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6.3 V
ULNERABILITÀ
La suddivisione in macroelementi è dovuta dal fatto che “Il sisma non disintegra in modo
disordinato le case, ma seleziona le parti strutturali e le soluzioni tecnologiche più deboli”, in altre
parole le parti di fabbrica in cui il costruire a perfetta regola d’arte non è stato seguito e “solo la
parte più debole della costruzione cede al sisma, senza trascinare con sé le porzioni adiacenti”
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.
Non è quasi mai realistico studiare l’intero edificio come un'unica scatola pluriconnessa. La
vulnerabilità degli edifici storici è significativamente condizionata dalla tipologia e dalla qualità
delle connessioni fra i componenti dell’organismo edilizio stesso. È pertanto evidente la necessità di
prevedere i meccanismi di collasso più probabili per i vari macroelementi in cui si ipotizza di
scindere idealmente la costruzione e successivamente operare per contrastare o bloccare il moto di
questi meccanismi e di quelli di disaggregazione fra macroelementi.
Per svolgere questa analisi si è tenuto conto anche delle raccomandazioni della commissione
Ballardini
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, al fine di coniugare il ragionamento tecnico con la consapevolezza storica:
-
Una particolare attenzione ai materiali e magisteri originali, nonché‚ alle trasformazioni
successive (a Sant’Uldarico le vicissitudini storiche si sono protratte per alcuni secoli);
-
Un’attenta ricostruzione della storia sismica e costruttiva del manufatto, con particolare
riguardo per le eventuali riparazioni seguite a eventi sismici passati, con particolare
riferimento al sisma del 1983;
Sulla base delle analisi svolte si definiscono poi degli interventi di miglioramento locali, che visti
nel complesso, portano ad una maggiore sicurezza complessiva della struttura. ‘Vulnerabilità
quantificabili’ dei macroelementi e ‘vulnerabilità non quantificabili’ sono le due componenti che
influenzano il danno sismico di un manufatto: la prima di carattere generale, la seconda di carattere
particolare. Il miglioramento sismico consiste appunto nell’eliminare il potenziale verificarsi del
numero di meccanismi più probabili in grado di generare il collasso, ovvero di assorbire “l’energia
di frattura”, mediante un intervento che impedisca l’evolversi del meccanismo; tutto ciò non
cambiando il comportamento strutturale dell’elemento ma migliorandone solo il comportamento in
presenza di sollecitazioni dinamiche straordinarie derivanti da sisma: “Gli interventi sulle strutture,
volti a ridurre la vulnerabilità sismica, sono da valutarsi nel quadro generale della conservazione
della costruzione. […] L’obiettivo principale resta sempre la conservazione non solo della materia
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Giuffrè 1993
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Comitato Nazionale per la prevenzione del patrimonio culturale dal rischio sismico, Circolare n. 1032 del 18
luglio1986