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alcuni punti, simbologie di chiaro retaggio medievale ( quali l’uso dell’arco acuto per i lati
minori, l’iconografia dei delfini e dei festoni ).
All’interno dell’ampia rosa di forme decorative presenti nel Chiostro se ne è individuata una
ricorrente in altre strutture chiostrali del centro di Parma, sorte nei medesimi anni di quella
di Sant’ Uldarico ; lo studio di tali opere, dotate di una bibliografia storica più accurata e
documentata, ha condotto all’identificazione di uno scultore di origine lombarda coinvolto
in tutti i cantieri considerati. Dalla somiglianza dello stile e delle forme presenti in alcuni
capitelli del Chiostro di Sant’Uldarico con quelli che si possono trovare negli altri Chiostri
parmigiani contemporanei, è stato infatti ipotizzata la presenza del tagliapietre Antonio
Ferrari D’Agrate anche nell’esecuzione dell’apparato decorativo del Chiostro di Sant’
Uldarico.
L’ipotesi fatta lascia tuttavia insoluta la spiegazione della grande varietà di dimensioni e di
tipologie decorative, peraltro non corrispondenti ad una precisa logica distributiva, presenti
sui capitelli del Chiostro oggetto di studio. A legare questa apparente disomogeneità di
forme è lo stemma della famiglia Carissimi, segno costante ed evidente della volontà delle
Badesse di tale famiglia, le quali vollero dotare il Monastero benedettino di Sant’ Uldarico
di un nuovo, elegante Chiostro.
L’analisi dell’apparato decorativo del Chiostro di Sant’ Uldarico, in correlazione con le
esigue notizie storiche a riguardo della sua costruzione, ha portato ad ipotizzare l’esistenza
di un'unica fase di lavori ; durante questo periodo, forse, vi saranno stati impegnati più
scultori, che potrebbero aver recuperato altre colonne oltre a quelle di certa provenienza
dall’antico teatro romano ( il fatto spiegherebbe la grande varietà di materiali presenti ).
Di certo, chiunque fosse o fossero gli autori, tale opera è stata forgiata in modo tale che le
diversità e le asimmetrie venissero celate da un unico sguardo all’armonia dell’ insieme.
