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L
)((umanità )) di Piazza Ghiaia
Le rapide trasformazioni sociali che hanno interessato
il
nostro Paese dal dopoguerra e gli interventi
strutlllrali attuati sulla piazza hanno cancellato quella varia umanità che faceva del mercato della Ghiaia
un luogo di incontro, prima che di scambio.
Ma volti e personaggi possono ancora rivivere, richiamati alla memoria dalla penna degli scrittori - loca-
li
o forestieri - che non hanno resistito al fascino di questo luogo incantato. Proviamo, allora, ad ascol-
tarli un'ultima volta
La grande piazza
·La grande piazza che dall'ore premallinali al mezzodì brulicava di gente ingorda e golosa, di facchini
e di osti; di venditori ai minuto e di grossi mercanti dal ventre incatenato d'oro e decorato di sterline; di
don nelle dal borsellino desolato e di padrone dalla saccoccia ilare d'argento alla caccia dell'aragosta e
del fagiano, s'addormentava nel sole impossibile de/tocco, respirando l'odore acre delle verdure corrot-
te, delle carni troppo frolle, dei formaggi vivi. di tu/le le cose non vendute, morle e moribonde.
la
Ghiaia diventava allora un angolo cilladino cla/l'aspetlo quasifestivo.! verdi battenti dei magazzini
erano chiusi in faccia a nugoli eli mosche; le poche osterie piene di gente che mangiava tardi e discute-
va forte; di facchini assetati, cantatori di romanze vercliane e giocatori di scopone e tresette. bornbarda-
tori di tavoli coipugno che bussa e domanda la ca11a migliore. Poi, sulle quattro, l'uscita dei bimbi dal-
l 'asilo:
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gridìo di passeri che si disperde subito. A sera le trombe delle caserme vicine con
pianto
del Silenzio che strugge di voglie e di ricordi le serLJe e melle anche nel cuore del borghese tin senso di
sgomento lontano. Di notte neppure gli amanti.
La
piazza godet•a la sua luna e
i
topi azzardavano ltin-
ghe scorrerie da un capo all'altro del mercato. L'orologio dai pallidi numeri segnava le ore piccine con
la le111ezza di un bimbo smemorato.
Ed ecco sulle tre un rumore eli ruote sul selciato:
è
tin carro co/ lume alla stanga; un uomo che si raschia
in gola e SIJO/ta nel ca)Jeuccio che dal ba/lente soccbiuso mctccbia di luce il marciapiede. Un grappino...
molti grappini; altri cm·ri col lume; uomini che bestemmiano e scaricano grosse ceste colme di mercan-
zie. L'alba che inverginisce le cose e le illividisce di dolcezza, scioglie e versa nel cielo un canestro di ron-
dini che cantano tutte in una volta; popola la piazza di gente che innalza i suoi banchi incappucciali
di bianco come suore della città.
Il sole disvela le lontananze dalle ultime brume. Il ma/lino fresco fa cantare
i
galli nelle stie sui barroc-
ci; fa nitrire di piacere i cavalli; svena di profumi le primizie nei canestri; sollecita alla letizia le donne.
Allora viene /'ucce/latore con le sue gabbie canore, piene di vivi batuffoli di piume. Ha
i
canarini impa-
stati di sole, i merli neri e gravi come seminaristi: i verdoni colorfoglia secca; i fringuelli conte staccati
da u11a stampa cinese a colori, pettegoli e ingordi di miglio. Intorno all'uccellatore c 'è sempre qualche
curioso amatore che si intende di trappole e di poste e sa far cantare le alate bestiole con la sapienza di
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fischio che sa Iddio quanta pazienza gli costa.
Questo amoreperle bestie, nella vecchia piazza, si sentiva per altri segni; ché c'erano anche i banchiper
la trippa dei gatti, e le donne che vi si fermavano come per
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della famiglia non erano ce11o poche.
Chi passava per quei banchi e quei carretti era i1witato a comprare nel dialetto più saporoso, nelle desi-
nenze piiì allargate, da donne vecchie e giovani, brutte e belle, tu/le ardite negli occhi, con le maniche
rimboccate e la
stadéra
in mano come la statua della Giustizia. Una t'offriva pomi, l'altra verdure, quel-
la patate, gn'dandoti ilprezzo a voce da ribalta, loclandoti la propria merce con frasi che talvolta si inte-
nerivano in aggettivi umani; e contandoti il resto sulla mano dopo aver sommossa una saccoccia colma
di rame e nichel, continuavano a bandire da dietro
il
carretto, come un oratore in contraddil/o1·io. le
verdure di stagione e la frutta a buon mercato. !limoni erano olfe11i con più garbo da una donna che
ne reggeva un canestro e mostrandone uno sulla 1na110 e ripetendo:"Ses
pr'un frane! Ses pr'un frane!"
pctreva recitasse un rosario di grani gialli.
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