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Apensarci bene ci sonopoi ragioni non solo soggettive e identitariema anche
oggettive che induconoper qualche verso a considerare il dialettopiù importante
rispetto alla lingua.
Il dialetto èpiùantico
La suamaggiore antichità per esempio. Per le lingue si può stabilire seppure
approssimativamente la data della loronascita. Nel 1960 si celebrò ilmillenariodella
nascita della nostra lingua italiana essendopassati 1000 anni dalla data del placito
Capuanoo cassinese che, per convenzione, si considera il primo documento della
lingua italiana.
Per il dialettoquesto non si può fare. I dialetti non hannoun certificato di nascita
datatoma sono certamente più antichi delle lingue. La loro origine si perde nella
notte dei tempi. Essi sono nati chissà quando insieme ai primi uomini stanziati qua e
là nel territoriooggi italiano. È soloper convenzione storica che possiamo dire che il
dialettoparmigiano è nato in età romana dal latino parlato nelle terre comprese tra il
Po e l’Appennino.
Il giudiziodiDante
Se è vero che l’ anzianità fa grado, il dialetto è di grado più elevatodella lingua.
Di questo si era accorto inqualchemodoDanteAlighieri che nel “De vulgari
eloquentia” giudicava senz’altro “nobilior” (piùnobile) il volgare, cioè la parlata
nativa (oggi diremmo il dialetto), rispetto alla “gramatica”, come lui definiva la
lingua latina. Questoperché la facoltà di parlarlo è comune a tutti gli uomini della
terra. Èuna facoltà universale ed innata. E’ un dono della natura che non s’impara sui
libri. Ai tempi di Dante il termine dialettonon era ancora entrato nel vocabolario. Vi
entrerà soltanto nel ‘400 in età umanistica.
Come valorizzare il dialetto.
Ci sonodunquemolte ragioni valide per valorizzare il dialetto e ci sonovarimodi per
farlo ugualmente rispettabili e degni di attenzione. Tutte le iniziative però devono
fare i conti conquanto la storia linguistica italiana ci insegna e cioè che una lingua si
parla e si impone quando ci sono condizioni ambientali che suggeriscono e in qualche
modo obblighino adusarla per capire e per farsi capire.
Oggi che tutti i parmigiani parlano italiano ci si potrebbe chiedere: “che bisogno c’è
di parlare indialetto?”Non certo quello di capire o di farsi capire. Sino alla seconda
metà dell’Ottocento nessunoo quasi nessuno si era reso conto che le parlate native
sparse nel nostro paese, e ora languenti, rappresentano una testimonianza storica di
vita e di civiltà, unbene linguistico e culturale, un patrimonio dell’umanità che non
può essere dissipato, ovverodimenticato.
Se è vero che oggi non si avverte l’indispensabilità di parlare indialetto è vero però
che da qualche tempo ci si è accorti del valore psicologico e affettivodei dialetti. È
stato necessario però che i dialetti, specialmente a partire dall’Unità d’ Italia,
cominciassero ad indebolirsi, ad ammalarsi e a rischiare dimorire di fronte della
prepotente avanzata dell’italiano. Èquando si stannoper perdere che ci si rende conto
del valore dimolte cose, anche del dialetto.