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6. 175
6. 176
6. 174-175-176 Alcune tY!dnte generali laterali mellouo
i11
et•i-
deuza tlt
1
asto emiciclo ad archi. (CACRPP- GAL).
La
distruzione
Il secondo conflitto mondiale infiammò col demo-
ne della guerra tutte le nazioni europee. Parma, il
cui tessuto urbano aveva già patito per le poco
accotte demolizioni attuate a partire dai primi
anni del secolo. vedeva sgretolar i sono le bombe
i muri delle proprie case e dei propri monumen-
ti. Come la prima guerra mondiale aveva rimrda-
to la nascita del monumento a Verdi. così la
seconda ne accelerò la ftne.
6. 192
l bombardamenti del maggio
1944
non ave\'ano
6. 193
colpito in maniera irreparabile la stnmura, ma la
modesta qualità della materia di cui era
co
tituito,
fu uno dci pretesti
-"'ne/furioso clima antijlorea-
le del secondo dopoguerra.
-
per giustificare la
scelta di abbanere
il
monumento nel
1946
•ili
quanto essendo costruito in cemento 11011 era
-
secondo
il
Sindaco ed i tecnici comunali -
teclli-
camente possibile alcun ripristino delle sueparli•.
Per comro l'Ingegnere del Genio Civile nel mag-
gio del
1946
riferiva:
·l
danni arrecati al monu-
mento {...} non eremo di tale estensione da non
92
rendere eco11omicamente conveniente il suo riat-
tamento·
e rilevava una evidente contraddizione
nel farro che il Municipio di Parma ordinava la
demolizione e
·nel contempo presentcwa
[Al Genio
Ch ile)
la unita pefizia, intesa ad ollenere dallo
SIC/to
il
pagamento della somma
[di
S.,
65.500.000
...)
per la sua ricostruzione•.
La speculazione e
l'appetibilità dell'area avevano avuto la meglio.
La commissione che decise all'unanimità eli
demolire
il
monumento a Verdi era composta dal
sindaco Mario Bocchi (in carica dal
1945
al
1946);
dagli ingegneri Erminio Biondi
(1899-1949?)
e
Luciano Fantelli
(1908-1972)
in rappresentanza
dell'Ordine degli Ingegneri; dagli architetti Ettore
Leoni
(1886-1968)
e Gino Robuschi
(1893-1969)
dell'Ordine degli Ardtirerri; dall'architetto Luigi
Sassi
0912-1987),
dal prof. Armando Onaviano
Quintavalle
(1894-1947),
ovrimendeme alle Belle
Atti dal
1933
al
1959:
da Vincenzo Barcellona,
ingegnere Capo del Comune.
Il piccone, ancora una volta, ebbe la meglio con-
tro le voci contrarie alla demolizione (un'ampia
analisi degli anicoli sulla stampa locale
è
stata
compiuta da Tiziano Marcheselli), finalizzata ad
atlllare l'ampliamento della via Roma, che in
memoria del monumento sulle cui rovine aveva
trovato prolungamento, murò piewsamente il
nome in via Verdi.
Nove statue che non avevano subìto danni,
6. 199
(Aida, A/zii-a,
La
Battaglia di Legnano, Don
Carlos, Emani. Inno di guerra (''Suona la trom-
ba"), Macbeth, I Masnadieri, Obe11o conte di San
Bonifacio)
recuperare
dal don.
Enzo
Tommasinelli, sopravvissero alla distruzione e
r
urono collocate lungo le pareti del cinema
''Arena del ole" di Roccabianca dove tuttora si
trO\·ano, mentre
·la quadriga che sovrastava l'ar-
co trionfale. venne recuperata da un citladino, di
cui la storia non fornisce le generalità, e
11011
demolita a picconate come ipotizzano altrefonti·.
Una decima statua,
·La
battaglia di Legnano·.
nella prima versione modellata dallo Ximenes,
riposava, quasi dimenticata, sotto un pergolato
presso le serre del Parco Ducale
(>
Volume l,
Capiwlo 4, pp
152
e
158)
La sua storia
è
curiosa e risale al
1913.
Valutata la
impossibilità di inaugurare
il
monumento nel
corso delle Celebrazioni, veniva chiesto a Cusani
di presentarne ufficialmente
il
progetto e allo
Ximenes di modellare una delle statue. Fu così
che la figura del cavaliere con spada, scelta per
rappresentare l'opera
"La
battaglia di Legnano''
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