissime poesie era un autodidatta.Molte delle
sue conoscenze le aveva ricavate andando a scavare con pazienza e passione negli archivi della
BibliotecaPalatina presso la quale era impiegato. La passione per la poesia e per il dialetto lo
assorbiva completamente. Egli però non si limitava a scrivere le sue poesiema si dava da fare per
organizzare serate culturali sia in città che in provincia, durante le quali, esse venivano lette.
Lavioletta
Al pu bel fior dal mond l’è la violetta
modesta e scösa cme lame speransa;
la spönta inmez’ai fil dla primma erbetta
adrè la Parma, al Tär e la Bagansa.
Su dal Lägh Sant a j ärzen dla Parmetta,
là in riva al Po, lamanda na fragransa
ch’l’è dolsa cme il paroli ad na strofètta
d’un cant d’amor ch’as senta in lontanansa.
Col sól e la primm’aquamarsolén’na,
l’è lè ch’at ven a dir:— Su, viva e spera,
che sott’al tècc gh’è za la rondanén’na!—
E ataca al so, gh’è ’1 nòm dla nostra téra,
e quand l’al diz, con grassia la s’inchén’na:
—Violetta ad Parma, insonni ad primavera!—
Il più bel fiore delmondo è la violetta
modesta e nascosta come lamia speranza;
spunta inmezzo ai fili della prima erbetta
dietro laParma, al Taro e allaBaganza.
Su dal lagoSanto agli argini dellaParmetta,
là in riva al Po,manda una fragranza
che è dolce come le parole di una strofetta
di un canto d’amore che si sente in lontananza.
Con il sole e la prima acquamarzolina,
è lei che ti viene a dire –Su, vivi e spera,
che sotto il tetto c’è già la rondinella –
E accanto al suo, c’è il nome della nostra terra,
e quando lo dice con grazia si inchina:
—Violetta di Parma, sogno di primavera!—
PROVERBI
Per educarci al rispetto del cibo e a non
sprecare ci dicevano:
- "Al Sgnór l’é zmontè
da caval par tór su 'na briza äd pan".
Per inculcarci la generosità anche verso gli
altri dicevano:
"Tutti il bòcchi j én soréli,
meno che còlla dal fóron".
Per insegnarci lamisura nel mangiare:
- “La tésta la famäl, quand al stommogh l’
à fat carnväl”.
Per insegnarci che èmeglio perdonare che
litigare:
- "Chi condana al pól sbaljär, chi
pardón'na al ne sbaljamäi."
Per insegnarci ad essere sereni e amichvoli:
- "Al riddor l’é ‘na léngua chi capison in
tutt al mónd."
(Il Signore è sceso da cavallo per raccogliere
una briciola di pane.
Tutte le bocche sono sorellemeno quella del
forno.
La testa famale quando lo stomaco ha fatto
carnevale (ha gozzovigliato).
Chi condanna può sbagliare, chi perdona non
sbagliamai.
Il riso è una lingua che capiscono in tutto il
mondo.