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Gli archivi della Chiesa ( oggi separata dal Chiostro ) riportano la notizia della presenza di
A. d’Agrate, ma si sa anche che il lapicida era contornato da una ampia maestranza che lo
aiutava e si alternava a lui nei lavori ( forse anche quel Giovanni Boccalaro citato per
l’opera di San Giovanni Evangelista ?).
La studiosa Maria Ortensia Banzola, a proposito delle fabbriche parmigiane della seconda
metà del Quattrocento, sottolinea come l’organizzazione lavorativa fosse “di tipo collettivo,
ancora di carattere medievale. (…) Il
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magistro a muro et lignamine
>>
lavorava nel
cantiere al fianco di altri artigiani, al pari di
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picapietre
>>
e
<<
boccalari
>>
, senza emergere
nella figura di architetto ideatore, ma assumendo le mansioni di direttore dei lavori ed
esecutore del progetto, in subordinazione alle disposizioni della Committenza. (…) Perde
così di significato cercare di individuare una personalità creatrice autonoma tra artisti di
formazione più o meno locale, ma rimane da stabilire quale ruolo ognuno di essi abbia
svolto nella fase esecutiva dei lavori.”
(3)
.
Quello che si sta cercando dunque di comprendere è come e se Antonio d’Agrate abbia
contribuito ai lavori lapidei del Chiostro di Sant’Uldarico, essendo andato nel tempo
perduto ogni documento che attesti la paternità delle sculture. Dalle comparazioni fatte si
può ritenere il “picapietre” parte delle maestranze che hanno eseguito l’opera.
Vero è che il Chiostro di Sant’Uldarico, seppur difficile da datare con precisione per le
ragioni già viste, pare essere il primo, tra le opere parmigiane quattrocentesche esaminate
nel capitolo, ad essere stato costruito. Forse Antonio Ferrari d’Agrate, forestiero appena
giunto nella città di Parma, ha assolto solo in minima parte ai lavori del Chiostro di
Sant’Uldarico facendo così conoscere la sua tecnica messa più ampiamente in atto nelle
costruzioni successive ? Queste infatti presentano un apparato decorativo più omogeneo.
La varietà di forme rintracciabili nei capitelli del Chiostro oggetto di studio risulterebbe in
effetti difficile da spiegare se non si ammesse la possibilità di più mani creatrici sotto
un’unica Committenza forse non eccessivamente vincolante.