L’
intonazione semplice
è peculiare delle vocali accentate che vengono pronun-
ciate conun solo tono.Di conseguenza la loropronuncia èbreve, indubbiamentepiù
breve di quella delle vocali toniche dell’italiano non seguite da consonante lunga (o
“doppia”)
12
, come si puòverificare facilmenteconfrontando, per es.,
v
ì
ta
“vita”
, c
ì
fra
“cifra”
, farmac
ì
sta
“farmacista” con it.
v
i
ta, c
i
fra, farmac
i
sta
: è una pronuncia con
durataanalogaaquelladellevocali tonichedell’italiano seguitedaconsonante lunga
(cf., per es.,
d
ì
ta
“ditta” e it.
d
i
tta
)
13
. Esempi di intonazione semplice:
b
ò
ta
“bótte”
14
,
p
à
n
“pane”,
d
à
n
“danno” (3a pers. plur. di
dèr
“dare”),
à
n
“hanno”
15
,
v
é
n
“vino”
16
,
p
ò
s
“pozzo”
17
,
c
ò
sta
“questa”
18
; aquesti si possono aggiungere
s
ó
l
“soltanto”
19
,
s
ó
ra
sól
“sole”,
vól
“vuole”.Vaaggiuntoche indiversi casi
é
,
ó
si erano sviluppateda
è
,
ò
romanze,
come, per es., in
préda
“pietra”,
fóg
“fuoco” (cf. Foresti, op. cit., pp. 122-123).
Per quanto riguarda infine le vocali toniche
ì, ù
seguite un tempo da consonanti lunghe,
essehannomantenuto il loro timbroacquisendopiù spesso l’intonazione semplice, come, per
es., in
grìl
“grillo”, di
brùt
“brutto”,
sùt
“asciutto”; diversamente, levocali toniche
ì, ù
seguite
da una consonante breve (che non fosse
n
finale di parola) hanno acquisitopiù spesso l’into-
nazione ascendente, come, per es., in
siìg
“urlo”,
piìt
“tacchino”,
viìv
“vivo”,
maduùr
“ma-
turo”,
scaruùg
“frugo”. Vi sono tuttavia numerose eccezioni, come, per es.
dìg
“dico”,
vìta
“vita”,
mùt
“muto”: non è escluso che indiversi casi la consonante avesse subitoun allunga-
mento “espressivo”, sicché essa era lunga piuttosto che breve.
Ungruppo aparte è formatodai prestiti dall’italiano entrati nel lessicodel dialettoparmi-
gianodopo l’abbreviazionedelleconsonanti lunghe.Dueesempi a riguardopotrebberoessere
tón
“tonno” (con intonazione semplice) e
tòn
“tono” (con intonazioneascendente), che risulta
difficile spiegare come continuazioni dirette di lat.
tŭnnu
(
m
) e
tŏnu
(
m
): si sono riprodotte le
due diverse vocali toniche dell’italiano, scegliendo le intonazioni piùusuali in tali contesti –
quella semplice nel primo caso,ma quella ascendente nel secondo.
12
In tale ambito levocali dell’italiano sonopronunciate conun’intonazione che èdiscen-
dente piuttosto che semplice.
13
E’questo l’unico ambitonel quale le vocali toniche dell’italianohannoun’intonazione
semplice.
14
Sviluppo in lineaconquanto scrittoallanota11, perché laparolacontinua*
bótta
di una
fase dialettale antica [< lat. tardo
bŭtte
(
m
), con inserzione analogica di –
a
].
15
La parola
pàn
muove da lat.
pāne
(
m
),mentre le forme
dàn
e
àn
rispettivamente da lat.
dant
e
habent,
in seguito ridottasi a *(
h
)
ant.
Visto che secoli fa
pàn
,
dàn
e
àn
usate in fine di
fraseonon appoggiate allaparola successiva eranopronunciateprobabilmente conun suono
nasalemolto debole, che si avvicinava ad una risonanza nasale (ma non era una semplice ri-
sonanzanasaledel tipodi quella ipotizzatadaVitali, op. cit., p. 33), si crearono le condizioni
per non sviluppare l’intonazione ascendente, così come è avvenuto per le vocali accentate
poste in fine di parola.
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Laparola
vén
è la continuazionedi unpiù antico*
vìn
[< lat.
vīnu
(
m
)], corrispondente a
it.
vino
: quando*
vìn
non si appoggiavaallaparola successivaoppureerausata in finedi frase,
lanasaleavevaunapronunciamoltodebole, che favorì il passaggiodi
ì
a
é
, bloccando insieme
lo sviluppo dell’intonazione ascendente.
17
Continua *
póss
[
<
lat. tardo
pŭtiu
<
pŭtĕu
(
m
)].
18
Non è escluso che l’intonazione semplice sia stata generalizzata a partire dal frequente
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