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comparata di Smeraldi e di Sardi, la scelta di ricostruire il chiostro per diminuirne di una
campata lo sviluppo doveva sembrare quantomeno antieconomica. Il chiostro conserva,
poi, tracce superstiti delle fabbriche antecedenti: gli elementi decorativi in cotto della
doppia cornice sono rinascimentali; le colonne appartengono alla seconda metà del
Quattrocento, con inserto si due colonne tratte dai resti del teatro romano; la parete occi-
dentale reca tracce di un affresco datato 1226.
Un altro aspetto dell’analisi coinvolge la geometria del chiostro: l’osservazione
dell’impianto planimetrico rileva un’irregolarità formale per cui non è rintracciabile una
proporzione o un modulo di proporzionamento dell’edificato in pianta. Il chiostro non ha
forma regolare, forse perché si adatta a muri o tracce di fondazioni preesistenti scelti a
riferimento della nuova costruzione. Questa ipotesi, già avanzata da Giovanni Copertini,
sembra da accogliere come veridica, in quanto offre giustificazione della forma romboi-
dale del chiostro. Sarebbe inoltre il lato occidentale ad aver prodotto tale irregolarità, es-
sendo stato presumibilmente eretto da ultimo. La continuità con il fabbricato originale po-
trebbe fornire una conferma dell’erroneità dell’”Icnografia” nel documentare un numero di
arcate diverso da quello registrato dall’Atlante Sardi.
La stessa continuità è stata perseguita nella regolarizzazione della luce delle arcate ot-
tenuta alternando archi a sesto acuto nei lati minori ad archi a tutto sesto in quelli mag-
giori: «Se [l’artefice] avesse dato agli archi la forma classica a tutto sesto, avrebbe avuto,
da una parte, sei arcate e dall’altra quattro non solo, ma le prime un po’ più alte delle se-
conde»
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.L’irregolarità è quindi stata ricercata da chi ha edificato il chiostro per creare
un’opera in sé conclusa.
Un’approfondita lettura della documentazione cartografica offre informazioni dettaglia-
te circa i caratteri distributivi e morfologici che il chiostro viene ad assumere in seguito al-
la soppressione napoleonica del 1 ottobre 1810. Poiché la planimetria del 1816 non è uti-
le ai fini di questa analisi, limitando la rappresentazione alla superficie dell’edificato,
l’”Icnografia” del 1832 costituisce il primo documento cronologicamente utile all’analisi.
La planimetria (figg.
4
e
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) mostra la distribuzione dei locali attorno ai chiostri minore e
maggiore e offre riscontro delle considerevoli proporzioni che l’edificio assumeva in pas-
sato.
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COPERTINI G. 1926, pag. 235.