Tesi Ziliotti completa - page 13

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distaccato dal potere locale, ma per il tipo stesso di struttura che opera a stretto contatto con
i Parmigiani (grazie alla farmacia e ad opere caritatevoli) è comunque strettamente
ricollegabile alla realtà ed alla cultura locale dell’epoca.
E’ per questo auspicabile una lettura sincronica dei complessi sopraccitati, sia da un punto
di vista culturale che secondo un aspetto più specificamente architettonico. (tale argomento
verrà affrontato nel capitolo successivo)
Il simultaneo fiorire nei Monasteri benedettini della città di tanta arte non è casuale : si ha
infatti notizia di una “ gara sorta (…) fra le badesse benedettine di Parma, desiderose
ognuna di primeggiare per lo splendore dell’arte!“
(5)
. Pare inoltre che a dare il via all’agone
sia stata proprio la famiglia Carissimi, prima con la costruzione del chiostro ( probabilmente
voluta, come si è già visto, da Petra ) e successivamente con la commissione del Coro (
portata invece avanti da Cabrina ).
Per descrivere e spiegare adeguatamente la struttura ed il fascino ancestrale del Chiostro di
Sant’Uldarico si affida il commento alle belle parole di Giovanni Copertini :
“ La
leggerezza degli archi, la varietà delle colonne, dei capitelli, delle basi, la vaghezza degli
ornati fittili, che costituiscono la cornice del porticato e il cornicione, la simmetria
conseguita quasi per miracolo con elementi asimmetrici, quali la pianta lievemente
romboidale, gli archi gotici, e quelli a tutto sesto, le colonne di pietra e quelle di marmo, i
sostegni di diametro diverso, gli archi ora ampi ed ora ristretti riempiono l’animo di lieta
meraviglia. E ti pare che il silenzio aumenti l’effetto magico del luogo. L’erba, che cresce
indisturbata fra i ciottoli del selciato, conferisce all’ambiente un dolce fascino
malinconico.”
(
6)
Ed ancora oggi appare così : il tempo, anche se ovviamente non ha risparmiato la
costruzione da un significativo stato di degrado, sembra essersi fermato nell’aria
quattrocentesca di quel che resta dell’antico Monastero.
L’incuria militare cui è stato sottoposto il Chiostro a partire dal 6 maggio 1833, e durata
fino al 1897, ha di certo aiutato il lavoro di danneggiamento e sgretolamento perpetuato dai
secoli. Agli occhi del Copertini infatti esso appariva tutto intonacato, sui muri, sotto le volte
e perfino sui capitelli in pietra, di un color
“giallo che va dal paglierino al canarino”
(7)
; le
arcate della loggia erano state chiuse da muri, parti di pavimento erano state sostituite a
tratti con listelli di legno ed il cornicione in cotto appariva tutto smangiato dall’acqua
piovana il cui deflusso non era regolato da un sistema di grondaie.
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