lato d'angoscia lungo tu/lo il fl·agillo, fu subito
t1ggredilo dallo spellacolo di distruzione che offrì-
vano
lì
per
lì
il monumento a Bot/ego e le piccole,
pwere case sulla dritta di via Garibaldi,
il
monu-
6.191
6.193
6.195
6.196
6. 197
6. 190-193 l dt11111i proLJOCati al Monumento a Verdi dai
bom-
bardameli/i del maggio 1944.(CP-
GAL).
6. J94·19713assorilfevi e relilli smontati a/termine della guerra
dal
Mollltll/el/10 e
abbando11ati nella zona (da Ca11dido del
IO
dicembre 1950 - PR).
mento a Verdi era grat>emente colpito, ma non i11
modo irreparabile. Indugiai per lungo tempo a
contargli leferite più profonde, ma lo sentii L'ivo e
robusto, nobilitato dalla prova.
Ora
-
io mi dissi- i parmigiani che non l'hanno
mai amato incominceranno a considerarlo di
famiglia,
UJl
caro veterano che si
è
guadagnata
una reputazione.
Le rovine si estendevano su una larga e profonda
falda della città; le bombe avevano distrutto
monumenti benpitì degni e solenni[...]. Ma il dolo-
re, come l'amore, non fa distinzione tra nuovo e
antico, tra bello e meno bello, ed io da allora aspet-
tai quel giorno di festa in cui avrei potuto vedere
con altre grandi cose ringiovanite dal ripristino, il
momnnento a Verdi senza archi mozzi e statue
mutilate. Invece ilpiccone lo tolse di mezzo, lo sra-
dicò da quell'ampio piazzale della Stazione doue
mel/eva un ce110 suo tono vedere con a/re grandi
cose ringiovanite dal ripristino,
il
monwnento a
Verdi senza archi mozzi e statue mutilate. Invece
il
piccone lo tolse di mezzo, lo sradicò da quel-
l'ampio piazzale della Stazione dove metteva un
certo StiO tono scenografico, un che di fastoso e, se
si vuole, di declamatorio, un gesto di benvenuto
che era tut/o decoro per la città.
Ritemti l'abbattimento un arbìtrio, un'offesa; non
a Verdi, non ai parmigiani; ma al carattere stesso
K
della cillà, perché ora che
il
monumento non c'era
pitì, ci si accorgeva che era inavvertitamente
diventato muro delle nostre mura, parte di Parma
viva e necessaria. l parmigiani, co1wien ricordar-
lo. no11 reagirono alla demolizione.
La
accetlarono
con indifferenza, per quel senso di nausea chepro-
vocano, subito dopo la guerra, le rovine.
Non era opera superba. ma un abbozzo non hife-
lice dell'anima canora di Parma; era soprattutto
un
I>IOIWmento corale. Nelle statue che lo ornava-
no tra arco ed arco, riconoscevi gente già incon-
trata: Otello. oste di borgo Pipa; Violetta, primo
amore; Gilda la bustaia, Rigo/etto, al sartor!..
./.
La forma dell'esedra, la collocazione delle statue,
l'Ara al centro,
ti
suggerivano
il
teatro, magari il
Regio, col suo loggione e le sue cocenti passioni. Il
monumento aveva questa espressività, questa con-
cettosità terrena, involontaria forse, ma l'aveva; e
il parmigiano che tornava da una lunga assenza,
./o sentiva e un poco se ne commoveva.
Il forestiero affrontava invece l'eloquenza del
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