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Visto che il dialetto parmigiano ha fonemi identici a quelli dell’italiano, sia pure
conunadistribuzioneparzialmentediversa
62
, si puòusare senzaproblemi lagrafiadi
questa lingua:
p, b, t, d, c, g,
ma
ch
,
gh
, quando l’occlusivavelareè seguitadavocale
di timbro
i
oppure
e
, cf. per es.
peér
“pera, pero”,
beévor
“bere”,
toór
“prendere”,
deèr
“dare”,
cateèr “
trovare”,
gaàt
“gatto”,
chì
“chi”,
vànghi
“vanghe”. Conforme-
mente a tali principi, si dovrebbe scrivere anche
al g’à^ragión
“ha ragione” anziché
al gh’à^ragión,
riservando
gh
a contesti quali
a gh’é^dj ofìsi
“ci sono degli uffici”;
in questo caso è tuttavia preferibile non seguire la regola e scrivere
gh’,
usando per
la variante sincopata della forma
ghe
“ci, a lui/ lei/ loro” una grafia uniforme.
§ 7. Le fricative:
sorda sonora
labiodentale
f v
alveolare
s z
postalveolare ʃ
Adifferenzadella lingua italiana, nellaquale, come si èaccennato sopra, il suono
z
è un allofono del fonema
s
, il sistema del dialetto parmigiano comprende anche il
fonema
z
: lapertinenza fonologicadell’opposizione
s
z
èconfermatadacoppieop-
positive quali
s
ò
“suo, loro”
z
ò
“giù”,
s
à
“sa”
z
à
“già”,
s
aàna
“sana”
z
aàna
“scrofa”,
s
achèt
“sacchetto”
z
achèt
“giacca”,
peé
s
“peggio”
peé
z
“peso”
63
, come
62
Le sorde sonomeno frequenti di quelle dell’italiano per il fatto che in posizione inter-
vocalica il dialetto usa più spesso
d, g, v
in corrispondenza a
t, k, p
non lunga (ovvero non
“doppia”) di questa lingua; esempi:
roóda
≈ it.
ruota
[< lat.
rŏta
(
m
)],
meédor
≈ it.
mietere
[<
lat.
mĕtere
],
dìga
≈ it.
dica
[< lat.
dīcam, dīcat
],
vudeèr
≈ it.
vuotare
[probabilematricedi
vu-
deèr,
prestitodall’italianoconadattamentodellaconsonante intervocalicaallenorme foniche
del dialetto parmigiano piuttosto che derivazione diretta dal latino],
foóg
≈ it.
fuoco
[< lat.
fŏcu
(
m
)],
saveér
it.
sapere
[< lat. tardo
sapēre
],
savón
≈ it.
sapone
[< lat. tardo
sapōne
(
m
)]
,
reèva
≈ it.
rapa
[< lat.
rāpa
(
m
)]
, lòv
≈ it.
lupo
[< lat.
lŭpu
(
m
)]. Inquesti casi leocclusive
d, g
e la spirante
v
del dialetto parmigiano sono il risultato di una sonorizzazione delle occlusive
sordeoriginarie, che si conservano in italiano; quantopoi alla spirante
v,
essa rifletteun’evo-
luzione ulteriore con spirantizzazione di *
b
in
v
, come in francese (cf. Rohlfs, op. cit., vol.
1°, pp. 273-274, 269-270 e 278-279). Il fenomeno della sonorizzazione è detto anche “leni-
zione celtica”, venendo attribuito alla particolare pronuncia del latino da parte delle popola-
zioni locali celticheche furonoassoggettatedai romani; essoèpeculiaredell’interaareaabitata
un tempodai celti, che si estendevadall’Italianord-occidentale allapenisola iberica (ibid., p.
287).Vitali (op. cit., p. 22) preferiscedenominarlo sonorizzazione settentrionale“poichénon
è dimostrato che sia da spiegarsi col sostrato gallico”.
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Nelleprimequattrocoppieoppositive il fonema
s
(corrispondentea
s
dell’italiano) è ri-
conducibilea lat.
s
,mentre
z
(corrispondentenei primi duecasi a it.
d
ʒ) alla semivocale latina
j
: il dialettoparmigianoha semplificato
d
ʒ in ʒ, successivamente passato a
z
(cf. Rohlfs, op.
cit., vol. 1°, pp. 212-214).Quanto al nome
zàna
, lo si riconduce a
Janna
(<
Johanna
), basan-
dosi suF. Benucci,
Zana,
in “Quaderni di Semantica” 28, nr. 2 (2007), pp. 359-396.
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