che si l'ede nel suo torrione in Crernonct-.
In verità vi era stato un ingegnere che ne aveva
pronosticato
il
crollo ma a cui non i era voluto
prestar fede se
il
toscano Giacomo Giubini canta
in ottava rima:
·Essendo rinp,egner del vero istrutto,
con LI/va voce a tuili li dicìa:
fuggi popolfede/ se non vuoi fu/lo
qufuf
troL'are, e la tua morte r·ia.
eh 'io vi protesto a cc1der non dimora
la lorre in terra in meno di
La voce sparsa dell'imminente crollo della torre
lasciò naturalmente tutti increduli, ma molti del
popolo si po11arono nelle vicinanze per non per-
dere l'eccezionale spenacolo qualora si fosse veri-
ficato c fu così che
•
Vi morse molta gente per diletto,
fxmscmdo che ·f cader fosse dubbioso
de /'ingep,11ere non si credea
il
detto•
i\la la lOrrc crollò e il danno fu immenso:
•Quantofe' il caso iniquo, e danno e male,
6.9
alnohil palazzo de' Signori,
ruppe iltello. le sale, e volte e scale,
con tremenda ruina e gran tremori,
la spaziosa loggia, e ·!tribunale,
ridusse in massa con molli dolori.
la facciata reslò con la ringhiera
e due spagnoli cornici che
vi
era•.
Ed cffenivamente due attori di una compagnia
comica che stavano recitando in una sala del
palazzo comunale spesso adibita a rappresenta-
zioni, rimasero miracolosamente illesi, come ci
ricorda Francesco Bartoli:
Nicolò
Barbieri, dello Belirame, in Parma ad esporre le
sue commedie, e cadendo la torre in Piazza,
CII/errò il Salone e le sottoposte botteghe, restando
meravigliosamente in piedi quel solo pezzo di
a/rio ove era eretto il palco delle sue rappresenta-
zioni, ed essendovi sulla scena alcuni comici, non
fece loro alcun danno, quantunque la rovina in
altre parti cagionasse la morte di numerosi cifla-
dini•.
Cosa che favorì la buona fama della com-
pagnia presso
il
popolo.